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L’appendicite è la più comune malattia infettiva dell’addome, diagnosticata in innumerevoli pazienti in tutto il mondo. A livello medico, si tratta di un’infiammazione dell’appendice, ovvero di una formazione tubolare che fa parte dell’intestino crasso. Essa rappresenta una delle cause più frequenti di dolore addominale ma, per quanto possa sembrare strano, formulare una diagnosi corretta e le conseguenti indicazioni terapeutiche non risulta ancora del tutto semplice.
Non si sa senza margine di dubbio quale sia la funzione dell’appendice, ma un’ipotesi è che si tratti di un organo linfatico che influenza il sistema immunitario nei primi anni di vita. L’altra ipotesi, più verosimile, è che l’appendice rappresenti semplicemente i resti dell’intestino primitivo.
In moltissimi casi, in presenza di appendicite è necessario ricorrere all’intervento chirurgico. In tempi passati si usava anche la cosiddetta ‘appendicectomia profilattica’ come per le tonsille, giacché si pensava che asportare queste strutture linfatiche avrebbe scongiurato il rischio di sviluppare appunto appendiciti e tonsilliti. Oggi non si fa più ma, in caso di appendicite acuta, si propende comunque a operare chirurgicamente per svariate motivazioni. Innanzitutto, si tratta di un intervento semplice, eseguibile anche per via laparoscopica. In secondo luogo, le recidive sono frequenti e le aderenze infiammatorie possono arrivare a compromettere la gravidanza nelle donne.
Anatomia dell’appendice
Collocata nell’addome inferiore destro, l’appendice è il prolungamento di forma cilindrica della parte iniziale dell’intestino crasso, il cieco, di cui ha la stessa struttura anatomica
Ha misure variabili, circa 7 millimetri di larghezza e fino a 20 centimetri in lunghezza.
La sua funzione è quella di fornire, al sistema digestivo, batteri “buoni” in caso di disfunzioni in quanto particolarmente ricco di tessuto linfoide.
Cause dell’appendicite e relativi sviluppi
L’appendicite si presenta pe via dell’ostruzione del lume dell’appendice, la quale può essere causata da svariati fattori. Tra questi, citiamo l’accumulo di muco nel lume o la presenza di residui di alimenti, o ancora l’aumento di volume dei follicoli linfatici che la circondano.
In un primo momento, l’infiammazione provoca un rigonfiamento dell’appendice che, nel caso non si intervenga con farmaci adeguati, può evolvere verso la formazione di pus. Qualora il processo infiammatorio prosegua ulteriormente, si può verificare la perforazione dell’appendice. Il tutto accade nell’arco di 24/36 ore ma, in età infantile, succede in modo molto più rapido. Il peritoneo, che è la sottile membrana che avvolge tutti gli organi addominali, si infiamma dando luogo alla cosiddetta peritonite.
Nel caso di bambini, sono da evitare i farmaci antidolorifici, i quali alleviano senz’altro la sofferenza, ma possono precludere al medico la possibilità di fare una diagnosi corretta. In ogni eventualità, prima di somministrare farmaci antidolorifici è opportuno che il paziente venga prima visitato da un dottore. La persistenza di dolore con febbre, nausea e vomito sono sintomi tali da indicare il ricorso al più vicino pronto soccorso.
I sintomi e la diagnosi dell’appendicite
La diagnosi dell’appendicite è un fatto clinico, ma che riguarda anche esami di laboratorio e radiologici (come la TAC e l’ecografia). Clinicamente, è possibile riconoscere il dolore da appendicite (il cosiddetto punto appendicolare o di McBurney) e problematiche correlate. Il dolore addominale è accompagnato da nausea e vomito, poi compare la febbre. Nelle forme più severe, subentrano i sintomi della peritonite: il paziente non riesce a camminare, sentendo un dolore irradiato alla gamba destra, è pallido, ma anche ipoteso e sudato e riesce a stare sdraiato solo ed esclusivamente in posizione supina. La diagnosi, in presenza di questo quadro clinico, si completa rapidamente in pronto soccorso con esami del sangue ed ecografia.
La terapia dell’appendicite acuta
Le forme non complicate di appendicite possono essere trattate con la sola terapia antibiotica, ma decidere se intervenire o meno resta una decisione complessa. Le appendiciti cosiddette “complicate” sono patologie infiammatorie intra-addominali che abbisognano di una terapia chirurgica e antibiotica in contemporanea. Nei fatti, però, le sfumature sono tante e non di rado si sperimenta il rapido passaggio da una forma non complicata a una complicata. Nell’arco di poche ore si può cioè passare da un lieve edema dell’appendice a un’appendicite perforata e molto grave, che può sfociare in peritonite. Per questo è più che mai necessario prenderla in tempo e fare valutare la situazione a un medico.
Le nuove linee guida consigliano l’uso di antibiotici invece del bisturi nei pazienti non complicati anche se, secondo recenti stime, un paziente su quattro ripresenterà i medesimi sintomi nell’arco di un anno. Nelle donne in gravidanza si procede a prescindere con l’intervento chirurgico.
Gli antibiotici più usati per via endovenosa sono amoxilicillina, acido clavulanico e metronidazolo. Dall’efficacia del controllo della contaminazione intra-addominale dipenderà la durata del trattamento. In caso di intervento ‘pulito’ gli antibiotici possono essere sospesi dopo 24 ore, mentre nelle forme più complesse la terapia va proseguita per almeno due/quattro giorni.
In caso di appendicite complicata, non si può attendere, ma bisogna intervenire immediatamente. L’appendicectomia laparoscopica offre maggiori vantaggi rispetto all’intervento tradizionale, pur avendo una durata maggiore. Essa causa meno dolore postoperatorio, meno complicanze infettive e permette al paziente di tornare a casa prima. Inoltre, non lascia cicatrici importanti, in quanto viene eseguita attraverso piccole incisioni da cui si introducono gli strumenti chirurgici che consentiranno al chirurgo di compiere gli stessi gesti della chirurgia tradizionale.
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La redazione – Chiara Zanetti
FONTI: W. J. Bom, J. C. G. Scheijmans, P. Salminen, and M. A. Boermeest, Diagnosis of Uncomplicated and Complicated Appendicitis in Adults