Le apnee notturne sono eventi caratterizzati da pause (Ipoapnee con riduzione almeno del 50% del flusso d’aria) o interruzioni (Apnee complete) del passaggio aereo durante il sonno.
A loro volta le apnee sono suddivise in ostruttive, centrali o miste.
- Apnee centrali: sono caratterizzate da interruzione della respirazione toracica e addominale
- Apnee ostruttive: sono le più diffuse e caratterizzate dalla desincronizzazione della respirazione toracica e addominale
- Apnee miste: sono apnee centrali inframmezzate da apnee ostruttive
Apnee notturne: quali sono le cause?
Le cause delle apnee sono molteplici.
I fattori di rischio principali sono:
- Età (> 45 anni)
- Obesità
- Sesso maschile
- Deprivazione ormonale post-menopausa
- Difetti scheletrici mascellari
- Malattie neurologiche
Come riconoscere i sintomi delle apnee notturne
In accordo con la più autorevole organizzazione mondiale che studia il fenomeno dei disordini respiratori (American Academy of Sleep Medicine), i sintomi che segnalano la presenza di apnee notturne vengono suddivisi in 2 gruppi: sintomi notturni e sintomi diurni.
- Sintomi notturni: russamento; apnee o ipopnee con o senza risvegli improvvisi che riferisce il partner; insonnia o sonno spezzato; nicturia (frequente bisogno di urinare durante la notte); cefalea notturna e al risveglio; intense sudorazioni (diaforesi); xerostomia (mancanza più o meno intensa di salivazione)
- Sintomi diurni: sonnolenza diurna (40-60% dei pazienti soffre di questo sintomo nelle più svariate condizioni); sonno non ristoratore; stanchezza cronica; disturbi cognitivi (perdita di memoria e, nei bambini, disattenzione e poco apprendimento nel periodo scolastico); patologie cardiocircolatorie (fibrillazione atriale, ipertensione arteriosa); sindrome metabolica (diabete mellito); disturbi dell’umore, depressione; diminuzione del desidero sessuale.
Apnee notturne e pressione arteriosa: è possibile una correlazione?
La letteratura scientifica ha dimostrato che esiste una stretta correlazione tra il paziente affetto da OSAS (Sindrome delle apnee ostruttive del sonno) e le variazioni della pressione arteriosa. Durante il sonno regolare la pressione arteriosa tende a decrescere e i suoi valori si abbassano fisiologicamente.
In seguito alle frequenti desaturazioni (mancanza di adeguata ossigenazione) che accompagnano gli episodi di apnea notturna, si instaura un fenomeno che crea inevitabilmente uno stress all’albero circolatorio arterioso.
Questo cerca di compensare la mancanza di ossigenazione con un aumento della rigidità dei vasi, determinando così un quadro di ipertensione che alla lunga può diventare permanente.
Secondo recenti studi circa il 60% dei pazienti OSAS è iperteso, e l’ipertensione resistente ai farmaci è sostenuta nell’83% dei casi da pazienti OSAS.
Apnee notturne in gravidanza: come affrontarle?
La paziente affetta da OSAS che affronta una gravidanza dovrà necessariamente fare attenzione all’aumento ponderale che potrebbe diventare un fattore di aggravamento della patologia. Nel caso la donna gravida sia in terapia per le OSAS (o con dispositivi di avanzamento mandibolare – MAD – o con Pressione aerea Positiva -cPAP-) non dovrà sospenderla e dovrà essere monitorata strettamente dal clinico per tutta la durata del periodo gestatorio. Buona cosa sarà quella di impostare un programma dietetico personalizzato adattandolo di volta in volta nel corso della gravidanza.
Apnee notturne e obesità: come perdere peso per prevenirle
Una delle cause che favorisce l’insorgenza delle apnee notturne è l’obesità. Un indice BMI (Body Mass Index, Indice di massa corporea) maggiore di 30, una circonferenza del collo maggiore di 43 nei maschi e di 41 nelle femmine, sono condizioni che vanno corrette per non aggravare una patologia di per sé già complessa e subdola.
Il soggetto obeso va trattato secondo uno schema che sarà di competenza del nutrizionista, andando a rimuovere le cause possibili della sua insorgenza, dalla semplice quantità di cibo assunto durante il giorno a quella più complessa legata alla sindrome metabolica o alle disfunzioni ormonali (malattie endocrine, patologie tumorali, effetti collaterali farmacologici).
Apnee notturne e sonnolenza diurna: come gestire entrambe
Il paziente che soffre di apnee notturne presenta nel 40/60% dei casi anche sonnolenza diurna. Quest’ultima può essere misurata attraverso un semplice questionario (Epworth Sleepiness Scale – ESS ) che ne indicherà un valore. Al di sopra di un valore di 10 il fenomeno della sonnolenza verrà ritenuto grave.
Queste di seguito le domande che identificano il grado di sonnolenza, a cui verrà attribuito un punteggio da 0 a 4 a seconda della risposta.
EPWORTH SLEEPINESS SCALE (ESS)
Il legame fra apnee notturne e disturbi del sonno
Molti pazienti affetti da malattie neurologiche subiscono il fenomeno delle apnee notturne che possono essere più o meno gravi a seconde della patologia di base.
Una delle malattie più invalidanti è sicuramente la SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica) che si manifesta con un’incidenza di 2:100000 casi all’anno.
Questi pazienti soffrono di apnee centrali e lunghi periodi di desaturazione (diminuzione dell’ossigenazione del sangue) che possono aggravare la loro condizione.
Un’altra condizione neurologica associata alle apnee notturne è la Neuropatia faringea (malattia ereditaria di Charcot-Marie-Tooth) che porta al collasso muscolare delle vie aeree superiori con conseguente chiusura dello spazio ventilatorio.
Apnee notturne e ansia: si possono gestire entrambe?
Nei pazienti affetti da sindrome ansiosa andranno analizzate approfonditamente le cause del disturbo del sonno, che si può aggravare se non curato nel modo corretto. Il paziente ansioso spesso si automedica e i farmaci assunti senza controllo possono a loro volta aggravare le apnee.
La classe di farmaci più utilizzata sono le benzodiazepine che però possono provocare, se assunte senza controllo, una serie importante di effetti collaterali. Con il loro uso smodato può persistere la sonnolenza diurna o, dato che agiscono anche sulla concentrazione e sull’attenzione, nel paziente anziano possono essere la causa di cadute durante il risveglio notturno con conseguenti gravi traumi, come la frattura del femore. Un altro loro effetto collaterale è la riduzione della funzione respiratoria, che aggrava l’indice di ipoossigenazione con conseguenti risvegli frequenti che si traducono in un sonno frammentato e non riposante.
Apnee notturne e farmaci: quali possono causarle o aiutare a curarle?
Ci sono condizioni cliniche nelle quali il paziente assume una terapia adiuvante che può però causare effetti collaterali che influenzano la durata e la qualità del sonno.
Le terapie adiuvanti più comuni, e gli effetti che provocano, si possono riassumere in:
- Farmaci antidepressivi e anti ansiogeni
Di questa categoria fa parte la fluoxetina che agisce riequilibrando il contenuto nell’organismo del neurotrasmettitore chiamato serotonina, che aiuta il mantenimento dell’equilibrio psichico.
- Farmaci antiipertensivi
Di questa categoria fanno parte gli ace-inibitori che agiscono modulando la produzione di angiotensina surrenalica: aumentano i crampi notturni risvegliando il paziente. I beta-bloccanti, che agiscono riducendo il ritmo cardiaco e aumentandone la sua forza di contrazione, possono causare risvegli improvvisi e incubi.
- Farmaci antidiabetici
Il diabete mellito, patologia che di per sé causa nel tempo parecchi problemi come l’indebolimento dei vasi capillari, viene curato in prima istanza con i farmaci ipoglicemizzanti per abbassare il tasso di zucchero nel sangue. Questi farmaci, se non ben dosati, possono portare ad alterazioni glicemiche non compensate che causano insonnia o sonnolenza diurna.
- Farmaci contro l’ipertrofia prostatica
Sono farmaci che appartengono alla classe degli alfa-bloccanti e vengono utilizzati per curare l’ipertensione e l’ipertrofia prostatica. Disturbano il sonno REM, quella parte del sonno dedicata ai sogni e che fissa la memoria, e causano sonnolenza diurna.
Apnee notturne: come curarle con rimedi naturali
I farmaci che invece possono aiutare e conciliare il sonno possono essere suddivisi in due categorie: farmaci classici e farmaci naturali.
- Farmaci classici
Appartengono alla classe dei sedativi (in particolare i barbiturici)e svolgono la loro principale azionenell’indurre il sonno e mantenendolo il più possibile simile, sia quantitativamente che qualitativamente, al sonno naturale. Non devono alterare la struttura del sonno né causare effetti collaterali spiacevoli, per cui vanno testati e personalizzati per ogni paziente, facendo attenzione al loro uso smodato che può provocare nel tempo assuefazione, richiedendo dosaggi sempre più elevati.
Anche le benzodiazepine vengono utilizzate per favorire il sonno ma abbiamo visto che, a seconda del dosaggio, possono avere l’effetto opposto.
- Farmaci naturali
Capostipite dei farmaci naturali è la melatonina, che in verità è un ormone sintetizzato dall’epifisi (ghiandola endocrina pineale localizzata nel cervello a livello del 3°ventricolo). La melatonina regola il ritmo circadiano (ritmo sonno/veglia) e il nostro orologio biologico. Quando c’è una carenza di melatonina il medico la può prescrivere per aumentare l’induzione del sonno.
Altri rimedi naturali sono legati all’azione delle piante come la valeriana, la camomilla, la lavanda, la passiflora.
La valeriana, in particolare, è stata studiata in modo approfondito ed oggi si conoscono dosaggi e tempi di assunzione che ottimizzano il risultato di indurre e mantenere un sonno ristoratore.
Attenzione però a non esagerare: potrebbe causare disturbi cardiaci e al sistema nervoso, vanificandone i suoi effetti benefici.
Dott. Prof. Rolando Giuseppe Crippa