Il cuore, all’interno di un corpo umano, svolge un ruolo fondamentale. Ovvero, deve pompare il sangue in circolo. E purtroppo, quando il suo meccanismo non lavora come invece dovrebbe, si manifesta uno scompenso cardiaco.
Fortunatamente, ciò non è molto frequente e colpisce, nei paesi occidentali, solo il 2% delle persone adulte. L’età è un fattore molto importante: infatti, superati i 65 anni, la percentuale sale fino al 10%.
Lo scompenso cardiaco conduce il paziente in uno stato di salute altalenante. Si dovranno quindi fronteggiare momenti stabili con momenti dove sarà invece necessaria l’ospedalizzazione.
Il tasso di mortalità relativo allo scompenso cardiaco è pari al 20-40% circa. Coloro che invece sviluppano una forma acuta della malattia hanno, inteso come prospettiva di vita, circa un anno.
Le cause dello scompenso cardiaco
Il cuore, purtroppo, è soggetto a svariate patologie. Quest’ultime hanno tutte in comune una conseguenza negativa, ovvero, danneggiano le fibre muscolari del cuore e l’epilogo finale è piuttosto delicato. Il cuore cioè perde forza e ne risulta molto affaticato.
Lo scompenso cardiaco avviene perché nel corpo viene pompato una quantità di sangue insufficiente, e quindi, minore rispetto ai parametri corretti. Tutto ciò è inoltre connesso ad altri due problemi.
La prima problematica coinvolge gli organi vicini al cuore. Questi riceveranno certamente sangue ed ossigeno ma in quantità inferiore rispetto alla normalità. I sintomi fisici, di conseguenza, non saranno indifferenti. Tutto ciò comporta, dunque, l’insorgenza di patologie connesse come: astenia, debolezza e, con il tempo, deterioramento della funzionalità renale.
Il secondo problema invece riguarda un ristagno di sangue che si forma negli organi collocati al di sopra del ventricolo sinistro. Questo ristagno avviene anche nei polmoni e, nei casi gravi, si manifesta proprio uno scompenso congestizio del fegato.
Il ventricolo sinistro riceve il sangue dai polmoni. Purtroppo però, quest’ultimi, non riescono poi a svuotarsi come dovrebbero, e di conseguenza, viene a crearsi una congestione di sangue proprio al loro interno.
Questo, nelle fasi avanzate della patologia, può causare dispnea. Ovvero difficoltà circa la respirazione.
In base alla gravità, potrebbe manifestarsi anche un edema polmonare. In casi come questi, è necessario quindi recarsi immediatamente presso una struttura ospedaliera al fine di ricevere assistenza medica specializzata.
Terapia farmacologica per lo scompenso cardiaco
Nella maggior parte dei casi, lo scompenso cardiaco viene trattato mediante una cura farmacologica.
Fortunatamente, negli ultimi anni, la scienza ha progredito grazie ai tantissimi studi realizzati. Sono stati infatti compiuti enormi passi in avanti e questi grandi traguardi hanno permesso ai ricercatori di fare scoperte sensazionali. Si sono aggiunte infatti nuove molecole con azioni diverse che risultano essere molto preziose sui pazienti soggetti a scompenso cardiaco. Sono dunque in grado di contrastare, o per lo meno rallentare, l’avanzamento circa il peggioramento della malattia.
All’inizio degli anni Novanta poi, si sono scoperte nuove terapie che non richiedono l’utilizzo di farmaci. Ad oggi queste terapie sono fondamentali per trattare lo scompenso cardiaco, ed una di queste è la resincronizzazione.
Quando è presente uno scompenso cardiaco, il cuore viene ingrandito e spesso si manifesta un ritardo nella conduzione elettrica causando, di conseguenza, una contrazione non regolare delle pareti cardiache.
Questa situazione clinica, ovviamente, peggiora la salute del cuore e, in alcuni casi, diventa fondamentale l’impianto di un pacemaker o di un particolare defibrillatore. In questo modo, tramite gli elettrocateteri si va a ripristinare la normale e regolare contrazione cardiaca da entrambe le pareti.
Come si esegue?
Sostanzialmente lo scopo è quello di anticipare la contrazione prodotta in ritardo. E lo si fa attraverso la stimolazione elettrica della durata di qualche millisecondo. Questo chiaramente aumenta la capacità di contrazione cardiaca.
La terapia di resincronizzazione cardiaca si effettua mediante un intervento chirurgico simile a quello per il pacemaker o per il defibrillatore. Nonostante ciò, risulta più difficile e consiste nell’inserimento di un cavo elettrico chiamato elettrocatetere in entrambi i ventricoli. Quando risulta necessario, lo si fa anche nell’atrio destro.
La maggiore difficoltà dipende dalla necessità di cannulare il seno coronarico per raggiungere e stimolare il ventricolo sinistro.
Gli elettrocateteri vengono collegati ad una centrale computerizzata dotata di batteria e di generatore. Quest’ultimi si posizionano sottopelle, tra il muscolo deltoide ed il muscolo grande pettorale. Questo computer registra i battiti cardiaci ed anticipa l’impulso della metà del cuore che lavora in ritardo. Viene quindi ripristinata, almeno in parte, la fisiologica sincronia contrattile tra i due ventricoli.
Defibrillatore per lo scompenso cardiaco
Capita molte volte che i defibrillatori automatici vengano utilizzati per i pazienti ad alto rischio di morte improvvisa per aritmia ventricolare.
Molto simile al pacemaker, il defibrillatore è in grado di riconoscere le aritmie ventricolari dannose. Le interrompe con uno shock ed effettua la stimolazione.
CCM, una speranza nuova per i malati di cuore
La tecnologia quando invade il campo medico è in grado di generare dei risultati meravigliosi, oltre che ovviamente salva-vita. Nello specifico ci riferiamo alla Modulazione della Contrazione Cardiaca, conosciuta più comunemente con il suo acronimo CCM.
Si tratta di una tecnologia all’avanguardia ed il suo compito è quello di migliorare la contrattilità cardiaca attraverso l’erogazione di una minuscola quantità di energia a livello del setto cardiaco. Tutto questo, di conseguenza, provoca delle modifiche cellulari le quali, a loro volta, concorrono ad aumentare il calcio intracellulare. Successivamente si passa poi alla contrazione che propaga l’effetto alle cellule sottostanti.
Il dispositivo a cui ci stiamo riferendo si chiama Optimizer Smart ed altro non è che un meccanismo simile al più comune pacemaker. Anch’esso, difatti, viene posto nella regione pettorale.
Gli studi compiuti sono stati, ovviamente, tantissimi e tutti hanno dimostrato un significativo miglioramento nella sintomatologia nei pazienti affetti da scompenso cardiaco. A tal punto da produrre un miglioramento circa la qualità della sopravvivenza e anche una diminuzione in fatto di ospedalizzazione.
Il suo impianto prevede ovviamente un intervento chirurgico, il quale è molto simile a quello eseguito per un pacemaker o per un defibrillatore. Nella sua complessità, non è un intervento eccessivamente lungo. Può infatti richiede un minimo di trenta minuti fino ad un massimo di sessanta. Anche la degenza è minima: entro quattro giorni, se tutto fila liscio, il paziente ritorna a casa. Del resto, viene considerato un “intervento di routine”
Monica Penzo
Dr.ssa Francesca Zuffada – cardiologa
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