Soft Anchor e la chirurgia ricostruttiva

Soft Anchors e la chirurgia ricostruttiva

articoloL’evoluzione della chirurgia ricostruttiva della cuffia dei rotatori della spalla con la tecnica artroscopica ha determinato negli anni un progresso nella ideazione e produzione della ancore da sutura.

Dalla metà degli anni ottanta fino alla metà degli anni novanta abbiamo avuto miniancore metalliche; dalla metà degli anni novanta alla metà degli anni duemila le miniviti sono diventate bioriassorbibili ed infine negli ultimi anni sono state introdotte ancore da sutura in materiale biocomposito osteoinduttivo.

Questa progressione riflette una analoga crescita nella comprensione da parte dei chirurghi della spalla del problema biologico nella guarigione reale di una rottura tendinea.

La prossima generazione di minivite è costituita completamente dalle suture (soft anchor o suture-based) eliminando così la possibilità di avere materiale rigido vuoi metallico vuoi riassorbibile nell’articolazione ed evitando eventuali migrazioni e patologie correlate (hard ware pathology, cisti da riassorbimento,…).

Peraltro, le minori dimensioni e una adeguata resistenza alle prove biomeccaniche, rendono tali nuovi sistemi di fissazione utili in molti, anche se a nostro parere  non in tutti, gli interventi ricostruttivi delle rotture dei tendini della cuffia dei rotatori.

L’obiettivo di questo lavoro è quello di descrivere la tecnica chirurgica artroscopica per utilizzo di tali “soft anchors” e riportare i primi risultati clinici con un f.up di minimo 12 mesi su 77 pazienti sottoposti a riparazione tendinea artroscopica della cuffia dei rotatori.

I pazienti arruolati sono stati 37 maschi e 40 donne con età media di 55,5 anni ed età compresa tra i 33 ed i 75 anni; nel 72%  era interessato l’arto dominante ed il follow up minimo è stato di 12 mesi.

I criteri di inclusione sono stati: una buona qualità tessutale osteotendinea, l’assenza di retrazione, una buona mobilità tessutale e  una assenza o minima degenerazione grassosa (Goutallier I stadio).

La tecnica chirurgica prevede una posizione “beach chair” e l’anestesia locoregionale; portali classici (posteriore, laterale ed anterolaterale) più un portale per l’immissione della “soft anchor” previo utilizzo di “drill”. La riparazione avviene direttamente sull’osso del trochite (tendon-to-bone)  utilizzando la “anchor first techinique” (Juggerknot Biomet da 2,9 a doppia sutura) e gestendo le suture con pinza “one-pass-suture”.

La scheda di valutazione UCLA ha prodotto un 92,7% di risultati soddisfacenti e buoni; il dolore post operatorio risulta inferiore ed a decrescere già nella prima settimana. Non abbiamo avuto complicanze post operatorie e solo in due casi abbiamo avuto una mobilizzazione intraoperatoria della “soft-anchor” da imputare alla non buona qualità ossea in Pazienti donne over 70.

Sebbene siano risultati preliminari, possiamo affermare di aver individuato un eccellente sistema di fissazione caratterizzato da una nuova configurazione delle suture, da una minor dimensione e da una forza al pull out che ne permettono l’utilizzo in pazienti giovani e con buona qualità ossea, in reinterventi, quando si voglia eseguire tecniche “dual row” e nelle “rifiniture” per ottenere una riparazione completamente “ermetica”. Sono necessari ulteriori studi con maggiore follow up per confermare tali risultati preliminari.

La Redazione

Condividi su

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.