Le emorroidi sono determinate da un aumento di volume dei cuscinetti anali posizionati all’interno del canale anale determinante una sintomatologia clinica.
Oggetto di mille barzellette e battute, le emorroidi sono spesso fonte di imbarazzo ed argomento tabù, almeno fino a quando non si scopre che anche il vicino ne soffre; allora subentrano solidarietà e complicità, con scambi di consigli e rimedi.
Inoltre, in un mondo sempre più attento all’aspetto esteriore e che vede il fondo schiena sempre più scoperto ed esposto, l’integrità dello stesso è sempre più ricercata.
La malattia emorroidaria
La malattia emorroidaria è una delle affezioni più comuni dell’uomo, tanto da interessare in pratica tutti, almeno una volta nella vita, e comunque nella loro forma sintomatica o asintomatica, oltre l’80% della popolazione adulta.
Da ciò deriva l’estrema rilevanza clinica ed economica di tale patologia.
Razza, stato economico ed occupazionale, diverse abitudini igienico-alimentari influenzano l’insorgere di questa malattia; la bassa incidenza di emorroidi nelle popolazioni africane (circa 2%) o comunque non occidentalizzate sembrerebbe essere legata alla dieta ad alto contenuto di scorie ampiamente presente tra quelle popolazioni.
L’etimologia greca della parola emorroide, coniata da Ippocrate più di 2400 anni fa, pone in risalto il sangue che scorre, che fluisce; fino a pochi anni fa le emorroidi venivano rappresentate come dilatazioni venose dei plessi emorroidari interno ed esterno.
E’ solo dagli anni ’60 che incomincia a farsi strada il concetto di emorroidi come “cuscinetti”, come shunts (punti di incontro) tra circolo arterioso e circolo venoso e quindi come strutture anatomiche normali, sostenute nella loro naturale posizione all’interno del canale anale da tessuto connettivo elastico e da fibre muscolari che le ancorano alla mucosa ed alla sottomucosa.
Sono i famosi cuscinetti anali descritti per la prima volta da Thompson nel 1975.
Proprio il deterioramento della funzione di ancoraggio e di sostegno di queste fibre determina la distensione delle emorroidi e la loro progressiva tendenza al prolasso, (discesa e uscita dall’ano) con conseguente inizio dei sintomi.
E’ proprio in base all’entità del cedimento della struttura di sostegno che ha luogo il prolasso (discesa delle emorroidi lungo il canale anale).
Per questo le emorroidi vengono classificate in quattro gradi
I quattro gradi delle emorroidi
Le emorroidi si distinguono in:
- I grado: emorroidi interne e sol occasionalmente si impegnano nel canale anale
- II grado: Tendono a prolassare con gli sforzi della defecazione, ma risalgono spontaneamente
- III grado: fuoriescono dal bordo anale al momento della defecazione, ma devono essere riposizionate all’interno del canale anale manualmente
- IV grado: Il prolasso è permanente e possono più facilmente presentarsi episodi di trombosi
Vi sono poi le emorroidi esterne che si sviluppano vicino all’ano e sono ricoperte da cute
Le Emorroidi: sintomi
I sintomi più frequenti delle emorroidi sono il dolore e sanguinamento, oltre ai sintomi da prolasso emorroidario (sensazione di fuoriuscita di una tumefazione dall’ano, mucorrea, prurito ed escoriazioni perianali).
Questi si manifestano in modo variabile nei vari stadi e con intensità non sempre direttamente proporzionale alla gravità del quadro identificato secondo questa classificazione.
Talvolta anche piccole emorroidi possono essere fonte di importante sintomatologia.
Per questo motivo, ed essendo stato ormai precisato che non vi è una evoluzione delle emorroidi in cancro, il momento del trattamento delle emorroidi viene deciso dal paziente, in base alla compromissione della qualità di vita che questa patologia comporta.
Non è noto in che misura le emorroidi diventino sintomatiche
Con il termine assai comune di “crisi emorroidaria” si deve intendere uno qualunque dei disturbi dovuti alle emorroidi.
Le complicazioni delle emorroidi
Le complicazioni della malattia emorroidaria sono:
- Trombosi dei cuscinetti vascolari interni: provoca intenso dolore con sensazione di corpo estraneo endoanale. E’ raro che insorga in assenza di prolasso.
- Trombosi del prolasso: parziale o totale, realizza quello che viene definito “strangolamento emorroidario”; è una complicanza a carico dei grossi gavoccioli emorroidari che restano bloccati all’interno dello sfintere anale mentre sono prolassati.
- Trombosi del canale vascolare esterno: può verificarsi anche in assenza di emorroidi visibili clinicamente.
- Anemia: insieme alle emorragie, il sanguinamento da emorroidi è una delle cause più frequenti di anemia secondaria.
Come si curano le emorroidi ?
Al proctologo spetta il compito di stabilire il trattamento migliore paziente per paziente, tenendo presente che, per quanto precisato prima, a parità di efficacia sarà da preferire il trattamento più conservativo.
Alcuni trattamenti igienici e comportamenti da seguire sono fondamentali nel trattamento e nella prevenzione, ricordando che le restrizioni alimentari non hanno un chiaro nesso con le emorroidi, peperoncino compreso.
Ricordiamo tra questi : assumere con costanza molta frutta, verdure ed acqua, svolgere un’attività fisica regolare, anche leggera, ma costante.
Non passare troppo tempo in bagno (perdere l’abitudine di leggere) ,cercare di evacuare sempre alla stessa ora, fare bidet tiepidi con detergente liquido dopo l’evacuazione
Esistono poi una serie di farmacisotto forma di pomate, supposte, compresse, gel rettali, dotati di buona efficacia sui sintomi, ma non in grado di risolvere in maniera definitiva il problema.
Tali prodotti trovano, infatti, indicazione nel trattamento spesso solo sintomatico della patologia emorroidari.
Emorroidi: incidenza
Va sottolineata l’elevata incidenza della patologia emorroidaria in gravidanza (ben l’80% delle donne che hanno terminato la gravidanza soffre di emorroidi).
Le cause di tale incidenza sono:
- L’aumento del volume del sangue.
- Gli ormoni della gravidanza provocano la diminuzione del tono vascolare.
- L’aumento della pressione sul plesso emorroidario provocato dalla compressione esercitata sulla vena cava inferiore da parte del feto che sta crescendo.
- L’aumento della coagulabilità del sangue.
Se possibile, durante la gravidanza va instaurata una terapia medica soprattutto con farmaci ad azione flebotonica (es: diosmina), solo raramente si rende necessario intervenire chirurgicamente.
I trattamenti poco invasivi
Nella scelta del trattamento chirurgico o parachirurgico viene presa in considerazione non solo la sintomatologia ma, come già descritto, il grado del prolasso.
Per emorroidi di I e di II grado trovano indicazione trattamenti poco invasivi, eseguibili ambulatorialmente senza alcun tipo di anestesia.
Per esempio la legatura elastica (si posizionano dei piccoli anelli elastici che determinano l’Ischemia e la caduta delle emorroidi e la scleroterapia (iniezione di sostanze che inducono la “cicatrizzazione” delle emorroidi)
Questi trattamenti, che richiedono spesso più sedute, comportano una buona percentuale di successo e nel caso di recidiva possono anche essere ripetuti con minimo disagio del paziente.
Tali procedure, inoltre, non precludono eventuali ulteriori trattamenti chirurgici nel caso di fallimento, di recidiva o di peggioramento, condizione in cui l’indicazione è appunto esclusivamente chirurgica.
Quando è necessario il trattamento chirurgico?
Gli interventi chirurgici un tempo erano visti con terrore dai pazienti, stante l’importante dolore nel post-operatorio e l’alto numero di complicanze e di recidive, ma oggi possono essere affrontati con tranquillità.
Gli interventi proposti sono sicuri, efficaci, con un dolore post-operatorio accettabile, sono spesso eseguiti in day-hospital e con una ripresa relativamente precoce delle normali attività quotidiane.
A grandi linee possiamo schematicamente dividerli in due tipi: quelli che agiscono “togliendo” e quelli che agiscono “modificando”.
Tra i primi (quelli che agiscono “togliendo” NdR) l’intervento più eseguito è l’emorroidectomia secondo Milligan e Morgan, dal nome dei chirurghi che la misero a punto nella prima metà del 1900.
E’ l’intervento, appunto, che molti pazienti operati ricordano con terrore per le sofferenze del decorso postoperatorio, ma che oggi viene invece eseguito adottando particolari accorgimenti e, a volte, particolari strumenti che riducono notevolmente il dolore e le recidive.
Il decorso postoperatorio rimane comunque relativamente lungo e la ripresa completa delle proprie attività può richiedere anche un mese di tempo.
Gli interventi invece che “modificano” sono di introduzione molto più recente, particolarmente indicati in casi di prolasso delle emorroidi interne, e per questo il loro risultato a lungo termine non è ancora esattamente conosciuto.
Sono sicuramente caratterizzati da una notevolissima riduzione del dolore, a volte trascurabile, e da una più rapida ripresa della vita sociale: 7-15 giorni sono solitamente sufficienti.
Gli interventi che “modificano”
Il primo di questi interventi, in ordine di comparsa nelle nostre sale operatorie, è la prolassectomia con suturatrice meccanica, messa a punto tra l’altro da un chirurgo italiano (dr. Antonio Longo) e ora eseguita in tutto il mondo.
Si reseca un pezzo circolare di mucosa rettale e contemporaneamente si esegue la sutura, con punti al titanio (che verranno successivamente eliminati spontaneamente), riposizionando così le emorroidi prolassate nella loro posizione originaria. Questa tecnica tuttavia, dopo iniziali entusiasmi è stata sempre meno eseguita a causa dell’alta percentuale di recidive e di gravi complicanze che può determinare.
Il secondo intervento di questa categoria è stato ideato dal chirurgo giapponese Morinaga e si basa sulla legatura transanale doppler guidata delle arterie emorroidarie.
Tale tecnica, effettuabile in anestesia loco-regionale o in sedazione, determina così da un lato la riduzione del flusso sanguigno, con una pronta riduzione degli episodi di sanguinamento, dall’altro la fissazione della mucosa rettale, con riduzione o eliminazione del prolasso.
Anche in questo caso il dolore post-operatorio e le complicanze sono ridotti al miUlteriori interventi recentemente introdotti si basano più o meno sullo stesso principio (come ad esempio la de-arterializzazione delle emorroidi con tecnica laser).
Conclusioni
Per ottenere il risultato migliore bisogna scegliere in base al quadro clinico, che può essere piuttosto vario, l’intervento che garantisca il miglior rapporto costo – benefici per il paziente.
Solo un chirurgo dedicato , però, è in grado di eseguire correttamente tutti i diversi tipi di interventi calibrati in funzione della gravità, di eventuali interventi pregressi, della coesistenza di altre patologie e delle necessità o aspettative del singolo paziente.
La redazione in collaborazione con il Dr. Corrado Bottini –Chirurgia Generale, Chirurgia d’Urgenza e Pronto Soccorso, Coloproctologia
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