Ospemifene: la nuova “prima linea” contro l’atrofia vulvo-vaginale

L’innovativo farmaco utilizzato dalle donne in post-menopausa per combattere i sintomi  causati dall’atrofia vulvovaginale.

Quando assumerlo, qual è la sua efficacia e la tollerabilità.

Atrofia vulvo-vaginale, cos’è e quando si manifesta?

Si tratta di una condizione che si può presentare nella donna a causa del calo dei livelli di estrogeni (gli ormoni femminili prodotti dalle ovaie).

L’atrofia vulvovaginale (AVV) interessa l’apparato genitale femminile, colpendo soprattutto i tessuti che rivestono l’interno della vagina e l’introito (o vestibolo) vulvare.

Nel dettaglio la mucosa vaginale si assottiglia, ne consegue una riduzione della vascolarizzazione e dell’elasticità.

Il pH vaginale aumenta e i lactobacilli diminuiscono, provocando così una condizione di minor difesa, che può facilitare lo sviluppo di infezioni o contaminazioni vaginali da parte di altri germi, ad esempio intestinali.

I lattobacilli sono infatti considerati dei batteri “buoni”, la cui presenza protegge la mucosa vaginale:  ecco perché la loro carenza espone a stati infiammatori il tessuto.

I tessuti in questione si infiammano anche perché durante la menopausa si ha una diminuzione fisiologica della lubrificazione, che porta alla comparsa di varie irritazioni genitali, che si accentuano durante i rapporti sessuali.

Questa situazione si presenta in molte donne nel periodo dopo la menopausa, e statistiche evidenziano che in Italia una donna su due ne è colpita.

L’atrofia vulvo-vaginale può apparire però anche in donne in cui gli estrogeni siano ridotti, a prescindere dall’età, a causa di cure mediche (soprattutto chemioterapie o ormonoterapie oncologiche) o dopo l’ intervento di asportazione delle ovaie (ovariectomia bilaterale).

Le conseguenze dell’atrofia vulvo-vaginale possono avere un impatto molto invalidante per la donna, in particolar modo dal punto di vista sessuale, creando spesso situazioni di difficoltà relazionale. Possono però esserci anche sintomi che colpiscono la Paziente a prescindere dall’attività sessuale, come ad esempio la presenza di cistiti ricorrenti.

I sintomi dell’atrofia vulvo-vaginale

I sintomi vengono avvertiti dalla donna ad una distanza di tempo variabile dopo l’inizio della menopausa, da 1 a 5 anni, e non tutte le donne vengono colpite allo stesso modo.

Alcune avvertono più sintomi rispetto ad altre.

La menopausa interrompe lo stimolo ormonale proveniente dalle ovaie, questo porta a disturbi vaginali con possibili sintomi, più o meno gravi nel tempo.

I sintomi che si possono manifestare sono:

  • secchezza vaginale
  • prurito intimo
  • bruciore
  • dolore durante i rapporti sessuali (dispareunia)

ed anche sintomi urinari tra cui:

  • bruciore durante la minzione
  • bisogno di urinare spesso
  • difficoltà nel trattenere l’urina
  • cistiti (infezione del tratto urinario)

L’atrofia vaginale causa una importante perdita di lubrificazione e di elasticità dei tessuti vaginali e quindi un danno nella loro funzionalità, e queste situazioni causano non pochi problemi alla donna durante l’atto sessuale.

Queste sono le conseguenze fisiche di questa patologia, ma non bisogna sottovalutare anche i disagi psicologici che la donna può accusare, causati dalla difficoltà di condurre le proprie faccende giornaliere e dalle difficoltà anche di ordine psicologico nel non poter avere rapporti intimi sereni con il proprio partner.

La vaginite atrofica è curabile oggi con vari approcci, spesso da integrare fra loro e da modulare nel tempo sotto consiglio del proprio ginecologo, con il quale è molto importante poter stabilire un dialogo aperto manifestando senza timori o vergogna i sintomi che si vanno accusando, al fine di poter intraprendere il percorso di cura più adatto.

Trattare l’atrofia vulvo-vaginale

Per il trattamento di questa patologia la paziente deve necessariamente rivolgersi al proprio ginecologo, il quale valuterà la terapia adatta.

Il primo livello di aiuto è dato dall’impiego di idratanti e lubrificanti vaginali, ma si possono prendere in considerazione molte ulteriori terapie, come quelle ormonali (locali o sistemiche), ed anche trattamenti non farmacologici come ad esempio con le sedute di laserterapia e radiofrequenza.

Una importante novità nell’ambito dei farmaci a disposizione del Ginecologo per trattare le Pazienti colpite da Atrofia Vulvo Vaginale è stata poi l’introduzione dell’Ospemifene.

L’Ospemifene è un principio attivo che appartiene alla categoria dei modulatori selettivi dei recettori per gli estrogeni (S.E.R.M.), in praticaè una molecola capace di agire come estrogeno solo in alcuni tessuti (in particolare quelli vulvo-vaginali), ma senza esercitare una azione ormonale a carico di altri (come il seno o l’utero), portando quindi ad abbinare un’ottima efficacia con una elevata sicurezza.

Il medicinale è somministrato per via orale, e richiede la prescrizione del medico.

Recentemente, proprio grazie alle ottime qualità di efficacia e sicurezza dimostrate, l’Ospemifene è stato classificato a livello internazionale come il farmaco di prima scelta per il trattamento dell’atrofia vaginale e vulvare.

L’efficacia dell’Ospemifene: cosa c’è da sapere

La terapia con Ospemifene ha dimostrato di poter portare grande sollievo alle Pazienti colpite da secchezza vaginale ed al miglioramento di altri sintomi tipici dell’atrofia vaginale, grazie, come abbiamo detto, alla stimolazione selettiva dei recettori estrogenici che il farmaco induce in alcuni, ma NON in tutti, tessuti dell’organismo.

L’efficacia massima viene raggiunta in genere entro 3 mesi dall’avvio della terapia, che va però protratta perché, come per qualunque altro trattamento per l’atrofia vulvo-vaginale, non può modificare la causa di fondo del problema (la carenza di estrogeni) e mantiene quindi la sua efficacia solo fintanto che viene proseguita.

La specifica capacità di modulare la propria azione in modo selettivo, evitando ad esempio qualsiasi effetto estrogenico a livello mammario, ha portato all’approvazione del trattamento con Ospemifene anche nelle Pazienti con una storia di pregresso tumore della mammella, a condizione solo di aver già completato le cure oncologiche.

Si tratta quindi di una importante opportunità per il recupero del benessere completo, anche nell’ambito sessuale e della vita di coppia, che possiamo offrire a giovani Pazienti trattate per tumori mammari e alle quali non è possibile somministrare terapie ormonali a causa della patologia di base.

Anche dal punto di vista metabolico gli studi clinici hanno evidenziato un ottimo profilo di sicurezza dell’Ospemifene, che può pertanto essere impiegato, previa attenta valutazione dello Specialista Ginecologo, in una ampia varietà di condizioni.

Tra i pochi eventi avversi possibili è riportata la comparsa, o il peggioramento, dei sintomi vasomotori tipici della menopausa (le cosiddette “caldane”). Si tratta però di un elemento non pericoloso, ed in ogni caso presente in una minoranza delle Pazienti trattate.

Conclusioni

In definitiva, quindi, possiamo affermare che l’Ospemifene rappresenta una nuova importantissima possibilità terapeutica per un problema assai diffuso come la Atrofia Vulvo-Vaginale, e costituisce oggi la prima scelta farmacologica per le Pazienti affette da questo disturbo. Rimane però fondamentale l’inquadramento clinico completo da parte dello Specialista Ginecologo per escludere potenziali controindicazioni alla cura e per valutare in modo corretto non solo la diagnosi di Atrofia Vulvo-Vaginale, ma anche l’eventuale necessità di integrare il percorso di cura con approcci complementari.

Dr. Stefano Fracchioli – Medico Ginecologo a Torino

SI PREGA DI INDICARE IL PROPRIO NOME E QUELLO DEL DESTINARIO DELLA RICHIESTA.

Le richieste saranno inoltrate al medico o professionista sanitario il quale risponderà direttamente. DossierSalute.com non è responsabile di tardive o mancate risposte.

Condividi su