Il microbiota dell‘adulto e del bambino si differenziano in termini di numerosità dei batteri ed in termini di diversità dei taxa microbici.
Nell‘organismo umano comunità microbiche colonizzano la pelle, la bocca, la vagina, le vie respiratorie e, soprattutto, il tratto gastrointestinale.
Il metagenoma
Come abbiamo introdotto in altri articoli, in alcuni casi il termine microbioma è usato in riferimento al genoma collettivo di una comunità o di un consorzio di batteri (1,5 kg di batteri intestinali).
Per questo, però, è più indicata la definizione di metagenoma.
È un ecosistema formato da una pluralità di nicchie ecologiche, a stretto contatto con la mucosa intestinale che, con un‘area di circa 250-400 m quadri, costituisce la più grande superficie libera del nostro organismo dopo quella respiratoria.
Una visione più precisa della complessità del microbiota gastrointestinale è stata resa possibile negli ultimi anni grazie a dati di metagenomica.
Microbiota del bambino e dell’adulto: le differenze
Nell‘intestino del bambino la distribuzione del microbiota gastrointestinale è radicalmente diversa da quella dell’adulto.
Nel bambino gli Actinobacteria, ed in particolare i Bifidobatteri, sono i batteri più numerosi.
Il microbiota dell’adulto si è dimostrato più complesso in termini di numerosità dei batteri, nonché in termini di diversità dei taxa microbici, rispetto a quello dei bambini.
La composizione del microbiota torna invece a essere meno variabile passando dall‘età adulta all‘età geriatrica.
Si considera generalmente che alla nascita l’intestino umano sia sterile.
Durante la vita intrauterina il feto cresce infatti in un ambiente privo di contaminazioni, nel quale l‘eventuale presenza di patogeni è stata associata all‘insorgenza di infezioni e al rischio di parto pretermine.
Dati recenti, tuttavia, suggeriscono che la colonizzazione batterica dell‘intestino abbia inizio già prima della nascita, attraverso l‘ingestione da parte del feto di batteri contenuti nel liquido amniotico.
Infatti, l‘analisi di campioni di meconio da bambini nati con parto naturale, ha permesso di osservare come il microbiota intestinale del neonato già rifletta il microbiota vaginale materno.
Si ipotizza quindi che inizialmente il microbiota venga trasmesso verticalmente dalla madre al figlio e solo in un secondo tempo si differenzi nei diversi distretti anatomici.
Ecosistema microbico del bambino: differenza fra nato con parto naturale e parto cesareo
I nati con parto naturale sviluppano un microbiota più simile a quello vaginale materno, composto per il 50% da Lattobacilli, oltre a Prevotella Sneathia.
Il microbiota dei nati con taglio cesareo rassomiglia maggiormente quello della cute materna e riflette anche la presenza dei microrganismi dell‘ambiente chirurgico e di tutto ciò che entra in contatto col bambino durante il part.
L‘ecosistema microbico del bambino nato da parto cesareo si caratterizza quindi per la presenza di diverse specie di Stafilococchi, Corinebatteri, Propionibatteri.
A tale composizione del microbiota viene associata la maggiore suscettibilità ai patogeni, come lo Staphilococcus aureus, che si riscontra nel 64-82% dei bambini nati con parto cesareo, o il Clostridium difficile, che è all‘origine delle gravi infezioni gastrointestinali che possono colpire i reparti di neonatologia.
D‘altra parte, ai Lattobacilli che per primi colonizzano l‘intestino dei bambini nati con parto naturale viene attribuito un ruolo difensivo nei confronti dei patogeni, e alla presenza di Bifidobatteri in questi stessi bambini si associano lo sviluppo e la maturazione del sistema immunitario.
Le differenze in termini di colonizzazione intestinale tra i bambini nati con parto cesareo o vaginale sembrano essere limitate ai primi mesi di vita, anche se la deplezione di Bacteroides nei nati con taglio cesareo è stata descritta in alcuni studi fino ai 12 mesi.
Bisogna sottolineare, in ogni caso, che il microbiota della donna subisce importanti modificazioni tra il primo e il terzo trimestre di gravidanza con un aumento progressivo dei Proteobacteria e degli Actinobacteria e un‘altrettanto progressiva riduzione della molteplicità dei taxa.
Cosa altrettanto interessante è che il microbiota del neonato è molto più simile a quello materno del primo trimestre di gestazione piuttosto che a quello del terzo trimestre.
Disturbi del metabolismo materno corrispondono a modificazioni del microbiota.
Ad esempio, nelle donne sovrappeso, si osserva la riduzione della presenza di Bifidobatteri e Bacteroides e l‘aumento di Stafilococchi e Enterobatteriacee (soprattutto Escherichia coli).
Anche il trattamento con antibiotici prima e durante il parto con taglio cesareo determina un impatto sull‘ecosistema microbico del nascituro, con un aumento del rapporto relativo tra Gram positivi e Gram negativi.
La differenza del microbiota dei neonati in base al tipo di allattamento
Durante il periodo di allattamento al seno, il tratto digerente del bambino è colonizzato da Actinobacteria, soprattutto Bifidobacterium (B. breve, B. longum, B. dentium, B. infantis, B. pseudocatenulatum) e da Firmicutes, come Lactobacillus, Enterococcus, Clostridium.
In particolare, il latte materno può rappresentare una fonte di batteri come l‘Escherichia coli e i Lattobacilli (che invece non si trovano frequentemente nei cibi solidi) che passano dal microbiota intestinale e cutaneo della madre al bambino, grazie al trasferimento di cellule del tessuto linfoide intestinale materno, attraverso il sistema linfatico e il sangue periferico verso la ghiandola mammaria.
Inoltre, patologie come l‘eczema e l‘asma sono state associate alla ridotta diversità microbica nei primi mesi di vita, che è stata individuata anche come fattore di rischio anche per lo sviluppo di diabete di tipo 1.
Nei bambini alimentati con formule il microbiota contiene invece più Bacteroides, Enterobacteriaceae (compresa la Klebsiella), Atopobium e Clostridi e livelli ridotti di Bifidobatteri.
L‘integrazione dell‘allattamento al seno con formule per lattanti produce un microbiota più simile a quello dei bambini alimentati esclusivamente con formule che a quello dei bambini esclusivamente allattati al seno.
Il passaggio all‘alimentazione complementare, e quindi l‘introduzione di cibi solidi, favorisce la differenziazione del microbiota intestinale e l‘aumento della presenza di microbi appartenenti alle famiglie delle Lachnospiraceae e delle Ruminococcaceae.
L’influenza della dieta sulla caratterizzazione del microbiota
Nel corso di tutta la vita la composizione della dieta influenza la colonizzazione dell‘intestino, come è stato dimostrato grazie agli studi di metagenomica.
Grazie a questi studi oggi sappiamo che i batteri appartenenti al genere Clostridium gruppo XIVa, cioè i microorganismi che producono butirrato, sono più presenti nel microbiota fecale degli onnivori e meno nel microbiota dei vegetariani.
Questo, in risposta a una dieta di tipo occidentale, caratterizzata cioè dalla presenza di poche fibre e dall‘elevato apporto di grassi, sono ridotti i batteri responsabili della degradazione delle fibre, come Prevotella, Succinivibrio, Treponema e Bifidobatteri.
Una dieta prevalentemente a base di carne comporta l‘aumento dei batteri bile-tolleranti (Alistipes, Bilophila e Bacteroides) a svantaggio dei batteri coinvolti nel metabolismo dei polisaccaridi vegetali (Firmicutes).
Viceversa, l‘apporto di fibre con gli alimenti promuove la crescita e l‘attività dei microrganismi che producono butirrato e stimola popolazioni di Bifidobatteri e Lattobacilli.
Per quanto riguarda invece l‘influenza dei grassi assunti con gli alimenti, studi clinici dimostrano che la modificazione diretta del microbiota intestinale avviene attraverso la modulazione della secrezione degli acidi biliari e della composizione degli acidi biliari stessi.
In particolare si è osservato che l‘enterotipo Bacteroides correla positivamente con l‘apporto di acidi grassi saturi, mentre l‘enterotipo Prevotella è soltanto debolmente associato con i grassi.
I grassi polinsaturi influenzano l‘adesione dei batteri intestinali alla superficie della mucosa.
Il microbiota dell’anziano
L‘interazione tra i nutrienti assunti con la dieta e il microbiota rappresenta un fattore determinante di salute anche nell‘invecchiamento, insieme alle modificazioni dello stile di vita, della fisiologia digestiva e della funzione immunitaria.
Infatti spesso, in risposta a problemi odontoiatrici e alla riduzione della forza di masticazione, la dieta dell’anziano, basata su pochi alimenti morbidi, è inadeguata non solo per quanto riguarda l‘apporto di nutrienti, ma anche per sostenere la crescita microbica fisiologica, già compromessa dalla ridotta motilità intestinale.
Il basso apporto di fibra associato alla scarsa presenza di frutta e verdura nell‘alimentazione tipica della terza età si traduce, ad esempio, nella minore prevalenza di Clostridium XIVa, con la conseguente riduzione della disponibilità degli acidi grassi a corta catena.
Una riduzione che contribuisce a sua volta all‘invecchiamento e all‘aumento della funzione proteolitica.
La disbiosi associata all‘invecchiamento può influenzare anche la patogenesi e la progressione delle malattie correlate all‘età e dei relativi fattori di rischio come:
- il deposito di grassi a livello del tessuto adiposo del fegato nei casi di steatosi epatica,
- Il metabolismo energetico muscolo-scheletrico.
- L’arteriosclerosi e le malattie cardiovascolari.
- La composizione dei lipidi tissutali.
- Il comportamento e l‘attività motoria.
- Il metabolismo endocrino e la compromissione dell‘omeostasi del sistema immunitario.
Favorendo, nel complesso, un profilo infiammatorio che a sua volta impatta negativamente sulla longevità.
Dr. Marco Casati, Biologo Nutrizionista, Kinesiologo e Naturopata Studio Sinergia a Bergamo
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