Alcune patologie sono spesso “maltrattate”, in particolare perché chi ne è affetto inizia a chiedere parere e conforto prima ai familiari, poi agli amici, poi al farmacista… Solo quando i sintomi diventano “insopportabili”, senza che un’adeguata soluzione sia stata trovata, si rivolge al suo medico di famiglia che, non avendo talvolta competenza specifica, gli prescrive una visita specialistica. Morale: spesso passano mesi prima che si arrivi a una diagnosi e a una corretta terapia. La mia esperienza professionale in materia proctologica è piena di queste situazioni, per cui, purtroppo, mi capita di scoprire anche cancri del retto in pazienti che per mesi si sono auto-curati pensando di avere una malattia emorroidaria o una ragade anale.
Veniamo appunto alla ragade anale. Quest’ultima presenta una sintomatologia così “caratteristica” che basterebbe una corretta anamnesi per fare una diagnosi quasi “telefonica”. La ragade anale nulla ha a che vedere con la malattia emorroidaria in quanto è una lacerazione che si verifica sul perimetro del bordo anale a seguito di un episodio di defecazione con il passaggio di feci dure e voluminose (ci sono casi più rari dovuti alla presenza nelle feci di elementi duri, non digeribili, come noccioli di ciliegia, ossicini di rana, eccetera).
Finché il soggetto non va di corpo non avverte alcun disturbo. Quando va a scaricarsi, al momento del passaggio delle feci avverte una fitta dolorosa (più o meno forte a seconda della profondità della lesione)
che sembra scomparire nel giro di pochi minuti, ma che pian piano si ripresenta con un dolore urente che può durare ore!
E’ presente uno stillicidio ematico, generalmente modesto e non certamente paragonabile a quello della malattia emorroidaria. Nel tempo si forma sul bordo anale una escrescenza, sempre scambiata per un’emorroide, che è scientificamente definita “emorroide sentinella”, ma è semplicemente una marisca, cioè una escrescenza fibrosa posta in corrispondenza della ferita che è segno della “vecchiaia” di questa patologia. Il “povero” paziente prova tutte le pomate e supposte antiemorroidarie esistenti al mondo…beneficio = nessuno!
Qualcuno, intuendo di che cosa potrebbe trattarsi, consiglia dei dilatatori a grandezza crescente che sono strumenti di tortura “medievale”, anche se razionalmente la terapia è quella corretta. La ragade, infatti, è una ferita lunga pochi millimetri che non guarisce spontaneamente perché il muscolo sfinterico esterno su cui si trova viene stimolato da questa lesione ogni volta che deve “allargarsi” per il passaggio del materiale fecale. Essendo un muscolo deputato a contenere, inizia a contrarsi (microcontrazioni) causando il dolore. Per eliminare la ragade bisogna dunque togliere questi spasmi facendo “rilassare” il muscolo decontraendolo.
Chirurgicamente questo viene fatto attraverso una sfinterotomia, cosa che personalmente eseguo “raramente” con il laser, dal momento che vi è sempre la possibilità che il paziente possa avere una incontinenza temporanea ai gas anche per qualche settimana. Utilizzo la tecnica di Lord, noto proctologo inglese, che consente attraverso una divulsione (dilatazione manuale o con idoneo strumento) di togliere lo spasmo sfinterico, decontrarre la muscolatura, e far guarire la ragade. Si tratta di un intervento semplice, eseguito in anestesia locale, che arreca un immediato beneficio al paziente, il quale vedrà da subito diminuire nettamente il dolore fino a vederlo scompare definitivamente dopo qualche giorno. Le recidive sono molto rare; è importante che il paziente assuma un regime alimentare corretto che lo aiuti ad avere un alvo “morbido e regolare”, condizione sempre utile per qualunque patologia del tratto digerente.