Infiammazione cronica di basso grado: manifestazione e prevenzione

La risposta infiammatoria è coinvolta sia nelle condizioni acute che croniche ed è simile alla risposta immunitaria.

L’infiammazione acuta

Dopo un trauma la risposta infiammatoria è una fase importante del processo di guarigione; attraverso la liberazione delle citochine TNF-alfa, interleuchina-1 e interleuchina-6 da parte dei neutrofili e dei macrofagi la permeabilità del tessuto aumenta, favorendo il rimodellamento del tessuto stesso e, di conseguenza, la guarigione.

I neutrofili, attirati nella zona del trauma e stimolati dalle interleuchine-1 Beta, producono le prostaglandine E2 che inducono il dolore.

La sintesi di prostaglandine è generata dall’enzima COX-2 ed è necessaria durante le prime fasi della rigenerazione del tessuto muscoloscheletrico; per questo motivo è molto importante, in fase acuta, evitare l’utilizzo di farmaci inibitori della COX-2 per un recupero ottimale.

Dieta bilanciata con Omega3 e Omega6

La membrana cellulare consiste in un doppio strato fosfolipidico che include acido arachidonico, un derivato del grasso Omega 6.

Quando il tessuto è esposto a lesione l’enzima fosfolipasi A2 rilascia acido arachidonico dalla membrana cellulare; questo viene modificato dagli enzimi ciclossigenasi COX e lipossigenasi LOX in ecosanoidi infiammatori generatori di dolore.

Più la dieta è ricca di cibi contenenti Omega 6 (carne e olio vegetali idrogenati) più la risposta infiammatoria sarà forte e più si genererà dolore.

Per evitare una risposta infiammatoria acuta intensa sarebbe bene bilanciare la dieta con grassi Omega3, riducendo i grassi Omega6.

Anti-infiammatori no, antidolorifico quanto basta

Dopo un evento traumatico la fase infiammatoria acuta è necessaria al corpo e non dovrebbe essere inibita dai farmaci anti-infiammatori; nel caso il dolore sia insopportabile è meglio assumere un anti-dolorifico, e, appena possibile, non assumere farmaci.

L’infiammazione cronica di basso grado

Diversamente dall’infiammazione acuta, che è funzionale alla guarigione dell’organismo, l’infiammazione cronica è dannosa in quanto abbassa la soglia della nocicezione innestando un circolo vizioso tra infiammazione e dolore.

Inizia con la produzione di un eccesso di radicali liberi che si presenta come una risposta mitocondriale cellulare a stress interni o ambientali.

La risposta mitocondriale

La risposta mitocondriale attiva le citochine pro-infiammatorie coinvolte nel dolore cronico di molte patologie: la citochina TNF-alfa può essere usata come biomarker per la neuropatia diabetica, le citochine IL-6 e TNF-alfa sono associate ad un dolore aumentato nell’osteoartrite di ginocchio, livelli sistemici di hs-CRP (proteinaCreattiva ad alta sensibilità ) riflettono infiammazione sinoviale in pazienti con osteoartrite.

Le citochine infiammatorie si trovano in tutti i tessuti, anche negli adipociti; questo può essere il motivo per cui le persone obese hanno valori più alti di CPR e di conseguenza più dolore.

Il TNF-alfa viene secreto principalmente dai macrofagi, la cui presenza è stata rilevata in dischi intervertebrali sintomatici, ma non in dischi intervertebrali degenerati e asintomatici.

Il TNF-alfa viene inibito dall’attività fisica.

Cosa causa l’infiammazione cronica di basso grado?

Le ragioni che causano infiammazione cronica di basso grado sono numerose:

  • infezioni croniche batteriche e virali,
  • resistenza all’insulina,
  • intolleranza alimentare,
  • disfunzione gastroenterica,
  • carenze nutrizionali,
  • elevata assunzione di proteine.

L’intestino è un organo molto importante, viene definito il secondo cervello e comunica direttamente con il sistema nervoso centrale tramite il nervo vago.

Un’alterazione della flora batterica intestinale dovuta a infezioni, assunzioni di farmaci a lungo termine, intolleranze alimentari, carenze nutrizionali ed elevata assunzione di proteine genera un risposta infiammatoria sistemica ed espone l’organismo ad una condizione di dolore cronico.

La quantità di proteine da assumere quotidianamente, se non si svolge un’attività fisica ad alto consumo energetico, è di 0,8 grammi x ogni Kg corporeo.

Cos’è la resistenza all’insulina?

Appena i recettori cellulari diventano meno sensibili all’insulina il tessuto diventa insulino-resistente; questo processo rende più difficile il trasferimento, da parte dell’insulina, del glucosio dal sangue alle cellule dove può essere utilizzato come energia.

L’aumentata assunzione di grassi saturi e di carboidrati ad alto indice glicemico e scarso apporto nutritivo favorisce uno stato pro-infiammatorio, con conseguente deposito lipidico nei muscoli, rendendoli meno responsivi all’insulina.

La reazione a catena provocata dalla resistenza all’insulina

Questo stato di cose genera una reazione a catena:

  • il pancreas risponde con un aumento della produzione di insulina per trasferire il glucosio in eccesso nelle cellule.
  • L’aumentata produzione d’insulina stimola il fegato tramite il glucagone a produrre più glucosio.
  • I valori ematici di glucosio s’innalzano ulteriormente e il fegato diventa insulino resistente.
  • Non riuscendo più ad inibire la produzione di glucosio anche il pancreas accumula lipidi nelle cellule, creando una disfunzione con minor output insulinico.

La conseguente sindrome metabolica

Questo processo porta ad una sindrome metabolica caratterizzata da:

  • Aumentata glicemia a digiuno.
  • Trigliceridi elevati.
  • Elevato colesterolo totale e LDL.
  • Diminuito colesterolo HDL.
  • Elevati valori ematici di proteina C-reatttiva.
  • Aumentata P arteriosa.

La resistenza all’insulina è influenzata, oltre che dall’assunzione di grassi saturi e di carboidrati ad alto indice glicemico, anche da altri fattori:

  • Insufficiente attività fisica,
  • Stress, l’epinefrina altera la sensibilità dei tessuti all’insulina.
  • Carenza di sonno.
  • Carenza di magnesio.

Come riconoscere la resistenza all’insulina?

Possono essere presenti alcuni segni e sintomi:

  • Aumentato rapporto della misura della vita rispetto all’anca, cioè accumulo di grasso attorno alla vita, superiore a 0,80 per le donne e a 0,95 per gli uomini.
  • Astinenza da zucchero (voglia di qualcosa di dolce).
  • Affaticamento, specie post prandiale.
  • Glicemia a digiuno
  • Colesterolemia e/o trigligeridemia elevata.
  • Diminuito colesterolo HDL.
  • Aumentato colesterolo LDL.
  • Ipertensione
  • Elevata CPR-hs, proteina C-reattiva ad alta sensibilità.
  • Dolore persistente.

Ridurre l’infiammazione sistemica con la dieta corretta

Il modo migliore per combattere l’infiammazione sistemica di basso grado è una dieta a basso indice glicemico ed elevato apporto di sostanze nutritive che includa:

  • Carboidrati a bassissimo indice glicemico.
  • Sia omega 6 che omega 3 nella giusta proporzione.
  • Proteine di alta qualità adattate alle necessità rispetto al livello d’attività fisica.
  • Molto cibo ricco di fibre.
  • Molto cibo ricco di anti-ossidanti.
  • Molto cibo ricco di vitamine e minerali.

Gli alimenti da evitare nella dieta

Evitare alimenti ad alto indice glicemico come:

  • Dolci, biscotti, caramelle, zucchero, bevande analcoliche, cocktail di frutta, succhi di frutta, riso, pasta di riso e patate, pane, corn flakes e farine istantanee.
  • Evitare carne rossa ed insaccati perché contengono la tipologia scorretta di grassi.
  • Evitare inoltre i latticini, dal momento che molte persone hanno una risposta immunitaria avversa e perché contengono la tipologia scorretta di grassi.
  • Evitare l’alcool, grassi idrogenati e i fritti perché tossici per il fegato.
  • Evitare qualsiasi cibo di cui si ha la consapevolezza d’essere intollerante o allergico.

Anche per le persone che non sono celiache limitare il consumo d’alimenti che contengono glutine; la zonulina attivata dal glutine aumenta la permeabilità intestinale che si traduce in una risposta infiammatoria.

Gli alimenti che devono arricchire la dieta

Una dieta ricca d’alimenti a bassissimo indice glicemico come verdure e legumi aiuta la flora batterica a mantenere la giusta permeabilità intestinale e a ridurre la risposta infiammatoria sistemica.

Integrare la dieta con alimenti ricchi di Omega 3 come i semi di lino, 2 cucchiai al giorno macinati e consumati appena dopo averli macinati, aiutano a ridurre le citochine infiammatorie; si sono dimostrati efficaci nel ridurre rigidità e dolore in patologie come l’artrite reumatoide.

Anche l’integrazione d’Omega 3 attraverso l’assunzione d’olio di pesce, nella formula EPA DHA, ha effetti benefici; numerosi studi hanno dimostrato la riduzione del livello dei fattori chimici infiammatori come la CPR proteina C-reattiva.

Noci, mandorle e pistacchi migliorano le funzioni endoteliali ed è una buona abitudine alimentare assumerne una manciata 2 volte al giorno.

Non dimentichiamo l’attività fisica quotidiana

Un’attività fisica quotidiana, di 30 minuti, come una camminata a passo sostenuto, aiuta a diminuire i livelli ematici di glucosio, a migliorare lo stress e favorisce una migliore qualità del sonno, contribuendo a ridurre l’infiammazione cronica di basso grado.

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