4 possibili utilizzi del test BIA

Nell’articolo precedente ho introdotto l’argomento del test BIA spiegando cos’è, cosa misura e i principi su cui si basa.

Ricapitolando brevemente, il test BIA è un test per l’analisi della composizione corporea, e viene utilizzato nel fitness e nello sport per l’impostazione e l’ottimizzazione di trattamenti e programmi di allenamento.

Come?

Tramite il controllo dello stato di idratazione e della crescita della massa muscolare.

In questa seconda parte del vasto argomento approfondirò la tematica rispondendo ad ulteriori due domande:

  • Quali sono i pro e i contro del test BIA?
  • Perché si usa?

BIA e BIVA: Stime, grafici, pro e contro

La BIA vettoriale (BIVA, Bioelectrical Impedance Vector Analysis), si basa dunque sull’utilizzo delle misure dirette ottenute dalla BIA, vale a dire i dati grezzi, senza avere di mezzo alcuna formula che possa andare a “falsare” o influenzare questi dati.

Perciò dipende solo dal tipo di strumento analizzatore e dalla variabilità biologica dei soggetti.

Il principale e più conosciuto grafico è il Normogramma Biavector, un’analisi vettoriale dei parametri bioelettrici.

Questo metodo, messo a punto dal Prof. Antonio Piccoli con collaboratori (1994) e da numerosi altri ricercatori, confronta il vettore misurato in un individuo con l’intervallo di riferimento della popolazione normale, espresse su un grafico statistico (il famoso “ellisse”) che ci permetterà di capire come è il soggetto rispetto alla media della popolazione.

Si tratta di un metodo affidabile, sensibile, specifico e ripetibile nel captare le variazioni idriche.

Il grande vantaggio di questo metodo è che fornisce informazioni contemporaneamente sull’idratazione e sulla nutrizione (intesa come quantità di massa cellulare) dei soggetti, indipendentemente dall’utilizzo di equazioni di regressione o del peso corporeo.

Questo lo rende uno strumento veramente versatile e utile!

Nel Biavector troviamo 3 ellissi di colore diverso: l’ellisse verde rappresenta il 50% della popolazione, l’ellisse giallo il 75% e l’ellisse rosso il 95%.

Attenzione però, perchè essere nell’elisse verde non significa che “va bene”, significa solo essere nella media.

Il dato va sempre contestualizzato.

Di chi stiamo parlando?

Se si parla ad esempio di un grande atleta essere come la media della popolazione non va bene!

Vorrebbe dire essere fuori forma, quindi lo step successivo è di confrontare quel dato con la popolazione specifica di riferimento e ancora più importante (quando si avrà a disposizione un numero sufficiente di test dello stesso soggetto) sarà confrontare l’individuo con sé stesso per capire quali cambiamenti stanno avvenendo nel suo percorso o preparazione.

Test BIA: il grafico

Il test è rappresentato come un punto sul grafico e la variazione di fluidi farà spostare questo punto in verticale.

Se l’idratazione diminuisce il punto migrerà verso l’alto, mentre se aumentano i fluidi andrà verso il basso.

Ricapitolando.

Al centro del grafico abbiamo un’idratazione nella media, nella parte alta troviamo livelli sempre più marcati di disidratazione e nella parte bassa del grafico si va verso stati di ritenzione sempre maggiori.

 Ci tengo a ripetere che non per tutti la media della popolazione è il valore corretto.

Ad esempio, è normale che atleti di endurance si trovino spesso e volentieri con livelli di idratazione tipicamente inferiori rispetto alla media, ma che per la loro popolazione di rifermento rappresentano la normalità.

Quindi potremmo trovarli come simili alla media dei “comuni mortali” quando sono “sovraccarichi di fatica”.

Per fare questo tipo di analisi è ovviamente necessario conoscere molto bene questo tipo di test e rivolgersi a un Tecnico di grande esperienza in materia di BIA.

Le variazioni lungo l’asse trasversale del grafico (quindi in orizzontale) sono invece relative ai cambiamenti di massa cellulare.

Andando a destra andiamo incontro a valori sempre minori di massa cellulare, che può per semplicità essere assunta a un indicatore della quantità di muscolo, andando verso sinistra invece andremo incontro a incrementi della stessa.

Quindi nella parte destra del grafico troveremo stati di sarcopenia (ad esempio qui troveremo come casi estremi le situazioni di anoressia e di cachessia o gli stati patologici terminali), e nella parte sinistra del Biavector troveremo alte quantità di massa e struttura (come spesso accede negli atleti).

Fig. 1 I quadranti del Biavector (Barbosa-Silva, Barros 2005): in alto a sx si collocano le persone con una buona massa muscolare, in basso a sx gli obesi, in alto a dx i soggetti molto magri e gli anoressici, in basso a dx i cachettici.

L’analisi dei numeri: le stime rilevabili

Una volta capito bene il test grafico si può passare all’analisi dei numeri per trasformare tutto ciò in una spiegazione molto più fruibile per il nostro paziente.

Ecco alcune stime rilevabili dall’analisi dei numeri (lettura convenzionale della BIA) che possono essere utili per quantificare e spiegare il test al nostro paziente.

  • TBW (Total Body Water): acqua totale corporea, rappresenta il principale componente del nostro organismo.
  • ECW (Extra Cellular Water): L’ acqua extra cellulare (ECW) è composta dai fluidi all’ esterno delle cellule. E’ localizzata principalmente nello spazio interstiziale fra le cellule, all’ interno dei vasi sanguigni, nei tessuti linfatici e nel liquido spinale. Si tratta di una stima fortemente influenzata dalla quantità di muscoli del soggetto. Oscillazioni in questo compartimento sono un indice dello stato di idratazione (disidratazione, normoidratazione e ritenzione idrica)
  • FFM (Fat Free Mass): E’ il compartimento contenente tutto ciò che non è grasso corporeo: comprende lo scheletro, circa il 73% dei fluidi corporei, muscoli, pelle ed organi. Una buona forma fisica presuppone un valore di FFM del 77-85% rispetto al peso corporeo, dipendente dall’ età del soggetto. E’ una stima fortemente influenzata dall’idratazione (ma le attuali formule prevedono spesso già fattori di correzione che migliorano questa stima). 
  • BCM (Body Cellular Mass): E’ la parte metabolicamente attiva dell’organismo che espleta tutto il lavoro funzionale, e il ‘motore’ del corpo in cui avvengono tutti i principali processi metabolici: dal consumo di ossigeno, l’ossidazione del glucosio, alla sintesi delle proteine…. E’ la parte viva ed attiva dell’organismo, un compartimento di cui il corpo umano dovrebbe essere dotato in abbondanza.
  • BMR (Basal Metabolic Rate): Il metabolismo basale (BMR), è il dispendio energetico di un organismo a riposo, e comprende l’energia necessaria per le funzioni metaboliche vitali (respirazione, circolazione sanguigna, digestione, attività del sistema nervoso, ecc.). E’ una stima che varia in funzione all’idratazione del soggetto ed è in correlazione diretta con la quantità di BCM.
  • FM (Fat Mass): La Massa Grassa (FM), stima che, essendo solitamente calcolata sottraendo la FFM al peso corporeo, è fortemente influenzata dall’idratazione (perché FFM ne è influenzata).

I 4 Possibili utilizzi del test BIA

Vediamo ora in quali campi è utile inserire questo tipo di monitoraggio e perché.

1.Diete e percorsi volti al dimagrimento

In un percorso di dimagrimento è a mio avviso fondamentale effettuare questo tipo di analisi prima di iniziare e durante (un controllo ogni 4-8 settimane) per 3 motivi.

  • Avere il punto di partenza consente innanzitutto di scegliere il protocollo di intervento con maggiore precisione (e quindi maggiore probabilità di successo!). Serve a stabilire le priorità.

Ad esempio, se acqua e muscolo sono “in disordine” (ad esempio in alcuni casi di forte ritenzione idrica oppure in altri in cui la massa cellulare è molto bassa) sarà difficile ottenere un buon dimagrimento, che sia efficace e duraturo, senza mettere mano o addirittura partire dal ripristino di valori normali di questi due comparti.

Un conto è dare una dieta a un soggetto normoidratato e con una buona quantità di muscolo, tutt’altro paio di maniche è invece trattare un soggetto con una massa cellulare molto bassa (dove ad esempio la capacità di gestione degli zuccheri sarà ai minimi livelli) oppure a una persona disidratata oppure in ritenzione (dove dovremo andare a capire i motivi che stanno alla base di questi squilibri).

  • Inserire un monitoraggio sistematico con il test BIA all’interno di un percorso di dimagrimento è fondamentale per capire se il piano nutrizionale impostato sta ottenendo i migliori risultati oppure se ci sono delle cose da correggere.

Magari il cliente sta perdendo peso ma con esso sta calando notevolmente la massa muscolare: questo è un chiaro segnale che qualcosa va cambiato, diversamente il rischio sarà un eccessivo calo del metabolismo della persona e quindi un’alta probabilità di andare verso una situazione di stallo oppure addirittura un peggioramento non appena interrompe la dieta.

  • Vedere quantificati i risultati che sta ottenendo è di grande aiuto anche al paziente e aumenta l’aderenza al piano e quindi la probabilità di successo (così come è di aiuto vedere quando non si migliora, perché ci fa tornare “in carreggiata”).

2. Piani di allenamento

Siano essi per l’aumento della massa muscolare (ipertrofia) oppure per il dimagrimento, avere questo tipo di monitoraggio tra un ciclo e l’altro è molto importante.

In base ai valori del test (intrecciati naturalmente con tutti gli altri valori relativi allo storico dell’atleta) sarà infatti possibile decidere con maggior efficacia quante volte a settimana farlo allenare, quali volumi e durate utilizzare e quali tipologie di allenamento sono più indicate.

 Giusto per citare alcuni esempi, immaginate di trovare una persona con un’elevata disidratazione! Gli consigliereste di fare ore ed ore di allenamento aerobico oppure scegliereste altre metodiche?

Così come in una persona con una quantità di BCM molto bassa non sarà produttivo impostare un allenamento a volumi alti e durate lunghe, in quanto molto probabilmente l’effetto ottenuto sarebbe quello catabolico.

In questa tipologia di persone bisogna tenere conto con attenzione di volumi, durate, intensità e alimentazione-integrazione a sostegno del processo di allenamento per fare un buon lavoro. In questi casi il monitoraggio ci aiuta a trovare la dose corretta di tutto ciò!

3.Sport

Un atleta può trarre notevoli vantaggi dall’utilizzo del test come monitoraggio all’interno della pianificazione annuale.

Può essere d’aiuto programmare almeno 3-4 test durante l’anno, facendoli coincidere con momenti ben precisi della pianificazione annuale.

  • Un primo test all’inizio della fase di preparazione: si tratta del punto zero, quello da cui partono la pianificazione e il monitoraggio del lavoro.
  • Un secondo test alla fine della fase di preparazione, prima che abbia inizio la fase agonistica: questo test permette di valutare l’effetto ottenuto con la fase di preparazione atletica (è stata sufficientemente efficace? L’atleta l’ha assimilata/recuperata oppure è affaticato e quindi è opportuno fare una fase di scarico prima dell’inizio della fase agonistica?).
  • Un test 7-10 giorni prima dell’appuntamento agonistico più importante: questo ci permette di vedere se l’atleta è nella sua migliore forma o se bisogna apportare modifiche urgenti per portarlo in forma nel caso non fosse così.
  • Se possibile un test il giorno prima dell’appuntamento agonistico più importante: questo è per avere il dato di picco di forma, dato che potrà essere utilizzato (incrociandolo con i valori relativi alla performance) come riferimento per le successive periodizzazioni.

4.Fisioterapia, recupero funzionale e prevenzione

Nel caso di alcuni analizzatori c’è la possibilità di fare una misurazione a 4 arti, andando così a quantificare le differenze di massa muscolare tra i vari distretti corporei.

Questo permette ad esempio di avere un confronto tra arto superiore destro e sinistro, oppure arto inferiore destro e sinistro: si tratta di un dato molto utile in ambito fisioterapico quando si va a lavorare sul recupero della massa muscolare di un arto.

Oppure in ambito di prevenzione infortuni per evidenziare disparità tra un lato e l’altro che potrebbero, se non pareggiate, predisporre l’atleta a un maggior rischio di infortuni.

Ovviamente sarebbe importante avere sempre uno storico e non limitarsi a fare il test dopo l’infortunio.

Questo ci consente anche di stabilire con maggior precisione quando l’arto infortunato sarà tornato ai livelli muscolari precedenti l’infortunio.

C’è tuttavia da sottolineare che in questo ambito bisogna tenere conto del fatto che una tumefazione o un gonfiore vanno a influenzare il test, e quindi bisogna tenerne conto se si sceglie di fare il test in questa condizione.

 Il suggerimento è di utilizzare per il confronto il dato di quando l’arto non presenta più tumefazioni o gonfiori particolari.

BIA: una bussola che ti guida, per fare le scelte migliori.

Dr.ssa Daniela Messa – Studio Sinergia a Bergamo

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