Chi ha sperimentato il dolore provocato da una colica renale sa quanto possa essere lancinante. La colpa è quasi sempre dei calcoli, formazioni solide e cristalline di varie dimensioni dovute alla precipitazione di ossalato di calcio (in tal caso si definiscono radiopachi), acido urico (in tal caso si definiscono radiotrasparenti), cistina e fosfato di ammonio magnesiaco poco solubili nelle urine.
Le cause della loro formazione sono molteplici: predisposizione genetica, infezioni da germi che aumentano la produzione di ammoniaca e alzano il pH, basso pH nei calcoli di acido urico, farmaci altamente tossici come i chemioterapici, alimentazione troppo ricca di calorie e/o di calcio o suo alterato metabolismo, scarsa concentrazione urinaria di sostanze inibenti la precipitazione di calcio (citrato e magnesio). Nel nostro Paese la malattia è in crescita a causa di una più elevata assunzione di proteine animali, fra i principali responsabili della formazione dei calcoli.
I calcoli possono essere unici o multipli, monolaterali o bilaterali (nel 40% dei casi) e si formano nei calici renali per poi migrare nel bacinetto renale, nell’uretere e infine in vescica. I calcoli, quando restano confinati nelle cavità renali, anche se in grado di compromettere la funzione del rene affetto, possono non dare disturbi anche per molto tempo o provocarne di lievi, come un senso di fastidio nella regione lombare. Quando, però, l’organismo prova a liberarsene, il calcolo spesso non riesce a passare dal bacinetto renale all’uretere o a scivolare via con le urine, causando così la classica colica renale: un dolore lancinante a partenza dal fianco, irradiato ai genitali, talora alla coscia anteriore, a seconda della posizione del calcolo, unito a sudorazione, ipotensione arteriosa, nausea, talvolta febbre. Il dolore può durare diverse ore o giorni e si esaurisce solo quando il calcolo riesce a passare in vescica, lasciando però in alcuni casi un indolenzimento della parte e un dolore sordo per alcuni giorni.
A individuare la posizione e la composizione dei calcoli aiutano gli esami del sangue e delle urine, l’Ecografia, gli accertamenti radiografici classici e l’Uro-Tac che sostituisce oggi la famosa urografia. Trascorsa la fase acuta (trattata spesso con antidolorifici e antispastici), allorchè il calcolo è eliminato spontaneamente, si deve aver cura di prevenire le recidive. Fondamentale è un’adeguata ingestione quotidiana di acqua per diluire al massimo le urine e aumentare la diuresi, l’uso degli inibitori della formazione di calcoli (citrati), e, a seconda della composizione dei calcoli, una alimentazione normo o ipo-calorica.
I calcoli renali che non si è riusciti a eliminare in modo naturale possono essere frantumati in piccole parti, purchè di diametro compreso fra 5 e 15 mm., con le onde d’urto di un litotritore esterno (ESWL), ma se di dimensioni maggiori è necessario intervenire o endoscopicamente, risalendo nel rene per via naturale con strumenti flessibili di piccolo calibro che permettono di visualizzare il calcolo e polverizzarlo con il laser ad olmio (RIRS), oppure con accesso percutaneo al rene interessato dalla calcolosi, che permette la frantumazione del calcolo con energie diverse e l’asportazione diretta dei frammenti (PCNL). Sempre più raramente è necessario ricorrere alla chirurgia tradizionale “a cielo aperto”. I calcoli ureterali, allorchè non vi sia la possibilità di un’espulsione spontanea nonostante l’aiuto di farmaci, devono essere asportati con un intervento endoscopico che non lasci cicatrici, quasi mai con un intervento chirurgico tradizionale. Oggi, l‘utilizzo del laser permette un’azione più mirata, senza danneggiare le strutture circostanti, al punto che nel trattamento endoscopico della calcolosi urinaria rappresenta il trattamento d’elezione.
Oltre all’apporto abbondante di liquidi (2-3 litri al dì), l’alimentazione, come accennato, è di grande importanza. Ogni tipo di calcolo, a seconda della principale componente, ha la sua dieta. Per i calcoli di ossalato di calcio è indicata una dieta normocalorica a basso contenuto di sale, proteine animali e zuccheri, ma con normale contenuto di calcio, escludendo dalla dieta i cibi ricchi di ossalati: spinaci, rabarbaro, bietola, barbabietole rosse, nocciole, tè, cioccolato, frutti di bosco. Per i calcoli da acido urico va impostata una dieta con un apporto calorico controllato e una riduzione del quantitativo di purine, contenute soprattutto in prodotti di origine animale. Sono da evitare o da ridurre fortemente i frutti di mare, acciughe, sardine sott’olio, aringa, caviale, frattaglie, estratti e brodo di carne, cacciagione, carni rosse, dolcificanti e alcolici. Per rendere le urine meno acide va incoraggiata l’assunzione di frutta e verdura (evitando quella molto zuccherina). Per i calcoli di fosfato di calcio e di cistina la dieta e il trattamento terapeutico più idoneo dovranno essere studiati insieme al medico.