Disprassia: la riabilitazione visiva

La disprassia è un disturbo congenito o acquisito in età precoce che determina difficoltà nella gestione dei movimenti comunemente utilizzati nelle attività quotidiane (ad es. vestirsi, svestirsi, allacciarsi le scarpe) e nel compiere gesti espressivi (che servono a comunicare emozioni, stati d’animo).

Inoltre risulta limitata la capacità di compiere sia gesti transitivi (che comportano l’uso di un oggetto, abilità manuali) che intransitivi (non rivolti ad un oggetto, a contenuto prevalentemente simbolico).

La disprassia

La disprassia è quindi un disturbo evolutivo della coordinazione motoria, caratterizzata dalla difficoltà nel compiere movimenti volontari e coordinati.

Le prestazioni motorie dei bambini con diagnosi di disprassia sono significativamente al di sotto del livello atteso rispetto all’età.

 Nella maggior parte dei casi l’attività motoria è guidata dalla visione.

I movimenti oculari di esplorazione richiedono un controllo volontario dei muscoli oculari per fornire un feedback visivo accurato.

La disprassia di sguardo (o visiva) è definita come l’incapacità a spostare volontariamente gli occhi verso oggetti d’interesse con conservazione dei movimenti spontanei di sguardo, a riposo, al di fuori delle richieste e delle intenzioni di guardare (random eye movements)

Il bambino disprassico presenta difficoltà a fissare in modo prolungato un oggetto fermo o in movimento con perdite di fissazione, adotta posizioni compensatorie del capo nel tentativo di fissare meglio o sguardo sfuggente.

Da studi è emerso che questi bambini presentano deficit di stabilità nei compiti di fissazione e dei movimenti di inseguimento.

I soggetti disprassici, pur presentando dei processi oculomotori intatti, commettono maggior numero di errori nei movimenti oculari, mostrando scarsa inibizione nei riflessi.

Disprassia: i sintomi

I sintomi non si manifestano in modo omogeneo e costante in tutti i bambini, ma c’è una variabilità individuale in termini di caratteristiche e gravità.

Nei primi anni si vita il bimbo avrà un ritardo nel raggiungimento degli appuntamenti funzionali motori.

Quindi il bambino disprattico acquisirà le proprie competenze motorie, come ad esempio adottare la posizione seduta ed il camminare, successivamente rispetto ai suoi coetanei.

 Il movimento presenterà inoltre difficoltà di coordinazione, scarso equilibrio e goffaggine.

 Il disturbo può interessare tutto il corpo in modo generalizzato oppure coinvolgere alcuni distretti corporei e funzioni.

Il livello cognitivo è generalmente nella norma.

Si tratta quindi di bambini con un’intelligenza nella media, in cui si viene a creare una discrepanza tra ciò che potenzialmente sono in grado di apprendere e la possibilità di metterlo in atto.

Tutto ciò va ad interferire con la qualità della vita, causando difficoltà nelle varie attività quotidiane.

Il disprattico e gli apprendimenti

Il disprattico che deve approcciarsi agli apprendimenti scolastici ha diverse difficoltà.

La scrittura sarà deficitaria in quanto richiede la programmazione e la coordinazione di movimenti fini precisi, che devono essere prima elaborati e successivamente messi in atto.

In un soggetto in cui questi aspetti sono compromessi l’intero processo risulta difficoltoso, rendendo quasi inaccessibile la scrittura manuale.

Può essere coinvolta anche la capacità di lettura: i movimenti oculari e non si presentano non fluidi e discontinui, ponendo il bambino in difficoltà nell’orientare lo sguardo man mano che prosegue nella lettura.

Ad esempio fatica a seguire la riga, può saltare lettere e parole.

Tutto ciò si riversa poi sul versante della comprensione, in quanto non riuscendo a leggere correttamente quanto scritto non può accedere al significato.

Queste problematiche rischiano di aumentare il senso di frustrazione, di diversità, di inadeguatezza, di esclusione e di isolamento sociale che possono poi evolversi in problemi comportamentali.

il soggetto disprattico presenta un livello cognitivo generalmente nella norma, quindi è in grado di comprendere ed apprendere come i suoi coetanei ciò che viene spiegato a scuola.

Disprassia: percorsi riabilitativi e strumenti compensativi

La Disprassia è una condizione patologica permanente, per la quale non si può prevedere una completa scomparsa della sintomatologia.

Tuttavia possono essere messi in atto degli interventi per migliorare la condizione del soggetto.

 L’approccio multidisciplinare è l’unica soluzione possibile per affrontare in maniera efficace questa patologia, con interventi personalizzati a supporto dei piccoli pazienti.

Percorsi Riabilitativi sono volti a supportare la performance motoria del bambino, per aiutarlo a svolgere le attività quotidiane ed ottimizzare la sua qualità di vita.

A tale scopo sono previsti interventi di terapia:

  • neuropsicomotoria
  • logopedica
  • ortottica.

Nella terapia neuropsicomotoria si va ad agire all’interno di un contesto di gioco, partendo dai punti di forza del bambino e sfruttandoli per fornire degli schemi di movimento più funzionali ed ecologici.

In quella logopedica si elaborano e trasmettono strategie per affrontare gli apprendimenti scolastici.

Nella terapia ortottica si potenziano le abilità visive.

In tutte le forme di disprassia è fondamentale una riabilitazione visiva che intervenga sulla fissazione, sulla motilità oculare, sull’attenzione visiva e sulle abilità visuo – spaziali.

Disprassia: la riabilitazione visiva

La riabilitazione visiva utilizza il sistema visivo e la localizzazione del corpo nello spazio per il miglioramento delle abilità visive.

Si propone nei soggetti che presentano difficoltà visive di fissazione, anomalie dei movimenti oculari e di orientamento nello spazio, anche in assenza di difetti della vista e patologie oculari.

Tali difficoltà spesso sono accompagnate da affaticabilità, ridotta capacità attentiva, visione fluttuante, perdita della riga nella lettoscrittura, difficoltà a copiare dal lontano al vicino, posizioni anomale del capo, impaccio motorio.

Per la riabilitazione sono importanti la valutazione di messa a fuoco ottimale e la riabilitazione di questa funzione che rappresenta un prerequisito importante per tutte le altre aree.

È importante allenare il soggetto a lavorare a diverse distanze focali, avvicinando e allontanando gradualmente i target proposti.

A questo training segue quello di fissazione, con l’obiettivo di prolungare i tempi di mantenimento.

L’area più importante ai fini della lettura è quella del movimento saccadico.

In questi casi si inizia da target vicini tra loro in condizione facilitata fino ad arrivare a pattern più complessi e meno strutturati.

Dott.ssa Sara Toma – Ortottista a Milano

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