Il linfedema cronico: update e terapia

Il linfedema cronico è una patologia disabilitante cronica in costante crescita nella popolazione.

Il circolo linfatico, brevi cenni

Il circolo linfatico rappresenta il cosiddetto terzo circolo ovvero quel fitto intreccio di vasi che veicolano la linfa, derivato del sangue deputato al trasporto o meglio al drenaggio di

  • leucociti,
  • zuccheri,
  • Proteine,
  • sali,
  • grassi,
  • ormoni,
  • Vitamine

 siti al di fuori del circolo ematico.

La linfa viene riversata nel circolo venoso di ritorno al cuore confluendo a livello del torace nel cosiddetto dotto toracico.

Il circolo linfatico, a differenza del circolo ematico, è sostenuto non dalla pompa cardiaca ma esclusivamente da quella muscolare.

Da questo concetto possiamo già trarre un primo insegnamento: l’esercizio fisico ed il movimento agevolano il naturale drenaggio della linfa.

Oltre a drenare i liquidi in eccesso nei tessuti, il circolo linfatico trasporta gli elementi deputati alla difesa immunitaria attraverso i linfonodi e gli organi linfatici quali milza, midollo osseo, timo.

Il linfedema non è altro che la manifestazione clinica derivante dalla compromissione del sistema linfatico e la conseguente stasi della linfa nei tessuti.

E’ pertanto una condizione clinica di pertinenza vascolare.

Il linfedema

Può essere primario quando la patologia colpisce primitivamente il sistema linfatico stesso, secondario se la compromissione del circolo linfatico è conseguenza di un’altra malattia.

Il linfedema primario, che colpisce prevalentemente le donne, ha appunto cause congenite.

Il linfedema secondario ha invece pressoché analoga distribuzione in entrambi i sessi poiché deriva da condizioni cliniche egualmente diffuse nella popolazione.

Queste possono essere il diabete, le linfoadenopatie e le linfoadenectomie, le infezioni dei tessuti molli (come l’erisipela), la radioterapia, l’obesità, le ustioni.

Sia esso primario sia esso secondario, il sintomo cardine è l’edema.

La localizzazione predominante è a livello degli arti inferiori, ma spesso anche a livello di quelli superiori.

Frequente la monolateralità.

I sintomi secondari del linfedema sono le discromie cutanee, le difficoltà motorie, il prurito, il dolore, la maggiore suscettibilità alle infezioni.

Il linfedema: la classificazione

La classificazione semplificata prevede i classici 4 stadi:

  • I grado con l’edema semplice
  • II grado con la flogosi cutanea
  • III grado con l’alterazione dell’architettura tissutale (la cosiddetta elefantiasi)
  • IV grado con la comparsa di lesioni cutanee

Per quanto riguarda la diagnosi, pur rappresentando la linfoscintigrafia ancora il gold standard, un attento esame clinico permette di discernere la tipologia di linfedema.

La diagnosi differenziale del linfedema è prevalentemente con l’insufficienza venosa (flebedema) e con l’accumulo di grasso in eccesso (lipedema).

Vanno poi considerate le altre cause di edema: lo scompenso cardiaco, l’insufficienza renale ed epatica, ecc.

Altro esame di fondamentale importanza è l’ecocolordoppler che permette di documentare una delle principali condizioni patologiche che spesso si accompagnano appunto al linfedema: l’insufficienza venosa.

Il linfedema: la terapia

Il linfedema è una malattia cronica, quindi non esiste una cura definitiva.

L’unica terapia possibile è quella cosiddetta sintomatica, cioè la riduzione dell’edema al fine di migliorare i sintomi e i disturbi funzionali:

  • il linfodrenaggio manuale;
  • i bendaggi elastocompressivi, eventualmente con bende all’ossido di zinco;
  • la pressoterapia;
  • la fisioterapia;
  • la contenzione con calze elastiche e tutori.

Si associano poi terapie di supporto con gli antibiotici, i cortisonici, i benzopironi come la cumarina che agiscono direttamente sulle fasi della flogosi ed in particolare sui macrofagi favorendo la degradazione proteica e l’assorbimento extralinfatico.

La diosmina come farmaco flebotropico, il mesoglicano che è in grado di ripristinare le fisiologiche proprietà di barriera selettiva esplicate dagli endoteli capillari svolgendo, così, una efficace attività antiedemigena.

Un capitolo a parte meriterebbe la soluzione chirurgica, non foss’altro che le tecniche più utilizzate sono attualmente poco praticate poiché di efficacia limitata.

La Redazione

Dott. Leonino A. Leone

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