A partire dal 2000 è emersa una necessità crescente nell’analisi delle malattie cardiovascolari nel genere femminile.
Tale esigenza si è resa concreta negli ultimi anni per una serie di fattori:
- Storicamente considerate immuni da questo tipo di malattie, le donne sono state sempre poco rappresentate nei grandi trial scientifici per la presenza del ruolo protettivo degli estrogeni;
- In epoche culturalmente passate, le donne sono state sempre poco soggette ai principali fattori di rischio rispetto agli uomini (fumo, abitudine all’alcool, stile di vita).
Questi preconcetti hanno trascurato e ritardato analisi dettagliate nel genere femminile per ciò che riguarda la loro prognosi dopo un evento cardiovascolare (infarto, ictus).
Emancipazione = maggiore incidenza di malattie cardiovascolari
Negli ultimi vent’anni l’emancipazione femminile nei paesi occidentali ha anche “importato” le abitudini di vita scorrette del genere maschile: fumo di sigaretta, assunzione di alcool, cattiva alimentazione, stress lavorativo, tutti fattori che hanno favorito l’incidenza delle malattie cardiovascolari.
Infarto e differenze di genere
Inoltre, l’inserimento negli studi scientifici di una quota sempre più significativa di donne ha consentito di osservare alcune varianti di genere non aspettate. Se da una parte è vero che l’incidenza di infarto risulta essere ancora minore rispetto agli uomini, le donne che lo contraggono hanno una prognosi sicuramente peggiore rispetto ai pazienti di sesso maschile.
Un elemento non trascurabile è costituito dal ridotto calibro delle loro coronarie.
Infatti, le arterie che irrorano il cuore nelle donne sono più piccole e più tortuose, rendendo spesso l’intervento di angioplastica con impianto di stent più difficoltoso sia nel breve che nel medio termine.
Anche la presentazione clinica dell’infarto vede nelle donne una alta percentuale di dolori del tutto atipici che spesso sono fuorvianti sia per la paziente che per il medico nell’identificare prontamente la malattia. Di converso, non è infrequente osservare nel genere femminile un elettrocardiogramma diffusamente alterato, pur in assenza di alcuna malattia cardiaca specifica.
Infine, anche farmaci comunemente testati negli uomini possono avere meno efficacia nelle donne: la cardioaspirina per esempio, sembra avere in prevenzione primaria un effetto neutro nel genere femminile; le statine sono più frequentemente poco tollerate nelle donne, che quindi beneficiano meno di questa importantissima categoria di terapie per la riduzione delle placche aterosclerotiche.
Consapevolezza delle differenze = maggiore attenzione alla diagnosi
Fortunatamente, la consapevolezza di queste differenze di genere ha portato la comunità scientifica a rappresentare in ogni studio scientifico una quota minima di donne (generalmente non inferiore al 30%), cosa che consente di effettuare comunque osservazioni specifiche in merito.
Inoltre, la crescente attenzione nell’indentificare prontamente le malattie cardiovascolari, ha focalizzato l’attenzione sulle donne che spesso beneficiano di metodiche diagnostiche avanzate per una diagnosi precoce nei casi dubbi. E’ questo il caso della Tac coronarica capace di chiarire prontamente la presenza o assenza della malattia.