Cadmio: fonti di esposizione ed effetti sulla salute


Il cadmio (simbolo Cd nella Tavola Periodica) è un metallo di colore bianco-argenteo, presente in piccole quantità nella crosta terrestre, nell’aria e nell’acqua.

Reagisce facilmente con altri elementi, dunque risulta difficile trovarlo nella sua forma pura.

Il cadmio viene liberato nell’ambiente sia da fonti naturali, sia durante l’esecuzione di alcuni processi di combustione: infatti, questo metallo si trova in concentrazione maggiore nei pressi di zone industriali o di strade ad alta percorrenza.

Una volta entrato in contatto con il suolo, il cadmio si lega ai materiali organici, entrando nella catena alimentare.

È possibile trovarne piccole tracce anche in molluschi e crostacei.

Oggi è impiegato principalmente nelle batterie ricaricabili che, essendo usa e getta, costituiscono oltre la metà dei rifiuti di cadmio.

Cadmio: fonti di esposizione

Le principali fonti di esposizione al cadmio della popolazione sono il cibo e l’acqua potabile: si stima che ogni europeo onnivoro assuma 2-3 µg di cadmio per chilo di peso corporeo alla settimana.

Questa quantità aumenta nel caso di diete vegane o vegetariane.

I fumatori, invece, assumono 1-2 µg di cadmio per sigaretta; inoltre, in questo caso il metallo risulta assorbibile più facilmente rispetto al cibo.

L’ultima fonte di esposizione degna di nota è quella professionale: abbiamo emissioni di cadmio durante processi di riscaldamento di qualsiasi composto che contenga il metallo stesso.

Cadmio: gli effetti sulla salute

Gli effetti sulla salute dipendono da diverse variabili, tra cui la via di esposizione.

  • Se viene inalato, si arriva ad un picco del 50% di assorbimento.
  • Se viene ingerito, solo del 10%.

 Una volta entrato in circolo, il cadmio si accumula principalmente nel fegato, nei reni e nelle ossa, e risulta difficile da smaltire.

Per espellere la metà della quantità presente ci vogliono dai 10 ai 30 anni.

L’intossicazione da cadmio può essere:

  • Acuta, dovuta ad un’esposizione breve ma in quantità elevata. Nel caso in cui essa avvenga per vie aeree, solitamente si sviluppa una polmonite che, nel 20% dei casi, porta alla morte dell’individuo. Se invece avviene attraverso il cibo, può causare danni allo stomaco o al fegato, oltre a vomito e diarrea.
  • Cronica, dovuta ad un’esposizione in piccole quantità ripetuta nel tempo. È il caso dei fumatori, che possono manifestare patologie quali l’ipertensione, la disfunzione renale, l’osteoporosi o addirittura il cancro ai polmoni.

OSTEOPOROSI

Malattia sistemica dello scheletro.

Si caratterizza con bassa densità minerale e deterioramento della micro-architettura del tessuto osseo.

La conseguenza è  l’aumento della fragilità ossea.

osteoporosi
osteoporosi

Gli effetti del cadmio sui bambini risultano essere piuttosto simili a quelli sugli adulti.

 In alcuni casi, tuttavia, si è dimostrato che i giovani risultino più inclini alla perdita di tessuto osseo; nonostante ciò, non abbiamo ancora evidenza che il cadmio possa inficiare sulla salute dei neonati o sul loro sviluppo.

Prevenzione e controllo

L’EFSA (European Food Safety Authority) ha stabilito 2,5 µg di cadmio per chilo di peso corporeo come dose giornaliera accettabile.

La parte di popolazione che segue una dieta media ed equilibrata rientra facilmente nel limite.

Tuttavia, coloro che seguono una dieta vegetariana o ricca di molluschi e crostacei rischiano di sforare.

Di conseguenza, è necessario che le autorità impongano controlli e regole per diminuire l’esposizione al cadmio negli altri ambiti della vita quotidiana: in Italia, per esempio, il livello di cadmio nelle acque potabili viene controllato regolarmente, con un limite di 5 µg per litro.

A livello professionale, oltre a ridurre le emissioni di cadmio è importante cautelarsi con dispositivi di protezione individuale per evitare un’esposizione eccessiva.

È altrettanto importante il corretto smaltimento delle batterie al cadmio, che possono causare un’importante inquinamento del suolo.

Come determinare l’esposizione a cadmio

È possibile effettuare diversi test per valutare l’esposizione al cadmio e misurare la quantità di metallo presente nell’organismo.

I test del sangue vengono utilizzati per valutare esposizioni recenti.

Per valutare esposizioni croniche, invece, il biomarcatore più adatto sono le urine, in quanto il cadmio tende ad accumularsi nei reni.

Si analizzano le feci quando si vuole misurare la quantità di cadmio ingerita attraverso gli alimenti (oltre a quella inalata), poiché il cadmio solitamente non viene assorbito nel tratto gastrointestinale.

È possibile misurare la quantità di cadmio presente nel fegato e nei reni, ma le tecniche utilizzate sono molto costose e comportano l’esposizione a radiazioni, rendendole poco usate.

Un altro biomarcatore importante di esposizione al cadmio è la metallotioneina, una proteina  alla quale il metallo si lega nel tessuto sanguigno. Livelli elevati di questa proteina indicano una produzione straordinaria a scopo di difesa.

È importante sapere che la presenza del cadmio non comporta necessariamente l’insorgere di patologie: tutto dipende dalla quantità e dalle capacità di risposta individuali.

Per la diagnosi e la cura delle eventuali patologie legate all’esposizione cronica è consigliabile attenersi alle prescrizioni mediche già in uso, ovviamente rivolgendosi al proprio medico di famiglia o ad uno specialista.

La Redazione

Bibliografia

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