Idrossiclorochina, possibile cura contro il coronavirus

La comunità’ scientifica mondiale è attualmente impegnata in una corsa contro il tempo per trovare una cura contro il coronavirus (sars cov2). In attesa di avere pronto un vaccino e una terapia specifica anticovid19, sono molte le sperimentazioni farmacologiche (idrossiclorochina) che stanno mostrando una certa efficacia nel trattamento dei pazienti positivi al coronavirus.

Recentemente, sono tornati in auge due vecchi farmaci utilizzati per curare la malaria: la clorochina e l’idrossiclorochina

Idrossiclorochina: origini e sviluppo

Le origini di questa molecola risalgono al XVI secolo, quando Bernabè Cobo, un padre gesuita che esplorò Messico e Perù, scoprì che gli estratti della corteccia di china potevano essere utili per il trattamento della malaria.

Di lì in poi, nei decenni successivi, l’uso della china (da cui poi venne isolato il chinino) si è diffuso in tutto il mondo, non solo per la malaria, ma anche per la cura della febbre in generale.

Idrossiclorochina: come si è arrivati al farmaco

La clorochina è un derivato di sintesi della china, scoperta nel 1934 nei laboratori della Bayer. Fu trasformata in idrossiclorochina (con l’aggiunta di un gruppo ossidrilico) per migliorarne la maneggevolezza e ridurre la tossicità rispetto al composto originario.

L’idrossiclorochina, meglio conosciuta con il nome commerciale di plaquenil, è attualmente approvato per la terapia dell’artrite reumatoide e del lupus eritematoso, due malattie autoimmuni.

Idrossiclorochina: uso compassionevole e offlabel

L’ idrossiclorochina è un farmaco ben noto alla medicina mondiale e utilizzato dal 1970. Inoltre, il suo profilo farmacologico è documentato in letteratura: si conoscono bene posologia, interazioni farmacologiche e tossicità.

Per tale ragione, nei giorni scorsi l’AIFA (l’Agenzia Italiana del Farmaco) ha autorizzato l’uso offlabel (approvazione al di fuori dell’uso tipico del farmaco) dell’idrossiclorochina per il trattamento dei pazienti affetti da covid 19.

L’esperienza ai tempi della Sars

L’intuizione in origine fu di un infettivologo italiano Andrea Savarino.

L’utilizzo dell’idrossiclorochina contro i coronavirus è stata avvalorata da alcuni studi scientifici che avevano dimostrato un’attività anti Sars (dal virus sarscov1) in vitro (studi su cellule in provetta non su animali).

Dosaggio troppo alto

Sulla base di queste evidenze, Andrea Savarino in un articolo pubblicato sulla nota rivista scientifica the Lancet, nel 2003 già ipotizzava l’uso della clorochina per contrastare la Sars. Tuttavia, si ritenne che ci volesse un dosaggio troppo alto, quindi tossico per essere efficace sull’uomo.

La Sars è stata causata dal coronavirus sarscov1. Questo virus. come in questo caso, si diffuse a partire dalla Cina. Produsse un epidemia che durò dal novembre 2003 al luglio 2004.  

Test in Francia su idrossiclorochina e azitromicina        

L’idrossiclorochina è stata sperimentata in associazione all’azitromicina in uno studio non randomizzato svolto in Francia su 24 pazienti. Il trial è stato coordinato dal virologo Didier Raoul e pubblicato sulla rivista International Journal of antimicrobial agents.

I pazienti sono stati trattati con 600mg di idrossiclorochina al giorno. Al contempo, quotidianamente, è stata controllata la carica virale (quantità di virus presente nei campioni biologici) con tamponi naso-faringei.

Risultati

Dall’analisi dei risultati è emerso che dopo 6 giorni di trattamento con idrossiclorochina i pazienti avevano una carica virale negativa (cioè risultavano essere negativi al virus) rispetto al placebo.

Inoltre, l’associazione con l’azitromicina sembra aver prodotto un effetto sinergico, dimostrandosi più efficiente nell’eliminazione del virus.

Azitromicina

L’azitromicina, conosciuta meglio come zitromax, è un antibiotico macrolide a largo spettro impiegato nelle polmoniti batteriche. Qesto farmaco potrebbe avere un certo effetto antivirale, avendo dimostrato di essere attivo in vitro contro il virus ebola.              

Attualmente, non esiste una terapia specifica anticovid19.                                                                               

Il campione di pazienti utilizzato nel trial francese si è rivelato troppo piccolo, quindi ha un insufficiente potere statistico. Necessita di conferme ulteriori in una più ampia popolazione per essere convalidato dalla comunità scientifica.

Sperimentazione in Italia

Attualmente, la sperimentazione idrossiclorochina-azitromicina si sta testando in diverse regioni d’Italia. In Calabria, ad esempio, il protocollo sarà’ eseguito anche in regime domiciliare per le persone positive al coronavirus (che presentano sintomi lievi). Lo scopo è di contrastare la malattia (covid 19) nella sua fase iniziale.

In questo modo, si eviterà il ricovero ospedaliero prevenendo il collasso delle strutture sanitarie pubbliche calabresi.

Plaquenil irreperibile per i malati cronici

Per il plaquenil da qualche settimana si sono registrate difficoltà di approvvigionamento per i malati cronici, essendo introvabile nelle farmacie. Questa situazione precaria è la conseguenza dell’attuale emergenza sanitaria, ma anche del provvedimento dell’AIFA che ha generato, purtroppo, una corsa all’accaparramento di questo farmaco a basso costo.

Attenzione all’autoprescrizione                         

La somministrazione del farmaco senza il consenso medico è assolutamente da evitare. Il plaquenil, infatti, può causare anche gravi effetti avversi come l’allungamento dell’intervallo Qt (anomalia cardiaca), tossicità cardiaca e retinopatia. Può, altresì, interagire con diversi farmaci.

Dott. Marco Pagnotta – Farmacia Colace Dr. Anna Maria

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