Incontinenza urinaria: cosa fare

Focus

Con il termine incontinenza urinaria si intende l’involontaria perdita di urine tale da creare un disagio psicologico e sentimenti di inadeguatezza, imbarazzo e vergogna in chi ne soffre, con ripercussioni e forti limitazioni sul suo stile di vita. Può interessare entrambi i sessi anche se con cause diverse. Se nella donna può presentarsi già dopo la prima gravidanza spontanea ed in genere correlabile ai processi di invecchiamento fisiologico, nell’uomo è quasi strettamente secondaria ad intervento chirurgico.

La differenza è strettamente correlata alla diversa anatomia della pelvi nei due sessi. Nella donna infatti, l’uretra è più corta, con una lunghezza variabile dai 2 ai 5cm circa rispetto ai 15-20 cm nell’uomo, e il corretto funzionamento è determinato non solo dalla competenza sfinteriale, ma soprattutto dai rapporti con vagina, utero e retto e loro legamenti di sospensione.

Per dare un peso al problema ricordiamo che l’incidenza di incontinenza urinaria femminile è del 20-30% nella fascia giovanile e 30-40% nella fascia di mezza età, dal 30-50% nella categoria degli anziani.  Se durante il parto i muscoli del pavimento pelvico e del perineo risultano meno tonici a causa della progressione della testa del bambino lungo il canale, che determina un incremento della distanza tra ano e vulva con conseguente perdita di tonicità e di contrattilità, possibile causa di incontinenza, con la menopausa si verifica una perdita di tono di tutti i tessuti ormono sensibili compresi i legamenti di sostegno determinando la comparsa di prolasso perineale (vescica, utero, retto).

L’incontinenza maschile è più strettamente correlata ad interventi di prostatectomia radicale (10-15% circa) e, seppur con percentuale minore o transitoria, anche dopo interventi eseguiti per patologie benigne con TURP, TUVAP, HOLEP o APTV.

Le tre diverse tipologie di incontinenza urinaria:

  • da sforzo, quando la perdita di urina avviene durante uno sforzo fisico (starnuto, colpo di tosse), nell’uomo è dovuta a deficit di chiusura secondaria a chirurgia demolitiva sulla prostata, in caso di lesione di nervi o dei meccanismi sfinteriali uretrali, nella donna può essere dovuta a deficit sfinterico, a dislocazione del collo vescicale oppure ad entrambe le cause.
  • Da urgenza, quando la perdita di urina è associata a un forte desiderio improvviso ed impellente di urinare. Può essere dovuta ad iperattività del detrusore o a ipersensibilità vescicale oppure a condizioni infiammatorie.
  •  Incontinenza urinaria mista: può manifestarsi sia per sforzo e sia per urgenza.

La storia clinica del paziente ed un attento esame obiettivo urologico/uro-ginecologico sono i primi strumenti che consentono la formulazione di una diagnosi preliminare. Potranno essere richieste indagini complementari di base quali un esame delle urine per verificare la presenza di infezioni; una ecografia dell’addome per valutare il completo svuotamento vescicale; l’esame urodinamico, un esame funzionale che ha il fine di riprodurre le fasi di riempimento (compliance detrusoriale), stoccaggio (stabilità detrusoriale e competenza sfinterica) e svuotamento vescicale (sinergia sfintero detrusoriale, possibili ostruzione a carico del collo vescicale) e comprendere possibili alterazioni di una di questi tre funzioni.

Altro importante strumento è rappresentato dal diario minzionale, ovvero la registrazione giornaliera estesa ad un’intera settimana del numero e volume delle minzioni spontanee, del numero e volume perdite correlate al tipo di attività eseguita in quell’istante (pesatura del pannolino). Il fine di quantificare le perdite è quello di personalizzare il trattamento per ottenere il massimo del risultato. Una ulteriore classificazione dell’incontinenza vede una stratificazione a seconda del volume di urine perse nell’arco della giornata: media (volume <200ml), moderata (volume compreso tra 200 e 400ml), severa (volume >400ml).

Le opzioni terapeutiche sono molteplici, innanzitutto la riabilitazione del piano perineale, attuabile in entrambi i sessi per migliorare il tono della muscolatura perineale e sfinteriale con gli esercizi di Kagel, il biofeedback o l’elettrostimolazione. Il trattamento farmacologico consente di ridurre la contrattilità della vescica come in caso di vescica neurologica, instabile o dissinergica. In questi casi anche la tossina botulinica vede ampia applicazione e in taluni casi può essere efficace nell’incontinenza maschile dopo intervento chirurgico.

La terapia ormonale estrogenica sostitutiva, per os o trans vaginale, può essere suggerita alle donne che hanno raggiunto la menopausa per aumentare il tono muscolare della zona cervico-uretrale, così come l’utilizzo di integratori tipo l’acido ialuronico. In tutto questo non deve essere sottovalutato lo stile di vita, soprattutto per quanto riguarda la prevenzione primaria, quindi la perdita di peso, la regolarizzazione dell’alvo, o rivalutazione di alcuni farmaci potenzialmente causa di incontinenza.

Quale tecnica utilizzare?

Per quanto riguarda l’aspetto chirurgico della correzione dell’incontinenza urinaria, questa viene personalizzata a seconda del grado di incontinenza nell’uomo, mentre nella donna si valuta prevalentemente il grado di dislocazione dell’uretra, del collo vescicale e/o il contemporaneo prolasso di organi attigui. In tal caso, il fine dell’intervento chirurgico è quello di stabilizzare l’uretra e innalzarla, così da ristabilire i suoi normali rapporti anatomici. La tecnica più funzionale al caso specifico andrà sempre valutata dal chirurgo urologo e/o ginecologo ed in genere prevede l’applicazione di sling, retine in prolene che vengono applicate per via trans vaginale. Nell’uomo invece si parla di sling in caso di incontinenza media/moderata e di sfinteri artificiali, se severa, e la loro applicazione prevede in genere un accesso transperineale.

Dott. Giacomo Piero Incarbone

 

Condividi su