Disordini temporo-mandibolari: la valutazione DC/TMD

I disordini temporo-mandibolari sono una condizione che affligge in maniera importante la salute pubblica, con un indice di prevalenza che oscilla approssimativamente tra il 5 e il 12% della popolazione generale. Sono il terzo disordine muscolo-scheletrico più comune (dopo lombalgia e cervicalgia), ed impattano le attività della vita quotidiana, le funzioni psico-sociali e la qualità della vita a causa del dolore e della disabilità che comportano (1).

I ‘’Diagnostic Criteria of Temporo-Mandibular Disorders’’ (DC/TMD), sono uno strumento semplice, chiaro, ripetibile e con linguaggio validato per l’interpretazione della storia clinica del paziente, della valutazione e della necessità o meno di imaging per un inquadramento diagnostico elegibile sia nel setting clinico che di ricerca. Inoltre contiene all’interno gli strumenti per l’interpretazione degli aspetti psicosociali e comportamentali (essenziali per un corretto inquadramento e conseguente piano terapeutico), per comprendere se il dolore lamentato dal paziente, soprattutto in un quadro cronico, necessiti di un approccio multidisciplinare (2). I DC/TMD rispettano i criteri del modello biopsicosociale e consentono un inquadramento ben definibile durante la valutazione del paziente, per fare referral e per individuare la prognosi.

Il primo modello fu introdotto nel 1992, chiamato RDC/TMD (‘’R’’ per Research), composto da due assi rispettando l’interpretazione del dolore secondo il modello biopsicospciale. All’interno del AXIS I sono racchiusi i criteri diagnostici dell’aspetto biologico e legati ai processi nocicettivi del dolore, mentre ne AXIS II troviamo l’analisi degli aspetti psicosociali e della relativa disabilità (3).

Ma il RDC/TMD è stato solo il primo passo per l’inquadramento dei disordini temporo-mandibolari, passando da un’ipotesi patogenetica riferita a cause prettamente occlusali, ad una interpretazione del dolore muscolo-scheletrico tipica della medicina ortopedica, come avviene per tutti gli altri distretti del corpo. Il processo di valutazione è durato fino al 2014, nel quale è stato definito il nuovo DC/TMD, dopo molti processi di validazione da un comitato di esperti.

All’interno de AXIS I sono stati identificati 12 principali condizioni di disordine temporo-mandibolare, che includono mialgia (mialgia locale, dolore miofasciale, dolore miofasciale riferito), artralgia e cefalea attribuibile a TMD, quattro diverse condizioni di displacement del disco, disordini degenerativi dell’articolazione, sublussazione e lussazione della ATM. (4)

I livelli di sensibilità e specificità dei test, affinché risultino proponibili in questi criteri diagnostici, sono stimati a >70% per la sensibilità e >95% per la specificità. I test con livelli statistici inferiori sono considerati solo quando non sono disponibili o poco chiare le risposte ai test principali. (5)

Ne AXIS II gli strumenti sono stati espansi includendo scale di valutazione che misurano il comportamento legato al dolore, lo stato e la funzionalità psicosociale, rendendo questo inquadramento un modello per la valutazione di ogni condizione dolorosa anche di altre aree del corpo.

Valutazione del paziente con TMD

La valutazione dell’area temporo-mandibolare, soprattutto nei casi di arrivo del paziente in accesso diretto, necessita di un’attenta esclusione delle red flags e della consapevolezza che la prima causa di dolore oro-facciale ha origine odontogenica, per la quale è richiesto intervento odontoiatrico e non fisioterapico.

Prima di passare all’esame fisico per dare un inquadramento diagnostico alla condizione dolorosa del paziente, all’interno dei DC/TMD è presente un ‘’AXIS I Pain Screener’’. Si tratta di un questionario con valori di sensibilità e specificità >95%, utile per individuare la componente muscolo-scheletrica come fonte di dolore, e di conseguenza poter analizzare i dettagli del TMD del paziente. (6)

Le domande che permettono questo inquadramento sono divise in 5 domini:

  1. Ha mai avuto dolore nell’area della mandibola, tempie, dell’orecchio o davanti all’orecchio nell’altro lato? (Dominio del DOLORE)
  2. Negli ultimi 30 giorni ha avuto mal di testa nell’area delle tempie? (Dominio della CEFALEA)
  3. Negli ultimi 30 giorni ha avuto rumori articolari quando muove o usa la mandibola? (Dominio RUMORI ARTICOLARI)
  4. Si è mai bloccata la mandibola, anche per un momento, impedendo alla bocca di aprirsi? (Dominio CLOSED LOCKING)
  5. Negli ultimi 30 giorni, durante l’apertura della bocca le si è mai bloccata la mandibola, anche per un momento, impedendo alla bocca di chiudersi? (Dominio OPEN LOCKING)

La risposta positiva anche a solo uno di questi item permette di individuare la presenza di disordine temporo-mandibolare.

Valutazione AXIS I

All’interno de AXIS I si riscontrano due macroaree, nelle quali si incontrano le varie nomenclature diagnostiche, ovvero PAIN-RELATED TEMPOROMANDIBULAR DISORDERS (che identifica una condizione aspecifica di dolore secondaria a fenomeni di sensibilizzazione periferica) e INTRA-ARTICULAR TEMPOROMANDIBULAR DISORDERS (condizioni di patologia articolare o alterazioni della biomeccanica del complesso condilo-discale).

Nello specifico di seguito analizziamo le varie condizioni così da poter comprendere come poterle inquadrare e quale risvolto clinico possono avere.

Pain-releted Temporomandibular Disorders:

  • Mialgia: il dolore di origine muscolare è provocato dal movimento, dalla funzione o parafunzione mandibolare ed evocabile con test provocativi del muscolo stesso. I muscoli chiave della palpazione sono il MASSETERE ed il TEMPORALE, che devono rievocare il dolore familiare del paziente, classificabile in locale (se il paziente lo percepisce sul sito della palpazione), miofasciale (se il dolore si espande ma rimane all’interno dei confini del ventre muscolare) e miofasciale con dolore riferito (se il dolore si espande andando oltre i confini del ventre muscolare). La pressione validata è di 1 kg per 5 secondi. (7)
  • Artralgia: Dolore di origine articolare provocato dal movimento, dalla funzione o parafunzione ed evocabile con test provocativi dell’articolazione temporo-mandibolare. Il dolore familiare deve essere confermato dalla palpazione del polo laterale e dell’area posteriore dell’articolazione e dai movimenti di apertura e/o deviazione laterale destra e sinistra e/o protrusione.
  • Cefalea da TMD: cefalea riconosciuta a livello internazionale e inclusa nella classificazione de ICHD-3, inquadrata come cefalea in area temporale secondaria ad un disordine temporo-mandibolare (esclusione alla base di altre forme di cefalea) ed evocabile con la provocazione della muscolatura masticatoria e/o con la richiesta di movimenti articolari (apertura, deviazione laterale destra e sinistra e protrusione).

Clinicamente per il fisioterapista orientarsi in queste condizioni permette di individuare il pain generator (muscolare e/o articolare) della condizione dolorosa del paziente per impostare il trattamento, e per saper inquadrare la cefalea sapendo come paragonarla ad altre condizioni (come le cefalee primarie) che necessitano di una gestione più complessa e di natura multidisciplinare.

Intra-articular Temporomandibular Disorders:

  • Disc displacement con riduzione: è un disordine biomeccanico intra-articolare che coinvolge il complesso condilo-discale. Il disco si trova in posizione anteriorizzata e viene ridotto durante l’apertura della bocca, producendo rumori articolari (click, pop, ecc…). La diagnosi viene confermata con RM, dove si vedrà un disco anteriorizzato in posizione di riposo, che si ricolloca tra la testa del condilo e l’eminenza articolare nella massima apertura della bocca.
  • Disc displacement con riduzione con blocco articolare intermittente: rispetto alla condizione precedente, talvolta anche solo per un momento nei 30 giorni precedenti all’evento, non avviene la riduzione e la mandibola rimane bloccata limitando il movimento articolare in apertura. Tramite il movimento avviene la manovra di riduzione. Tramite RM le immagini sono comparabili alla condizione precedente a meno che non avvenga il deficit di riduzione del disco durante l’esame diagnostico.
  • Disc displacement senza riduzione con limitata apertura: La posizione anteriorizzata del disco non si riduce né col movimento né con le manovre di riduzione impedendo alla bocca di aprirsi completamente, limitando l’arco di movimento. Il cut off registrato per la limitazione dell’apertura è di <40 mm, misurabile clinicamente, mentre la conferma diagnostica avviene tramite RM.
  • Disc displacement senza riduzione senza limitata apertura: Il disco si trova anteriorizzato e non si riduce né col movimento né con le manovre di riduzione, ma non limita l’apertura della bocca (clinicamente misurabile >40 mm). La conferma diagnostica avviene anche in questo caso tramite RM.
  • Disordine degenerativo articolare: condizione clinica caratterizzata dalla degenerazione delle superfici articolari e dai tessuti correlati, portando ad una deformazione dei capi ossei (più frequentemente il condilo mandibolare). Come criteri di inclusione sono presenti crepitii articolari negli ultimi 30 giorni o rilevabili durante l’esame clinico. I crepitii, rispetto agli scrosci articolari, danno una percezione più simile a ‘’sabbia nell’articolazione’’, rispetto a un suono più forte e scandito degli scrosci articolari durante la ricattura del disco. L’esame diagnostico più opportuno è la TC, nella quale emergono fenomeni degenerativi tipici dell’artrosi, esattamente come in altri distretti articolari. Senza la TC la sensibilità dell’esame clinico è del 55%, mentre la specificità del 61%.
  • Sublussazione: condizione clinica tipica in un quadro di ipermobilità, durante il quale, nel movimento di apertura massima della bocca che eccede il normale range of motion (55 mm), il complesso condilo-discale si posiziona anteriormente impedendo alla bocca di richiudersi. Se il paziente è in grado di ridurre autonomamente si parla di sublussazione, mentre se necessita di manovre di riduzione applicate dal professionista si parla di lussazione.

In questi quadri clinici, il Disc displacement con riduzione, il Disc displacement senza riduzione senza limitazione in apertura e il Disordine degenerativo articolare hanno una presentazione all’esame clinico con bassa sensibilità (difficile escludere la problematica) ma ottima specificità (alta probabilità di includerla). La conferma diagnostica quindi necessita delle imaging. Al contrario il Disc displacement senza riduzione con limitata apertura possiede buoni valori di sensibilità e specificità già con l’esame clinico (dovuto alla limitazione del movimento). (2)

Valutazione AXIS II

Inserire di routine la valutazione degli aspetti psicosociali è fondamentale per inquadrare e comprendere il dolore del paziente, dato che sappiamo che la risposta emotiva, cognitiva e comportamentale al dolore è piuttosto indipendente dalla fonte periferica del dolore stesso. Gli strumenti utilizzati, affinché venissero approvati, necessitavano di essere validi, interpretabili, con buona validità inter-operatore, accettabili sia dai pazienti che dai clinici e facilmente traducibili in altre lingue e applicabili a più culture.

Le scale di valutazione utilizzate sono:

  • Patient Health Questionnaire-4 (PHQ-4): 4 items per individuare distress psicologico dovuto ad ansia e/o depressione.
  • Patient Health Questionnaire-9 (PHQ-9): 9 items per la depressione.
  • Patient Health Questionnaire-15 (PHQ-15): 15 items per i sintomi fisici, anche a distanza, riportati da pazienti con disordine temporo-mandibolare.
  • Graded Chronic Pain Scale (GCPS): valuta l’intensità del dolore e la relativa disabilità percepita dal paziente.
  • Pain Drawing: permette al paziente di segnare le aree di dolore su testa, mandibola ed altre aree del corpo.
  • Jaw Functional Limitation Scale (JFLS): misura la limitazione funzionale in attività come masticare, mobilità mandibolare ed espressione verbale ed emotiva.
  • Oral Behavior Checklist (OBC): misura la frequenza di parafunzioni orali come mordersi le unghie, mordicchiare gli oggetti, mordere l’interno della bocca, ecc…

La misurazione dello stato psicosociale del paziente, in ambito fisioterapico, non ha l’obiettivo di diagnosticare l’ansia, la depressione o alterazioni dell’umore del paziente, ma è importante per poter comprendere come il paziente interpreta il suo dolore e come reagisce, che si traduce in strategie di coping che favoriscono la guarigione o la complicano, sviluppando nel tempo una stabile sensibilizzazione centrale tipica del dolore cronico.

Infatti condizioni come ansia, depressione, distress psicologico, catastrofizzazione, strategie di evitamento, coping passivo ed isolamento sociale sono stati riconosciuti come fattori di rischio per lo sviluppo di dolore cronico nei disordini muscolo-scheletrici. (8) Gli stessi fattori di rischio sono stati riscontrati nei pazienti con disordine temporo-mandibolare. (9)

I fattori psicosociali inoltre sono importanti per ottenere risultati dal trattamento almeno quanto lo sono i fattori fisici. (10) Individuare tali fattori al momento della presa in carico del paziente permette di impostare strategie terapeutiche funzionali non solo agli impairments riscontrati all’esame fisico, ma anche su come comunicare e educare il paziente affinché utilizzi strategie di coping favorevoli alla guarigione, o eventualmente riferire a psicologo/psichiatra se il paziente necessita di una gestione multidisciplinare più complessa.

Tra gli strumenti trova una posizione di spicco la Oral BehaviorChecklist (tradotta ma ancora non validata in italiano), che identifica parafunzioni che possono operare a più livelli creando situazioni microtraumatiche per il sistema masticatorio, e sono fattori predittivi fortemente correlati all’esordio di dolore temporo-mandibolare e di cronicità dei disordini temporo-mandibolari. (11)

Inoltre la gestione de AXIS II sembra avere miglior valore prognostico de AXIS I, e la ricerca che non tiene conto dei fattori di rischio psicosociali non può accrescere le conoscenze sul come e perché un certo tipo di trattamento funzioni o meno. (12)

Di seguito una versione schematizzata generale nel quale possiamo vedere le opzioni a disposizione nel ragionamento clinico per i disordini temporo-mandibolari. (Scheffman 2014).

Conclusioni

La suddivisione a due assi, nel rispetto del modello biopsicosociale, è uno strumento molto utile per inquadrare la problematica del paziente e l’impatto che quest’ultima ha dato alla sua quotidianità. La schematizzazione e la definizione dei vari aspetti clinici così come sono proposti dagli autori non deve essere interpretata come un meccanismo rigido e protocollato di valutazione. In definitiva, in ambito riabilitativo, è importante individuare il pain generator periferico (muscolare e/o articolare), saper interpretare un’alterazione della meccanica del complesso condilo-discale se presente e comprendere se il paziente è a rischio di cronicizzare (se è al primo episodio) o già è in fase cronica (fattori psicosociali più rilevanti di quelli biologici).

Per questo motivo l’inquadramento è lo stesso che nella nostra professione adottiamo per i disordini muscolo-scheletrici di ogni parte del corpo, e l’articolazione temporo-mandibolare non fa eccezione da questo concetto.

Dott. Edoardo Balli Fisioterapista a Prato

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BIBLIOGRAFIA

  1. Merskey H, Giamberardino MA, Jensen TS. Introduction in pain comorbidities: understanding and treating the complex patients. Seattle. IASP Press. 2012:1-20.
  2. Diagnostic Criteria for Temporomandibular Disorders (DC/TMD) for clinical and research applications: recommendations of the international RDC/TMD consortium network and Orofacial Pain Special Interest Group. Schiffman E, Ohrbach R, et al. J Oral Facial Headache 2014;28:6-27.
  3. Dwarkin SF, LeResche L. Research diagnostic criteria for temporo-mandibular disorders. Review criteria, examinations and specifications, critique. J Craniomandib Disord 1992;6:301-355.
  4. Truelove E, Pan W, Look JO et al. The Research diagnostic criteria for temporomandibular disorders III: Validity of Axis I diagnosis. J Orofac Pain. 2010;24:35-47.
  5. Peck CC, Goulet JP, Lobbezoo F et al. Expanding the taxonomy of the Diagnostic Criteria of Temporo-Mandibular Disorsors (DC/TMD). J Oral Rehabil 2014;41:2-23.
  6. Gonzalez YM, Schiffman EL, Gordon SM et al. Development of a brief and effective TMD-pain screening questionnaire: reliability and validity. J Am Dent Assoc. 2011;24:1183-1191.
  7. Ohrbach R, Gonzalez YM, List T, Michelotti A, Schiffman EL. Diagnosti Criteria of Temporomandibular Disorders (DC/TMD). Clinical Examination Protocol.
  8. Nicholas MK, Linton SJ, Watson PJ, Main CJ. ‘’ Decade of the flags’’ Working Group. Early identification and mamagement of psychological risk factors (yellow flags) in patient with low back pain. A reappraisal. Phys Ther 2011;91:737-753.
  9. Galli U, Ettlin DA, Palla S, Ehlert U, Gaab J. Do illness perceptions predict pain-related disability and mood in chronic orofacial pain patients? A 6-months follow-up study. Eur J Pain. 2010;14:550-558.
  10. Litt MD, Schafer DM, Kreutzer DL. Brief cognitive-behavioral treatment for TMD pain: long-term outcomes and moderators of treatment. Pain 2010;151:110-116.
  11. Ohrbach R, Bair E, Fillingim RB et al. Clinical orofacial characteristics associated with of first onset of TMD. The OPPERA prospective cohort study. J Pain 2013;14:T33-T50.
  12. Wright AL, Gatchel RJ, Wildestein L, Riggs R, Buchang P, Ellis E 3rd. Biopsychosocial differences between high-risk and low-risk patients with acute TMD related-pain. J Am Dent Assoc 2004;135:474-483.

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