Quando-Perchè-Come intervenire sulla Malattia Varicosa

Focus

Molte persone mi hanno inviato un e-mail per meglio comprendere il problema del trattamento delle Varici. Mi hanno colpito in particolare le considerazioni sul rapporto tra COSTI e SALUTE e in tanti hanno chiesto come mai questi concetti non siano ancora diventati “realtà”.

La risposta è complessa e implica considerazioni che riguardano la politica, certi interessi, la scarsa competenza e professionalità nei riguardi di questa patologia: così comune e frequente che tutti credono di saper e poter trattare nel modo migliore.

                                                         Cominciamo con ordine:

Quando trattare le varici?

Partiamo dalla prima fondamentale considerazione: la malattia varicosa è una malattia cronica ed evolutiva. Nessun trattamento è in grado di prevenirne la sua  ricomparsa, che a 10 anni  sfiora il 45-55 %. Di conseguenza, è corretto non ragionare più in termini di radicalità assoluta, ma nei termini di  scelta di un intervento meno traumatico ed invasivo per il paziente.

Il fatto che le varici possano ricomparire non giustifica assolutamente il fatto che non vadano trattate!

Le varici diventano sintomatiche nel momento in cui il sangue non riesce più a tornare verso il cuore in modo “emodinamicamente” corretto e, ristagnando nella gamba, comincia a creare peso, edema, stanchezza, prurito, bruciore, senso di tensione, dolore. In questi pazienti, esclusa la presenza (peraltro frequente) di altre patologie che possono simulare questi sintomi, diventa necessario intervenire.

Perché?

Perché, altrimenti, si rischia di andare in contro alle complicanze: le prime, più “banali”, come gli eczemi varicosi che si risolvono rapidamente con pomate al cortisone, ma, a seguire, troviamo quelle più temibili quali le Varicoflebiti, le Ulcere, le Rotture spontanee. Quindi di fronte ad una malattia Varicosa “sintomatica” è giusto e doveroso che il paziente si faccia vedere da un flebologo e inizi con lui l’iter terapeutico più appropriato. Infatti, oltre alla patologia flebologica bisogna valutare molti altri fattori: lo stile di vita, il tipo di lavoro, le altre malattie ( se presenti) l’obesità….

Non esiste la malattia, esiste il malato!

Abbiamo stabilito il Quando, abbiamo spiegato il Perché ora affrontiamo il Come.

Il primo supporto terapeutico semplice e facile da utilizzare , assolutamente efficace, è la Calza Elastica, seguita dai farmaci “Flebotonici” , di grande aiuto ma che non possono entrare in concorrenza con questo eccellente rimedio. Un soggetto varicoso, nel momento in cui indossa una “corretta” contenzione elastica (non quella comprata al supermercato e/o consigliata dell’amica), si trova nella medesima situazione di un soggetto a cui sia stata eliminata la malattia varicosa, in quanto la “giusta” calza fa “scomparire” le vene dilatate e riporta la circolazione ad una fisiologica “normalità”. Certo, all’inizio è faticoso indossarle, esteticamente non sono il …massimo…ma sono un arma ineliminabile nel percorso terapeutico di un paziente che soffre di insufficienza venosa. La calza elimina la sintomatologia, previene le complicanze, rallenta l’evoluzione, ma certamente non può eliminare la malattia.

Quindi, una volta stabilita la necessità di intervenire, lo specialista flebologo  eseguirà  solo in quel momento  un Ecocolordoppler in cui si andrà a cercare, innanzitutto, la continenza delle 3 valvole Fondamentali (sono sicuro che nessuno di voi le troverà descritte in un  Ecocolordoppler venoso già eseguito!!!!), oltre ai  vari tipi di reflusso: la Valvola Femorale, che determina la situazione del circolo profondo, le Valvole Terminali e Preterminali dalla safena all’inguine, su cui si “gioca” tutta la decisione terapeutica.

Sono concetti molto specialistici, su cui non voglio annoiarvi, ma solo sottolineare che se il referto di un Ecocolordoppler Venoso non riporta questi parametri e non li segnala correttamente è un esame che non avrà alcun valore e non servirà certo per decidere il proseguo della terapia. Se il paziente è sintomatico, le valvole safeniche sono incontinenti ( lasciano che il sangue “torni in dietro, sono come delle guarnizioni che non tengono…), allora bisogna intervenire.

 Come?

Con tutti i metodi che mi permettono di ottenere il risultato desiderato ( eliminare il tronco safenico non più utilizzabile e fonte di ristagno) in modo sicuro, mini invasivo che permetta un ritorno immediato alle normali attività. Oggi, la chirurgia non è più la prima scelta, tranne nei casi in cui certe situazioni anatomiche ( grandezza della safena, tortuosità, complessità della malattia varicosa…) la rendono unica per risolvere il problema. In tutte le altre situazioni bisogna ricorrere alle tecniche termoablative (laser-radiofrequenza-vapore…)

o alla Scleroterapia che, se in mani esperte, diventa la metodica più semplice e di rapida esecuzione.

Dov’è il problema? Il problema è che, attualmente le realtà pubbliche non forniscono queste opportunità per un errato concetto (ben descritto nel precedente articolo!) di maggior costo economico.

Per questo motivo le proposte di tali trattamenti vengono solo da realtà private e se per la scleroterapia il discorso è economicamente accettabile per le altre tecniche è estremamente elevato. Personalmente, sto lavorando ad un progetto che potrebbe risolvere questo problema attraverso la creazione di  un Centro di Eccellenza Flebologico pubblico, per tutti i pazienti affetti da malattie delle Vene.

Dott. Antonio Tori

Dott. Antonio Tori

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