Il carciofo

Il capostipite selvatico del carciofo, molto probabilmente, è di origine greca perché a questo ortaggio è collegato un mito della ninfa Cynara.

Questa ninfa, chiamata così per i suoi capelli color cenere, fu sedotta da Zeus il potente re degli Dei, che però non vedendo corrisposto il suo amore, la trasformò in carciofo, verde e spinoso come il carattere dell’amata.

Il carciofo: dalla mitologia alla storia

Forse proprio da questo episodio mitologico nasce la parola carciofo e anche la sua fama di alimento afrodisiaco, che mantiene fin dall’antichità.

Questo legame con la mitologia non è casuale, la pianta infatti risulta originaria del bacino del Mediterraneo orientale, comprese le isole Egee, Cipro, l’Africa settentrionale e l’Etiopia, dove tuttora si trovano varie qualità di carciofi cresciuti spontaneamente.

Proprio ai Greci è attribuita anche l’importazione dell’ortaggio nel nostro paese e in particolare nell’Italia meridionale, probabilmente in Sicilia, durante il periodo dell’occupazione nel I secolo a.C.

Però, solo a partire dal Cinquecento il carciofo comincia a comparire sempre di più anche nei trattati di cucina, trovando però riscontri di diversa natura.

In questo periodo questa pianta è ancora piuttosto rara e considerata un bene di lusso destinato solo alle persone più abbienti.

Il consenso per questo alimento aumenta quindi, con la crescente accessibilità da parte di fasce sempre più ampie di popolazione.

Da qui parte anche un’improvvisa fortuna figurativa, che va da metà Cinquecento a metà del Seicento, che farà comparire il carciofo nei famosi dipinti di natura morta, accanto a fiori rari e frutti ricercati.

Il carciofo: l’arrivo al mercato

L’Italia è il principale produttore mondiale di carciofo (cynara scolymus) e le varietà che si coltivano in Italia sono più di 90.

Le più conosciute sono:

  • lo spinoso sardo (forma vagamente conica, le foglie serrate e gli aculei molto aguzzi) –  Ottobre a Maggio
  • lo spinoso di Palermo (forma ovale e oblunga) – Primavera
  • il romanesco (forma sferica e grande) – Estate
  • il violetto di Toscana (forma a tronco di cono) – Primavera
  • il precoce di Chioggia (forma cupolino bombato e dal colore viola) – Primavera
  • il violetto di Catania (forma cilindrica e sfumature violette) – Primavera

Carciofo e radicchio: controindicazioni

Carciofo e radicchio sono ortaggi sconsigliati a chi ha problemi di calcoli e coleocistite .

Da evitare se si soffre di ulcera gastroduodenale.

Il radicchio può avere effetti stimolanti sull’utero e quindi andrebbe consumato solo dietro consulto medico durante la gravidanza.

Il Carciofo: il fegato viene protetto

L’attività epatoprotettiva del carciofo e della cicoria sono note oramai da tempo.

Questa proprietà è data dalle molecole dal gusto amaro, contenute in questi ortaggi.

Tali molecole stimolano la bile che aiutano a digerire i grassi.

Il Carciofo e il Radicchio esercitano infatti una valida azione coleretica (aumento della produzione di bile), favorendo la funzionalità epatocellulare e della secrezione biliare.

Le molecole come l’acido clorogenico e la cinarina hanno la funzione di incrementare la secrezione biliare e l’effetto si ha sia sulla coleresi (produzione di bile) che sulla produzione di acidi biliari.

L’aumento della secrezione avviene perché queste molecole stimolano la produzione di Secretina da parte del duodeno, che a sua volta stimola la produzione di bile da parte delle cellule del fegato.

Il passaggio del cibo, invece, stimola la produzione nel  duodeno  di  colecistochinina (CCK) che causa il rilascio di bile accumulata nella cistifellea.

Le molecole responsabili dell’attività protettiva antiossidante sono:

  • l’acido caffeico
  • l’acido clorogenico
  • la luteolina.

Questi principi attivi sono in grado di stimolare la rigenerazione epatocitaria ed incrementare la sintesi proteica a livello intraepatocitario legata ad un aumento dei livelli di RNA ribosomiale.

Il colesterolo viene abbassato

Oltre ad aumentare la produzione biliare e purificare le cellule del fegato, i carciofi aiutano ad abbassare il colesterolo nel sangue.

La base biochimica del perché di questa prerogativa, viene spiegata in due indagini condotte dal Physiologisch-chemisches Institut dell’Università di Tubinga, sulla biosintesi intraepatica del colesterolo14.

Questa ricerca ha dimostrato che un estratto di foglie di carciofo (Cynara scolymus), a basse concentrazioni (<01mg/mL) determina una inibizione del 20% dell’attività dell’idrossimetilglutaril-CoA reduttasi (HMG-CoA reduttasi), l’enzima responsabile della sintesi del colesterolo endogeno a livello epatico.

A concentrazioni più elevate (1mg/ml), il blocco della sintesi del colesterolo è decisamente più marcato (65%).

Questa attività inibitoria è sicuramente dipendente dalla concentrazione di estratto di carciofo utilizzato.

Quindi, in sostanza, è stato dimostrato che l’estratto di foglie di carciofo inibisce la produzione di colesterolo endogeno contribuendo quindi ad abbassare i livelli di colesterolo totali presenti nel sangue.

Il cinaroside e, in particolare, il suo aglicone luteolina, sono i responsabili dell’inibizione, l’acido clorogenico invece è molto meno efficace, mentre l’acido caffeico, la cinarina ed altri acidi dicaffeoilchinici risultano inefficaci.

Il Carciofo: le molecole

I principali costituenti delle foglie di carciofo e di cicoria sono rappresentati da un gruppo di composti noti collettivamente col nome di frazione O-difenolica e corrispondenti ad esteri degli acidi caffeico (acido 1-caffeoilchinico, acido 3-caffeoilchinico o acido clorogenico, acido 4-caffeoilchinico o criptoclorogenico e 5-caffeoilchinico o neoclorogenico) e chinico (1,5-dicaffeoilchinico, 3,5-dicaffeoilchinico).

L’acido 1,3-dicaffeoilchinico, o più conosciuto come cinarina, è presente solo in tracce nella foglia fresca, in quanto viene generata dall’acido 1,5-dicaffeoilchinico durante un trattamento con acqua calda di conseguenza è presente solo in estratti acquosi e nelle foglie cotte.

Altri componenti delle foglie di cicoria e carciofo sono molecole di sapore amaro (lattoni sesquiterpenici), principalmente (cinaropicrina, deidrocinaropicrina, groseimina, cinarotriolo); acidi alifatici, soprattutto idrossi acidi (acido glicolico, acido malico, acido lattico, acido idrossimetilacrilico); eterosidi flavonoidici: scolimoside (luteolina 7-rutinoside), cinaroside (luteolina 7-glucoside), cinaratrioside (luteolina 7-ramnoglucoside 4’glucoside).

Dott.Emanuele Rondina – Biologo Nutrizionista – Bologna

Bibliografia

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