Il passo dalla teoria alla pratica, in Medicina Omeopatica, è più breve di quello che si possa pensare.
Molte persone sono convinte che la Medicina Omeopatica richieda tempi lunghi e c’è addirittura chi sostiene che occorre attendere settimane o mesi prima di ottenere qualche beneficio.
Ma non è così, e lo dimostro semplicemente raccontando la mia esperienza pratica.
Medicina Omeopatica veterinaria: la libertà di pensiero
Era il periodo in cui frequentavo il primo anno del corso di Medicina Omeopatica a Brescia.
Un pomeriggio ricevo una telefonata al cellulare: “Dottore la manza sta partorendo ma non riesce a fare il vitello; venga subito!”.
È un allevatore di una delle tante aziende agricole distribuite nella campagna bresciana.
La “manza” è la bovina giovane che non produce latte, raggiunta la pubertà (420-430 Kg.) è inseminata artificialmente ed il veterinario ne accerta l’esito previa visita ginecologica di routine.
La gestazione ha una durata di 9 mesi e dopo il parto sarà allevata in un’area diversa dell’allevamento e sottoposta a due mungiture al giorno.
La chiameremo “vacca da latte”.
Non c’è tempo da perdere
L’urgenza medica richiede la mia presenza in loco e nel più breve tempo possibile raggiungo l’allevamento.
Il più anziano dei quattro fratelli mi ragguaglia: “Dottore, la manza era all’interno del box distesa a terra, l’abbiamo trascinata fuori per evitare che le altre la calpestassero.
Non si alza, ha forti dolori addominali, spinge ma il vitello non esce!”.
La partoriente, distesa sul fianco destro, ha contrazioni addominali accompagnate da muggiti, occhi sbarrati, frequenza respiratoria accelerata, zampe anteriori flesse, zampe posteriori distese.
Indosso il guanto in vinile, che copre il mio braccio destro fino all’attaccatura della spalla, spalmo gel fino al gomito ed eseguo la visita ginecologica.
Cervice uterina dilatata 3 centimetri.
Diagnosi clinica: “distocia con stenosi cervicale”.
Distocia é l’incapacità della femmina di espletare il parto in modo fisiologico.
L’impedimento è legato al restringimento muscolare (stenosi) della porta (cervice) attraverso la quale dovrebbe uscire il nascituro.
Pensate alla forma di un imbuto in plastica con l’imboccatura larga che serve per versare il liquido e quella stretta per incanalarlo nel contenitore da riempire.
Il materiale che deve passare non è liquido ma solido: vitello.
Le contrazioni uterine materne lo spingono verso l’imboccatura stretta dell’imbuto (= cervice).
La sua dilatazione avviene grazie a complessi meccanismi ormonali materni che, nel momento del travaglio, ne favoriscono il rilassamento muscolare completo e l’allargamento desiderato.
Solo così il vitello si incanalerà verso l’uscita.
Nella partoriente il meccanismo è bloccato: qualcosa lo impedisce.
Dalla teoria alla pratica
Ai tempi solo un farmaco veterinario “convenzionale” era registrato nella specie bovina per regolarizzare il ritmo delle contrazioni uterine e indurre la dilatazione della cervice.
Nessuna garanzia di successo e dopo la somministrazione si era costretti ad intervenire ugualmente con il taglio cesareo.
Attratto dalla crescente passione per la Medicina Omeopatica , ancora “neofita”, decido di sperimentare questa nuova via terapeutica.
Nuova per me.
A Scuola ero venuto a conoscenza di alcuni medicamenti “omeopatici” utili nelle fasi del “travaglio”. Quale occasione migliore per trasformare la teoria in pratica!
Come giudice aggiunto al “Talent show”
La Medicina Omeopatica però non è così a buon mercato.
Rispetto alla medicina convenzionale offre un menù più ricco.
Sono 18 i medicamenti potenzialmente disponibili in questa fase, ognuno dotato di un prestigioso curriculum, ma solo uno il candidato ideale.
Le difficoltà oggettive che mi attendono riguardano la rapidità nella scelta e l’efficacia terapeutica. Da un lato la paziente ancora in attesa di un mio intervento attivo dall’altro l’esigenza di un risultato eccellente.
Fallisco se non soddisfo entrambi.
Sulla base dell’insieme dei segni e sintomi espressi dalla partoriente devo saper identificare l’unico medicamento, tra i 18 disponibili, che li contiene tutti nel loro insieme perché solo lui potrà definirsi “omeopatico” al caso: non esistono sostituti.
Mi inginocchio di fianco alla “primipara” alla ricerca di ulteriori indizi.
Dal mio arrivo è rimasta a terra e non ha mai tentato di alzarsi.
C’è un problema neurologico (= paralisi) che impedisce alla paziente di flettere le zampe posteriori e sollevarsi.
La paralisi ha coinvolto gradualmente la regione del bacino e la cervice, la muscolatura locale, non ricevendo alcun input elettrico dai fasci nervosi loco-regionali, resta contratta.
Ecco giustificata la stenosi.
Quante cose in così poco tempo
Palpo accuratamente a mani nude il lato sinistro della primipara esposto verso di me.
Inizio dal piede sinistro, risalgo lentamente al garretto (caviglia), gamba fino alla coscia, proseguo con la mammella, quarto posteriore e anteriore sinistro.
Addome.
Ora mano sinistra, polso, avambraccio, braccio e spalla, torace e collo e per ultimo lascio la testa.
Tempia, fronte, mandibola e guancia.
Al tatto l’intero corpo si presenta gelido e solo la regione della testa è bollente.
Da “omeopata” associo questo indizio alla figura del filosofo greco Socrate ed identifico il candidato. Prelevo il flacone dall’auto e preparo una siringa.
Inoculo 3 ml di prodotto nella vena giugulare sinistra (regione del collo) della manza, indosso un secondo guanto in vinile ben umettato di gel e inserisco la mano in vagina.
Sono passati 10-15 secondi dalla somministrazione ma sento la cervice che si spalanca improvvisamente.
Testa e unghielli anteriori del vitello fanno capolino per merito delle continue contrazioni uterine materne.
Lo afferro con le mani e lo aiuto ed è fuori in un attimo.
Il parto si conclude: è una femmina.
Applauso finale.
Qualcuno esclama “Bravo Dottore!”.
Ho evitato il taglio cesareo.
Nel cortile, sopra una sedia di legno, mi attendono bacinella d’acqua tiepida, saponetta e asciugamano e mentre insapono le mani un rumore mi distrae.
Mamma manza si è alzata e asciuga la vitella leccandola ovunque.
Il medicamento “omeopatico” ha sbloccato la paralisi in senso inverso (cranio-caudale) rispetto alla sua insorgenza, ripristinato la funzionalità della cervice e riattivato gradualmente la muscolatura delle zampe posteriori.
Quante cose in così poco tempo!
Perché Socrate?
Condannato da una giuria, la morte di Socrate avvenne per ingestione di un calice di vino arricchito da veleno.
Il filosofo continuò ad intrattenere verbalmente i suoi discepoli.
Un allievo, poco dopo, toccandogli i piedi, gli chiese se avvertisse sensibilità: lui rispose di no.
Era in atto una paralisi ascendente (dai piedi verso la testa) con raffreddamento progressivo a partire dalle parti più declivi del corpo: piedi, gambe, addome fino al torace.
Solo la testa si mantenne calda, segno della sua integrità intellettuale fino al momento del trapasso.
La partoriente, con il suo corredo sintomatologico, stava riproducendo gli stessi sintomi tossicologici del filosofo greco.
Quel veleno, mortale se somministrato in dose ponderale, ha esercitato le funzioni terapeutiche sopra descritte se somministrato in dose omeopatica.
Sono moltissime le sostanze velenose che utilizziamo in Omeopatia.
Dr. Luca Antonioni veterinario omeopata unicista Brescia
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