Trattamento chirurgico mininvasivo della cisti pilonidale

Comitato Scientifico

La cisti sacrococcigea o “Sinus Pilonidalis” (letteralmente: “nido di peli”), cisti pilonidale o Malattia Pilonidale, è una patologia acquisita, causata da una raccolta di peli circondati da reazione infiammatoria del sottocute; è localizzata prevalentemente nel solco intergluteo in regione sacro-coccigea.

Le fistole pilonidali originano dalla ascessualizzazione delle cisti pilonidali e dalla loro apertura all’esterno tramite un orifizio cutaneo, solitamente posto nel solco intergluteo.

Sono più frequenti in giovani maschi dopo la pubertà, di razza bianca, in genere in soggetti molto irsuti.

Le cause di cisti pilonidale

In passato si riteneva che fosse di origine congenita per il residuare di tessuti embrionali o di ghiandole normalmente ancora presenti in alcuni animali.

Oggi invece si ritiene che la causa più probabile sia da attribuire alla penetrazione di peli caduti nei pori cutanei delle ghiandole sudoripare e sebacee.

I peli si raccolgono a formare “nidi” nello spessore del tessuto sottocutaneo (sinus pilonidalis) e creano una reazione infiammatoria da corpo estraneo e quindi una cisti.

L’ipertricosi, la scarsa igiene personale, i traumatismi locali dovuti allo stile di vita (indumenti attillati o rigidi, particolari condizioni lavorative), l’obesità, la vita sedentaria e l’abbondante sudorazione possono favorire l’insorgenza della malattia.

Cisti pilonidale fistolizzata

 

 

La manifestazione di cisti pilonidale

La malattia pilonidale può manifestarsi in 3 modi:

  • Cisti pilonidale: è la fase iniziale, costituita da una piccola tumefazione poco dolente del solco intergluteo che può accompagnarsi a uno o più orifizi cutanei contigui dai quali possono affiorare ciuffi di peli.
  • Ascesso pilonidale: è la fase infiammatoria che insorge per la infezione della cisti da parte dei batteri della pelle che conduce alla formazione della raccolta di pus; la tumefazione aumenta di volume, diviene intensamente dolente e la cute si arrossa.

L’ascesso può aprirsi spontaneamente o richiedere l’incisione chirurgica.

  • Fistola pilonidale: può residuare all’ascesso sia dopo l’apertura spontanea, sia dopo l’incisione chirugica.

E’ costituita da un breve canale che mette in comunicazione la cavità cistica ascessualizzata con l’esterno attraverso un orifizio situato nel solco intergluteo.

In alcuni casi la cavità cistica comunica con l’esterno attraverso uno o più orifizi cutanei dai quali fuoriesce continuamente o a intermittenza un liquido sieropurulento giallastro.

La diagnosi di cisti pilonidale

La diagnosi si effettua con la semplice visita chirurgica: la presenza di uno o più orifizi nel solco intergluteo, a volte contenenti ciuffi di peli, con fuoriuscita di secrezione o la palpazione di un’area di infiltrazione sottocutanea, sono segni inequivocabili di malattia pilonidale.

La cura

La cisti pilonidale, nei casi più lievi ed iniziali, può essere trattata semplicemente mantenendo la zona detersa e depilata.

Nella maggior parte dei casi, tuttavia, bisogna ricorrere alla chirurgia.

L’intervento chirurgico, eseguibile in day surgery ed in anestesia locale, prevede l’asportazione della cisti, della eventuale fistola associata e del tessuto infiammatorio circostante.

La ferita chirurgica può essere lasciata aperta (metodo aperto), favorendo la guarigione cosiddetta per seconda intenzione, o chiudendola posizionamento di punti (metodo chiuso).

Spesso le ferite chiuse sono soggette ad infezione, con necessità di rimozione anticipata dei punti trasformandosi, di fatto, in ferite aperte.

In entrambi i casi il processo di guarigione è lungo e indaginoso, spesso superiore ai 30 giorni, obbligando i pazienti a ricorrere a numerose medicazioni ambulatoriali e con una lunga inabilità lavorativa o scolastica.

L’intervento mininvasivo

Da pochi anni a questa parte, in accordo agli studi pubblicati da Bascom prima e da Meinero poi, è possibile eseguire, in caso di malattia pilonidale non particolarmente complicata, l’intervento con un approccio mini-invasivo.

Si tratta della tecnica di Bascom- GIPSE.P.SI.T (endoscopic pilonidal sinus treatment), cosi come è evidenziato anche dalle linee guide della SICCR (Società Italiana di Chirurgia Colo-Rettale).

Solo in casi particolari, di malattia plurirecidiva, molto estesa e complicata si potranno prendere in considerazione ampie escissioni eseguite mediante la preparazione di appropriati lembi cutanei (ad esempio: plastica a “Z”).

La tecnica mininvasiva E.P.SI.T

La tecnica mininvasiva E.P.SI.T si avvale di un fistuloscopio, ideato e perfezionato dal chirurgo italiano Meinero, che viene introdotto nella cavità o nell’ orifizio fistoloso permettendo di trattare la cisti e la fistola direttamente sotto visione tramite una piccola incisione chirurgica.

Fistuloscopio ed accessori terapeutici

L’esecuzione della tecnica mininvasiva E.P.SI.T

Previa infiltrazione di anestetico locale si asporta l’orifizio esterno della fistola.

Asportazione dell’orifizio esterno con elettrobisturi

Successivamente si introduce il fistuloscopio, nel tragitto fistoloso fino alla cavità cistica, che viene collegato a una colonna video mediante una telecamera e un cavo a fibre ottiche e connesso a una sacca da 3000 ml di glicina e mannitolo all’1%.

Tale soluzione, fuoriuscendo costantemente dall’apice del fistuloscopio, permette l’agevole introduzione dello strumento stesso, la dilatazione dell’area infetta e la conduttività elettrica durante la fase operativa di cauterizzazione del tessuto patologico con elettrobisturi (elettrodo monopolare).

L’area pilonidale infetta appare quindi sullo schermo e si possono osservare agglomerati di peli, tipici della malattia.

Mediante movimenti lenti e precisi, l’intera area da trattare viene delimitata; in tale fase è essenziale rilevare la presenza di eventuali tramiti fistolosi secondari o altre cavità ascessuali che, se non identificati e asportati, potrebbero essere responsabili della mancata guarigione o della recidiva.

Visione endoscopica della cavità cistica
Introduzione del fistuloscopio dall’orifizio fistoloso

Lo scopo finale della tecnica E.P.SI.T

Lo scopo è distruggere e bonificare l’intera area infetta.

Attraverso il fistuloscopio è possibile introdurre una sottile pinza che consente di rimuovere i peli contenuti nella zona infetta, compresi i loro follicoli, sempre sotto visione; manovra fondamentale per la guarigione.

Una volta rimossi i peli, con un elettrodo monopolare filiforme, collegato a un elettrobisturi, l’intera area infetta, tramiti secondari ed eventuali cavità ascessuali, vengono completamente cauterizzati e distrutti, sempre sotto visione.

Il materiale necrotico viene poi rimosso mediante una spazzola endoscopica sempre passante attraverso il fistuloscopio o mediante un cucchiaio di Volkmann.

Al termine, con l’elettrodo, si completa l’emostasi evitando così il sanguinamento postoperatorio; la piccola cavità residua viene medicata con zaffo di garza grassa che verrà rimosso il giorno successivo.

Piccola cavità residua al termine dell’intervento

La possibilità di una rapido decorso post intervento

Questa tecnica del tutto mini-invasiva permette un rapido ritorno alle normali attività quotidiane con un dolore postoperatorio quasi del tutto assente.

Sarà sufficiente irrigare quotidianamente la piccola cavità con soluzione fisiologica fino alla sua completa cicatrizzazione.

Il tasso di recidive con questa tecnica nella nostra casistica di oltre 60 pazienti trattati si attesta attorno all’8% dei casi, cosi come nei lavori pubblicati in letteratura.

Bibliografia:

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Dott. Corrado Bottini

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