Mastoplastica additiva: cos’è, come si esegue, tipologie di protesi e decorso post operatorio

L’intervento di mastoplastica additiva è, ad oggi, una delle procedura maggiormente richieste dalla popolazione femminile che si approccia alla chirurgia plastica.

L’evoluzione tecnica che ha accompagnato questo intervento consente oggi di definirlo un atto sicuro in ogni suo aspetto.

A condizione ovviamente che venga eseguito da professionisti del settore, ossia da chirurghi specializzati in chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica, in adeguate strutture sanitarie e con protesi ad alta qualità.

Mastoplastica additiva: cos’è

La mastoplastica additiva è un tipo di intervento in cui la personalizzazione è essenziale, e quindi ciascuna paziente viene valutata nella sua unicità, letteralmente “cucendo” su ogni singola donna il risultato più adeguato.

Così da garantire il massimo della soddisfazione e un esito finale capace di esaltare a pieno la femminilità della paziente.

Il continuo aumento dell’attenzione alla cura del corpo, alla ricerca del dettaglio e al perfezionamento delle proprie forme porta donne di ogni età a valutare l’eventualità di un intervento di mastoplastica additiva.

Proprio in virtù delle enormi differenze che si possano riscontrare in fase di visita – dal punto di vista fisico, psicologico e di percezione dell’immagine corporea – risulta assolutamente fondamentale valutare adeguatamente e individualmente ogni singola paziente, al fine di saperla guidare nel fare la scelta migliore e talora, anche al fine di capire se davvero l’intervento possa essere indicato.

Come si esegue?

Non esiste una sola e unica “strada corretta” per raggiungere il risultato migliore possibile: a seconda delle condizioni di partenza, dei desideri della paziente, nonché dell’esperienza tecnica del chirurgo, esistono molteplici strade da poter percorrere per arrivare insieme all’esito finale.

Pensare che la paziente possa orientarsi autonomamente in queste scelte, molto spesso meramente tecniche, è sbagliato e talora impossibile, e ciò rende fondamentale il lavoro del medico nel sapere scegliere “con” la paziente (e non “per” la paziente) la strada migliore possibile in ogni singolo caso, motivando ogni decisione, tecnica o no che questa sia.

Le più importanti decisioni da prendere preventivamente sono:

  • tipo di anestesia da eseguire (generale o sedazione profonda)
  • regime in cui eseguire l’intervento (ricovero o day hospital)
  • tipo di incisione (areolare o sottomammaria)
  • Il piano in cui posizionare la protesi (sottoghiandolare o sottomuscolare)
  • La tipologia di protesi da inserire (tonde, anatomiche o ergonomiche)
  • Il posizionamento o meno dei drenaggi.

Risulta poi fondamentale tanto quanto la corretta esecuzione dell’intervento, anche la scrupolosa attenzione a seguire tutte le indicazioni mediche nel periodo postoperatorio, garantendo visite seriate sino a completa guarigione e – successivamente – almeno una volta all’anno.

Mastoplastica additiva: il tipo di anestesia

La premessa fondamentale consiste nell’affermare che nessuna paziente può né deve essere sottoposta a un intervento (di qualunque genere) prima che si sia affrontato un ampio check up delle condizioni generali della paziente (esami ematici, elettrocardiogramma, RX torace, visita cardiologica, nonché tampone nasale in questa fase storica) e delle condizioni locali della stessa (ecografia mammaria e mammografia).

Solo dopo essersi accertati che le condizioni della paziente siano assolutamente favorevoli all’intervento, sarà possibile procede all’organizzazione di quest’ultimo.

L’intervento di mastoplastica additiva è storicamente eseguito in anestesia generale, per “comodità” della paziente, del chirurgo e dell’anestesista.

Si è sempre trattato di un regime anestesiologico sicuro e adeguato, ma – soprattutto negli ultimi anni – con l’avanzamento delle tecniche sia chirurgiche sia anestesiologiche, è diventato spesso possibile procedere con un regime anestesiologico più “leggero” (ma non per questo meno sicuro) ossia in sedazione profonda.

L’obiettivo di una anestesia ben eseguita deve sempre essere l’assoluta assenza di dolore e di fastidi in corso di intervento, indipendentemente da come questa venga eseguita, ma se si può trovare un vantaggio nella sedazione profonda, è sicuramente quello di un recupero più rapido al termine dell’intervento.

Non tutti i casi e non tutte le pazienti consentono di poter eseguire l’intervento in tali modalità, e quindi ogni singola e specifica valutazione sarà effettuata preventivamente dall’anestesista insieme al chirurgo.

Ricovero o day hospital ?

Proprio l’allargamento degli orizzonti anestesiologici ha anche concesso a chirurghi e pazienti di poter modificare negli anni il regime in cui eseguire l’intervento.

Se un tempo si riteneva “obbligatorio” il fatto di mantenere ricoverata la paziente la prima notte dopo l’intervento, a oggi è possibile pensare di dimettere la paziente in serata in assoluta serenità, ovviamente solo in casi specifici e preventivamente valutati, senza che ciò possa compromettere la buona riuscita finale dell’intervento.

Fermo restando che molto spesso la degenza notturna possa fornire un senso di maggiore sicurezza alla paziente, la modalità “day hospital” consente alla paziente di poter beneficiare delle comodità di casa propria (sicuramente più accogliente rispetto a una clinica ospedaliera) già dalla prima notte postoperatoria.

L’Incisione

Anche in questo caso si apre una serie di infinite valutazioni possibili.

Molto spesso la paziente arriva in visita con determinate idee – magari scaturite da parole riferite da altre pazienti, da amiche o da social – che poi vengono stravolte in corso di visita.

Anche tra chirurghi questo tipo di argomento determina notevoli discussioni tecniche, ma anche in questo caso la realtà è che non esiste l’incisione giusta o sbagliata, l’incisione bella o brutta, quella che guarisce bene o male.

 Sarà l’esperienza tecnica di ogni singolo chirurgo a guidare la paziente verso la scelta migliore, sulla base soprattutto delle condizioni di partenza della paziente.

Ciò che è indubbiamente vero (e qui si configura l’unico caso di una incisione che non deve essere presa in considerazione) è che – nel momento in cui si verifichi la necessità di procedere anche a un sollevamento del seno (ossia la cosiddetta “mastopessi”) l’incisione al solco sottomammario è errata, poiché si renderebbe comunque necessaria anche una incisione al margine con l’areola, proprio al fine di garantire l’effetto “risalita”.

L’incisione areolare, molto spesso poco gradita come idea alla maggior parte delle pazienti, è in realtà una incisione che – se eseguita a dovere – lascia il minor segno possibile, senza determinare riduzioni della sensibilità del capezzolo e nascondendosi perfettamente tra il colore scuro dell’areola e il colore chiaro della cute.

L’incisione al solco sottomammario ha il grande vantaggio di essere da subito nascosta, ma solo chirurghi esperti sanno programmarne preventivamente la corretta posizione, nonché la corretta lunghezza e gestione postoperatoria.

Si cita anche l’incisione ascellare, che tuttavia è ormai in disuso e generalmente poco gradevole dal punto di vista estetico.

Sottoghiandolare o sottomuscolare

Negli anni le indicazioni sono abbondantemente cambiate anche da questo punto di vista.

Se un tempo era preferito il posizionamento sottoghiandolare (e quindi sopramuscolare), oggi il “piano” preferito è quello sottomuscolare.

Si specifica come il piano sottomuscolare vero e proprio, tuttavia, sia del tutto in disuso, e che la maggior parte dei chirurghi scelta il cosiddetto piano “dual plane”, ossia una sorta di piano sottomuscolare parziale, il quale garantisce da un lato naturalezza e dall’altro stabilità di risultato nel tempo.

Ma come fare a capire quale sia il piano giusto?

La realtà è che – a oggi – il piano sottoghiandolare può essere selezionato (con garanzia di risultato naturale da ogni punto di vista) solo in caso di donne con un seno già “pieno”, con un buon volume di partenza e che richiedano un aumento piccolo/moderato.

 Il fatto di posizionare una protesi grossa su un seno piccolo e coperta solo dalla ghiandola, determinerebbe infatti una importante visibilità e palpabilità dell’impianto protesico.

Ciò non toglie che il recupero nel postoperatorio con una protesi sottoghiandolare sia sicuramente più rapido rispetto al più classico piano dual plane.

Il piano sottomuscolare infatti determina sicuramente un aumento del dolore postoperatorio  per le prime 48-72 ore, ma garantisce come detto un risultato più naturale, più stabile nel tempo, meno visibile. 

Mastoplastica additiva: le  tipologie di protesi

Sfatiamo un ennesimo “mito”: il caro vecchio concetto per il quale la protesi anatomica (a goccia) determini un risultato sempre naturale e la protesi tonda un risultato “fake” è del tutto da abbandonarsi.

Oggigiorno è possibile garantire risultati super naturali e delicati con protesi tonde come con protesi anatomiche, nonché con le nuove protesi ergonomiche, che altro non sono che protesi tonde iper-morbide che, una volta posizionate in sede, si comportano come protesi anatomiche.

La protesi tonda (come quella ergonomica) è la più morbida possibile sul mercato, mentre la protesi anatomica, proprio per mantenere tale aspetto “a goccia”, contiene un gel a coesività maggiore, e quindi parzialmente più rigido.

La scelta della protesi quindi può effettivamente determinare la naturalezza o meno del risultato, sebbene non sia necessariamente la forma della protesi stessa a influire sul risultato, ma la distribuzione del suo gel, la disposizione delle misure (altezza, larghezza, proiezione) nonché la sua coesività.

Infine, si sottolinea come anche il parallelismo tra ampio volume e risultato innaturale sia al giorno d’oggi da abbandonarsi.

Se rimane ovviamente vero che inserire una protesi molto voluminosa su una paziente molto magra e con uno scarso volume di partenza porti pressoché certamente a un risultato “finto”, è anche vero che, in casi iperselezionati, con un buon volume di partenza e le giuste condizioni anatomiche, è possibile anche ottenere risultati voluminosi ma senza compromettere la naturalezza.

In questa scelta come in tutte le altre, è davvero fondamentale un adeguato colloquio con il chirurgo, al fine di capire quali possano essere le protesi migliori per ogni paziente, considerando non solo l’età e le condizioni di partenza, ma anche il tipo di attività lavorativa e fisica ogni singola donna svolge nel suo quotidiano.

Mastoplastica additiva: i drenaggi

La maggior parte dei chirurghi continua a preferire, per questioni di sicurezza, il posizionamento di un piccolo drenaggio per lato, da mantenere solo per la prima notte dopo l’intervento.

Se è vero che il fatto di non posizionare i drenaggi aumenta la sensazione di confort per la paziente per la prima notte, è anche vero che nei rari (ma comunque presenti) casi di complicanze postoperatorie, la presenza del drenaggio aumenta la possibilità di autorisoluzione del problema senza necessariamente procedere a reinterventi.

 Il fastidio correlato alla presenza di drenaggi per la prima notte è davvero minimo, e anche la credenza “popolare” che togliere i drenaggi rappresenti un momento doloroso è oggigiorno da abbandonare.

Decorso postoperatorio, ripresa dell’attività, sport, controlli e garanzie nel tempo

È assolutamente fondamentale la corretta adesione a un rigido protocollo postoperatorio, in particolare durante la prima settimana ma comunque durante tutto il primo mese.

Si può affermare che, se la metà della buona riuscita dell’intervento è da attribuire al gesto tecnico in sala operatoria, la seconda metà della strada per un ottimo risultato finale è senza alcun dubbio da attribuirsi a una corretta gestione a casa e durante le medicazioni del primo mese postoperatorio.

In genere un giorno dopo l’intervento vengono rimossi drenaggi e medicazioni, applicando uno specifico reggiseno con indosso il quale la paziente può fare la doccia, pur rispettando un riposo assoluto per i primi 2-3 giorni, che sono quelli in cui può essere presente un dolore moderato, in ogni caso trattabile con la terapia prescritta dal chirurgo specificamente per ogni paziente.

Con il proseguire della prima settimana, una vita quotidiana e “domestica” può essere svolta in quasi assoluta serenità, pur evitando qualunque tipo di sforzo fisico.

Dopo la seconda medicazione, in genere una settimana dopo l’intervento, la vita quotidiana lavorativa può essere ripresa, soprattutto se trattasi di un lavoro d’ufficio, seppur con adeguate attenzioni a non sollevare carichi, pesi ed effettuare attività fisica.

Lo sport moderato/leggero può essere infatti ripreso in 15-20 giorni (previa lasciapassare del proprio chirurgo) e lo sport intenso in 30-40 giorni, periodo dopo il quale anche lo specifico reggiseno postoperatorio può essere abbandonato.

Mastoplastica additiva: conclusioni

Ad oggi si afferma con certezza come le protesi di nuova generazioni abbiano una garanzia a vita (seppur non necessariamente ciò significhi non avere mai bisogno di un “cambio”), il ché vuol dire dimenticarsi i vecchi e famosi tagliandi decennali, le scadenze programmate, la necessità assoluta di cambiare gli impianti.

 Certo è che – come un seno naturale – il risultato invecchia con il tempo, esattamente come dovrebbe fare un seno non operato.

I controlli clinici ed ecografici non solo non sono preclusi dalla presenza delle protesi, ma sono semmai “obbligatori”, non solo per prevenzione come ogni tipo di donna, ma anche per controllare lo stato delle protesi annualmente.

Si deduce da tutto ciò come tale tipo di intervento possa essere considerato il termine di un lungo processo decisionale che deve essere concordato tra la paziente e il chirurgo, che possa garantire non solo il risultato migliore possibile, ma anche e soprattutto il profilo di sicurezza assoluto per ogni donna.

“Operare” una paziente, una ragazza, una donna, non significa eseguire l’atto chirurgico e non sapere più nulla una volta avvenuta la guarigione, ma prendersi cura della paziente stessa per tutta la vita, nonché dei suoi dubbi, del percorso di vita che farà, delle fasi di gravidanza e allattamento, al fine di garantire la propria presenza a lungo termine e non solo nei mesi dopo l’intervento.

Dr. Guido Cornegliani – Chirurgo plastico

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