Mentre stiamo ancora vivendo la pandemia di Covid-19, è in corso ormai da molto tempo una epidemia silente sempre più precoce e pericolosa rappresentata dall’obesità.
Si tratta di una patologia complessa di grande rilevanza a livello di salute e di spesa pubblica: in Italia circa il 10-11% della popolazione è obesa e la spesa sanitaria associata all’obesità arriva a sfiorare il 10% DEL PIL. A livello Europeo, quasi due terzi degli adulti e un bambino su tre è in sovrappeso. Si stima che nell’arco di qualche decennio l’obesità supererà il fumo tra i maggiori fattori di rischio per il cancro, mentre attualmente si posiziona dietro a ipertensione, dieta inadeguata e al fumo stesso come fattore di rischio di mortalità.
Cos’è l’obesità?
In estrema sintesi, l’obesità non è altro che un accumulo eccessivo di grasso corporeo che può portare a sviluppare in tempi brevi malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2 e, come accennato poc’anzi, molti tipi di cancro. Anche nei casi più fortunati, l’obesità riduce sensibilmente la qualità della vita rendendo faticose le azioni quotidiane più semplici. L’obesità è anche una malattia subdola perché, come vedremo più nel dettaglio in seguito, non necessariamente si accompagna a un eccesso di peso (con cui spesso viene confusa), in particolare nell’età dello sviluppo.
Obesità: cause e prevenzione
Concepimento e allattamento
L’obesità è una malattia multifattoriale: tante sono le cause, tante sono le buone pratiche da seguire per prevenirla. La prevenzione, ad esempio, può iniziare già al momento del concepimento, in quanto una futura madre obesa metterà al mondo un figlio più a rischio obesità di una futura madre normopeso. Inoltre, l’allattamento al seno prolungato riduce il rischio che il bambino cresca con la propensione a incrementi ponderali eccessivi.
L’importanza della dieta
La dieta, cioè cosa, come e quando si mangia, rappresenta senza dubbio il primo strumento di prevenzione o terapia, ma allo stesso tempo può anche essere la prima causa, se la dieta non è bilanciata e accompagnata da un adeguato movimento/esercizio fisico in base all’età. Purtroppo, il fortissimo marketing digitale di junk food (cibo “spazzatura”) e/o di giochi sedentari online, elementi di rischio tra i più giovani, non aiuta ad educare a sane abitudini alimentari fin da piccoli.
Occhio alla sedentarietà
La sedentarietà, che non è prerogativa solo degli adulti, è la seconda grande causa di obesità. La pandemia di Covid-19, tra l’altro, ha fatto emergere ancor più la necessità di interventi perché da una parte ha favorito stili di vita più sedentari e consumo di cibi malsani, dall’altra ha evidenziato l’eccesso ponderale come fattore di rischio per una prognosi più sfavorevole in caso di contagio.
Prendersi il giusto tempo per mangiare
Oltre a mangiare male, spesso si tende a consumare il pasto troppo in fretta, soprattutto tra i più giovani che hanno sempre voglia di dedicarsi ad altro. Questa cattiva abitudine ha come conseguenza un maggior rischio di dislipidemie, cioè di aumento di grassi nel sangue, dovuti al fatto che si tende a prestare poca attenzione a cosa si mangia, spesso si mangia più del dovuto e si preferiscono cibi molto processati perché più rapidi da ingurgitare. al contrario, sarebbe buona norma restare a tavola almeno 20 minuti perché maggiore è il tempo impiegato per mangiare, più elevato è il reclutamento dell’ormone glp-1, coinvolto nella sintesi dell’insulina. Ciò riduce l’insulino-resistenza, quindi il sovrappeso, il colesterolo e il rischio cardiovascolare.
Obesità pediatrica ed infantile: cosa fare
Negli ultimi quarant’anni l’obesità nella fascia d’età tra i 5 e i 19 anni è aumentata di 8 volte a livello globale e il quadro in Italia non è rassicurante, considerato che un bambino/adolescente su quattro è obeso o in stato di sovrappeso (a livello europeo, come detto all’inizio, si arriva a uno su tre, che è anche il dato nazionale di obesità infantile cioè limitata ai bambini sotto gli 8 anni). Come già sottolineato, l’obesità è una patologia complessa e multifattoriale e per sconfiggerla serve una terapia integrata che comprenda l’aspetto nutrizionale unito a quelli psico-comportamentale e motorio, avvalendosi di trattamenti farmacologici e approcci chirurgici quando necessario. Per questa ragione, è necessario parlare di obesità al plurale, perché ne esistono forme diverse per manifestazioni, cause, conseguenze ed ognuna va dunque trattata studiando un percorso diagnostico e terapeutico altamente specializzato e personalizzato.
Obesi e normopeso: è possibile?
La risposta è sì. Come accennato all’inizio, l’obesità indica un eccesso di grasso che però, soprattutto nell’infanzia e nell’adolescenza, può non corrispondere a un eccesso di peso sulla base del “famoso” Indice di Massa Corporea (IMC o BMI), che, attraverso il rapporto tra peso e altezza (kg/m2), fornisce una stima generale sul nostro peso. Questo parametro, utile come strumento di screening per individuare il grado di obesità, non è attendibile se usato come indice diagnostico. Il BMI, infatti, non fornisce informazioni sulla quantità di grasso corporeo, in quanto non differenzia il tessuto magro da quello adiposo e, nel contesto dell’obesità normopeso (NWO), la sua attendibilità è quasi nulla. L’obesità normopeso si caratterizza, quindi, per la compresenza di un BMI normopeso con un eccesso di grasso corporeo tipico dell’obesità.
Obesità e chirurgia bariatrica
In età adulta, in caso di obesità patologica, è possibile rivolgersi alla chirurgia bariatrica, riservata a pazienti motivati tra i 18 e 65 anni. E’ necessario che l’eccesso di peso sia almeno pari a 45kg rispetto al peso ideale o si abbia un BMI uguale o maggiore di 40. In caso di particolari patologie correlate, è possibile valutare la chirurgia bariatrica anche con BMI>35 con alcune comorbidità. Tale approccio è considerato l’extrema ratio per cui il soggetto deve aver provato varie terapie dietetiche e nutrizionali con o senza medicinali, ottenendo risultati insoddisfacenti e di breve durata. Si tratta di indicazioni standard e orientative, ma il chirurgo dovrà considerare anche altri aspetti personali dell’aspirante paziente: oltre alla forte motivazione a modificare il proprio stile di vita, vanno valutati l’inserimento sociale e culturale, la voglia di collaborare e il supporto familiare.
Chirurgia bariatrica: le domande dei pazienti
Con la chirurgia bariatrica, come accennato in precedenza, il paziente raggiunge e mantiene a lungo un notevole calo di peso, permettendogli di acquisire una migliore qualità ed aspettativa di vita.
Ma prima di affrontare questo intervento chirurgico le domande che affollano la mente del paziente sono davvero tante.
Come tanti sono i dubbi, le paure, le aspettative.
Con l’aiuto del Dr. Mattia Pizzi, fra i più grandi esperti di chirurgia bariatrica, Primario U.O.C Chirurgia Generale e Bariatrica presso il Policlinico di Monza, rispondiamo alle più frequenti domande sulla materia giunte in redazione.
Di quanti chili posso dimagrire?
Con la chirurgia bariatrica il calo ponderale (ESWL) può arrivare al 70 – 80% dei chili in eccesso.
Ma ovviamente è bene precisare che il calo può variare in relazione:
- all’età del paziente,
- alla statura
- al genere
- alla storia clinica personale
- BMI di partenza
Quale intervento di chirurgia bariatrica è il più efficace?
Premettiamo innanzitutto che nella chirurgia bariatrica rientrano diversi trattamenti chirurgici raggruppati in tre grandi categorie: interventi restrittivi, malassorbitivi e misti.
I primi, restrittivi, limitano la capacità gastrica: bendaggio gastrico regolabile, gastrectomia verticale parziale (Sleeve gastrectomy) ed il Palloncino endogastrico.
I secondi, malassorbitivi, riducono irreversibilmente le dimensioni dello stomaco, per esempio il mini-by-pass gastrico.
I terzi, cosiddetti interventi misti, sono procedure contestuali restrittive e malassorbitive, come il by-pass gastrico (RYGBP).
Nessuno di questi è migliore o peggiore.
Ogni intervento viene scelto dal chirurgo, insieme al paziente, basandosi esclusivamente sulle caratteristiche specifiche del paziente stesso, sulla sua storia clinica, sulle aspettative e sull’anamnesi.
Cosa mi succede dopo l’intervento?
Come per un qualsiasi intervento chirurgico è fondamentale attenersi scrupolosamente alle direttive del proprio chirurgo.
Alzarsi sin da subito e camminare, per esempio, ed osservare la dieta prescritta. All’inizio si tratterà di una dieta liquida o semi-liquida da seguire per almeno 4 settimane.
In generale la dieta post chirurgica prevede un graduale recupero delle funzioni digestive, ma soprattutto nel primo periodo post intervento, è fondamentale seguire rigorosamente il piano dietetico prescritto.
Sgarrare in questa delicatissima fase post operatoria potrebbe comportare anche gravi complicanze post operatorie.
Passato il primo periodo post-operatorio viene assegnata una dieta ad personam.
Sottoporsi ad intervento di chirurgia bariatrica, tuttavia, comporta la consapevolezza di dover cambiare rigorosamente stile di vita, non basta l’intervento chirurgico fine a se stesso.
Conclusioni
In occasione della Giornata Mondiale dell’Obesità del marzo scorso, i professionisti del settore hanno richiamato l’esigenza di considerare l’obesità una priorità sociosanitaria e sollecitare un’azione sinergica e rapida.
Ad oggi, la chirurgia bariatricaè l’unico trattamento rimborsato e il numero di centri di eccellenza per l’obesità risulta insufficiente per supportare efficacemente le persone che in molti casi accettano passivamente di conviverci.
Sarebbe opportuno un riconoscimento governativo, clinico, sociale e sanitario dell’obesità come malattia cronica, così da inserire le prestazioni riguardanti l’obesità nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), creare una rete nazionale di cura per l’obesità e anche un Piano Nazionale sull’obesità.
La Redazione in collaborazione con il Dr. Mattia Pizzi – Chirurgo generale, Proctologo, Gastroenterologo