Emorroidi: cosa sono e come si curano

Spesso i pazienti si rivolgono al proprio medico con imbarazzo affermando di avere le emorroidi. Il problema si pone quando le emorroidi si infiammano dilatandosi al punto da arrivare a parlare di malattia emorroidaria, la più comune patologia della zona anorettale.

Oltre la metà, infatti, della popolazione occidentale adulta, in particolare sopra i 25-30 anni, soffre, con severità e frequenza diverse, di crisi emorroidarie. La malattia può insorgere all’interno del retto o all’esterno, nella mucosa che delimita l’ano.

Emorroidi: le cause  

Nel caso delle emorroidi, più che di cause, è corretto parlare di fattori di rischio, dal momento che uno stesso comportamento o abitudine può indurre la malattia in un soggetto e non in un altro o indurla in entrambi, ma di grado differente.

I fattori di rischio più comuni sono legati ai continui e ripetuti sforzi durante l’evacuazione, uniti alla prolungata permanenza sul water. Chi soffre di stitichezza o è soggetto a frequenti diarree, gli obesi e chi è in sovrappeso sono molto esposti all’infiammazione delle emorroidi. Il fisiologico indebolimento/rilassamento dei tessuti che sorreggono e fortificano i vasi sanguigni fa sì che l’età influisca molto sulle emorroidi, così come l’alimentazione (di cui parleremo nel dettaglio nel capitolo prevenzione). Anche alcuni sport, quali ciclismo, equitazione e pesi, sono fattori di rischio.

Ultimo fattore, non per importanza, da segnalare è la predisposizione familiare: emorroidi “fragili” non si ereditano, ma è importante indagare la presenza di altri casi in famiglia che espongono alla predisposizione. Un discorso a parte riguarda le donne in gravidanza e soprattutto dopo il parto (una puerpera su 3 soffre di emorroidi). Lo stress indotto dalla gravidanza spesso comporta una serie di alterazioni che predispongono all’insorgenza della malattia emorroidaria.

Emorroidi: i sintomi

Le emorroidi non sempre inviano segnali di allarme. Alcuni soggetti non avvertono particolari fastidi finché improvvisamente la situazione precipita. Altri, invece, accusano disturbi evidenti fin da subito, cosa che per certi versi consente di intervenire tempestivamente. I primi segnali sono dati da tracce di sangue rinvenute sulla carta igienica o nel water insieme alle feci. Si tratta di una scoperta che genera shock, ma è fondamentale prestare attenzione a questi dettagli così da intercettare subito il problema. Altro possibile sintomo è l’irritazione o il prurito nella regione anale, di frequente associato a dolore e gonfiore. Talvolta, si può avvertire la presenza di una sorta di nodulo vicino all’ano.

Emorroidi interne ed esterne: sintomi differenti  

Come accennato all’inizio, la malattia infiammatoria può colpire le emorroidi interne o esterne, con sintomi differenti. Nelle prime i sintomi sono meno evidenti e percepibili, raramente sono causa di disturbi e dolori né, ovviamente, possono essere osservate dall’esterno. Solo in caso di sforzo protratto nel tempo l’emorroide interna può fuoriuscire, causando dolore e fastidio. Le emorroidi esterne possono risultare trombizzate, cioè può presentarsi un coagulo di sangue all’interno della vena. Molto doloroso.

Emorroidi: la diagnosi

Una prima indagine può essere svolta da soli, tastando l’area intorno all’ano per verificare la presenza di emorroidi esterne e procedendo poi all’interno con un dito adeguatamente lubrificato. Il passo successivo è prenotare una visita proctologica durante la quale sarà possibile essere sottoposti ad anoscopia. L’anoscopio è un tubo della lunghezza di 7-8 centimetri e del diametro di 2 centimetri dotato di una luce all’estremità per consentire un’adeguata visibilità all’interno. L’esame dura circa 15 minuti ed è facilitato dall’utilizzo di un lubrificante con effetto anestetico. Per escludere la presenza di patologie più complesse e pericolose (tumori colorettali), possono essere consigliati colonscopia, proctoscopia e/o sigmoidoscopia.

Emorroidi: la prevenzione

Nella parte sulle cause abbiamo citato l’alimentazione che è soprattutto il primo strumento di prevenzione. Chi ha la tendenza a soffrire di emorroidi, infatti, deve prestare attenzione a cosa mangia, ma dovrebbero farlo tutti perché è proprio per colpa delle abitudini alimentari che si può iniziare a soffrirne. E’ necessario consumare molte fibre ed evitare cibi irritanti.

Vanno limitati:

  • i grassi,
  • i fritti,
  • gli insaccati,
  • le bevande gassate e alcoliche.

Al contrario, è fondamentale bere molta acqua perché il primo obiettivo è mantenere le feci morbide, così da non doversi sforzare. Ottime scelte sono la carne bianca, verdura, frutta, cereali, meglio se integrali, formaggi e latte scremati.

Emorroidi: le terapie

Le emorroidi, se di I o II grado, in genere possono essere gestite con un’adeguata terapia farmacologica cui si affianchi un regime alimentare che tenga conto del disturbo manifestatosi. Anche una volta guariti, sarà necessario non esagerare con comportamenti e abitudini (alimentari e non) in grado di risvegliare le emorroidi.

E nei casi più gravi?

Resta l’opzione chirurgica. Le tecniche di chirurgia abitualmente adottate sono essenzialmente due: l’emorroidectomia escissionale secondo Milligan Morgan e la prolassectomia secondo Longo.

Intervento Milligan Morgan

L’intervento di Milligan Morgan è il più eseguito al mondo per risolvere in maniera radicale e duratura i problemi gravi e ricorrenti legati alle emorroidi. Consiste nell’asportazione, legatura e sezione dei gavoccioli emorroidari. I tempi dell’operazione variano tra i 20 e i 45 minuti. Si esegue in anestesia spinale. Il decorso postoperatorio è caratterizzato da dolore di moderata entità. Nei giorni successivi all’intervento potranno presentarsi piccoli sanguinamenti dovuti soprattutto all’evacuazione delle feci. Onde evitare tali problemi, il paziente deve seguire i consigli dello specialista.

Intervento secondo Longo

La prolassectomia secondo Longo, come lascia intendere il termine “prolassectomia”, non interviene direttamente sulle emorrodi, bensì su quella che ne è la causa diretta, cioè il prolasso della mucosa rettale che spinge verso il basso le emorroidi. La conservazione delle emorroidi rappresenta in questo caso un valore aggiunto per mantenere la totale continenza fecale.

Inoltre, l’intervento è indolore, dura 20/25 minuti in anestesia spinale e i tempi di ripresa sono veloci. In soli 4-5 giorni, infatti, il paziente può tornare a svolgere le sue attività quotidiane e nell’arco di una settimana o poco più si avrà un pieno e completo recupero rispetto al mese necessario con la tecnica Milligan Morgan. Il tasso di recidiva, infine, è molto basso.

La Redazione in collaborazione con il Dr. Mattia Pizzi – Chirurgo generale, Proctologo, Gastroenterologo

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