La cartilagine è un tessuto connettivo fondamentale del nostro corpo: protegge l’osso, annulla la frizione durante lo scorrimento sulle superfici articolari, riduce le forze di carico e fornisce sostegno ai tessuti molli. Di consistenza gelatinosa, essa è formata da cellule (dette condrociti) e da una matrice extra-cellulare composta da fibre di collagene o fibre elastiche immerse in una matrice amorfa. Da piccoli la cartilagine – che si forma già nel periodo embrio-fetale iniziando ad abbozzare lo scheletro – è essenziale per l’accrescimento delle ossa lunghe. In età adulta è presente sulle superfici articolari, nei dischi intervertebrali, nel padiglione dell’orecchio esterno e in molte altre parti del corpo. Senza entrare in eccessivi dettagli, possiamo dire che esistono tre tipologie di cartilagine classificate a seconda di composizione e funzione: elastica, fibrosa e ialina.
Cartilagine e sport: binomio vincente ma attenzione
Praticare sport fa bene, lo sappiamo tutti, ed è il modo migliore per garantire la salute delle cartilagini, ma allo stesso tempo rappresenta la causa principale delle loro lesioni, in particolar modo della cartilagine coinvolta nell’articolazione del ginocchio. Ogni anno in Italia sono eseguiti più di 20mila interventi di ricostruzione cartilaginea del ginocchio, soprattutto tra i maschi (circa 6 su 10) nella fascia 25-35 anni. Da questi dati si può capire come affinare le tecniche, rendendole sempre più performanti e mininvasive, rappresenti una grande sfida per riconsegnare piena efficienza a una popolazione molto giovane e in piena attività. I ‘crack’ della cartilagine si verificano con maggiore frequenza negli sport da contatto ed in particolare calcio e basket, ma anche nella corsa e nello sci, soprattutto in assenza di un adeguato allenamento.
Perché intervenire tempestivamente sulla cartilagine
I danni alla cartilagine, se sottovalutati, portano alla degenerazione dell’intera articolazione, fino alla temuta artrosi che rende necessaria la sostituzione protesica totale o parziale. L’organismo, infatti, è in grado di rigenerare naturalmente la cartilagine, ma solo fino a una certa età. Oltre i 50-55 anni questa capacità si riduce progressivamente, rendendo, appunto, spesso necessario l’impianto di una protesi artificiale per garantire un risultato soddisfacente. Sappiamo, infatti, come faccia bene alla salute mantenersi sportivi o comunque attivi anche quando gli cominciano a essere tanti…
La cartilagine per molto tempo è stata ritenuta un tessuto difficilmente riparabile una volta danneggiato, ma negli ultimi anni sono state sviluppate diverse tecniche. Gli interventi di ricostruzione-riparazione della cartilagine del ginocchio, ad esempio, hanno successo nel 70-80% dei casi e i risultati sono clinicamente buoni anche quando non sia possibile ricostruire o riparare completamente il difetto cartilagineo.
Tecniche di riparazione della cartilagine
Oggi moltissimi interventi sulla cartilagine avvengono in artroscopia, cioè attraverso piccoli accessi chirurgici che, grazie a microtelecamere, consentono di operare con sofisticati strumenti miniaturizzati riducendo l’invasività degli interventi. Negli ultimi anni si sono sviluppate tecniche di riparazione mediante l’impianto di cellule autologhe, cioè prelevate dal paziente stesso, che possono ridurre l’entità del danno o riparare limitati difetti della cartilagine. Gli impianti di cellule rappresentano già circa il 40% degli interventi riparativi. In circa il 10% dei casi si eseguono trapianti strutturali con cilindri di osso e cartilagine.
Plasma Ricco di Piastrine e altre tecniche
E’ possibile trattare lesioni cartilaginee, a seconda della gravità, mediante impianti di cellule del sangue periferico (Plasma ricco di Piastrine –PRP- per via infiltrativa con procedure ambulatoriali che durano 15-30 minuti), del midollo osseo (cellule midollari multipotenti), fino anche a cellule mesenchimali del grasso sottocutaneo iniettate nelle articolazioni (azione anti-infiammatoria, stimolano la produzione di cartilagine e migliorano la lubrificazione del comparto intra-articolare).L’Italia è senza dubbio all’avanguardia in questo tipo di trattamenti, avendo iniziato già 15-20 anni fa con le prime tecniche rigenerative, anche grazie alla rete di banche dei tessuti che consentono la disponibilità di osso e cartilagine per trapianti da donatore. Da alcuni anni, inoltre, è molto diffusa la pratica di trapianti cartilaginei con tecnica AMIC per il trattamento di lesioni cartilaginee e osteocartilaginee traumatiche tipiche degli sportivi. Questa procedura, affermatasi come terapia di prima linea, combina le microfratture all’applicazione di una matrice di collagene o sintetica.
Conclusioni
L’obiettivo di tutte queste tecniche è curare in maniera naturale i tessuti cartilaginei lesionati, ritardando il più possibile la loro degenerazione, quindi l’artrosi e il conseguente approccio chirurgico e protesico nella cura della stessa. E’ bene, infatti, ricordare che questi interventi sono ritenuti una extrema ratio e nella migliore delle ipotesi richiedono uno stop dai 4 ai 6 mesi, un tempo piuttosto lungo per tutti, tanto più per uno sportivo professionista, che non potrà comunque tornare in pista o in campo una volta clinicamente guarito, ma dovrà osservare la necessaria fase di riatletizzazione quantificabile in almeno altri 3-4 mesi.
La Redazione in collaborazione con il Dr. Filippo Maria Surace – ortopedico traumatologo
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