La rottura della cuffia dei rotatori

La cuffia dei rotatori è un complesso muscolo-tendineo che avvolge l’articolazione della spalla rimanendone a diretto contatto.

È costituita dalla confluenza di 4 fasci che originano dalla scapola inserendosi lateralmente alla testa dell’omero. Sono responsabili di buona parte dei movimenti di rotazione ed elevazione del braccio.

Cause di rottura

La loro rottura può avvenire per un evento traumatico, come risultato di una sollecitazione eccessivamente brusca oppure per un impatto ad alta energia della spalla.

Spesso la lesione si instaura nel tempo per stati degenerativi tendinei a causa di continui stress dell’articolazione, per disturbi ormonali o metabolici concomitanti o semplicemente come frutto della degenerazione indotta dall’invecchiamento.

Frequentemente, è l’insieme di questi elementi a produrne il danno.

Tipologie

Le rotture della cuffia dei rotatori possono coinvolgere uno o più tendini che la compongono, possono essere parziali o complete, con retrazione più o meno importante del tessuto tendineo lesionato e ciò può rendere la riparazione semplice, problematica o addirittura impossibile.

Attività sportive a rischio

Le attività sportive che più incidono nella traumatologia della cuffia dei rotatori sono il canottaggio, il body building, il baseball, il rugby, il motocross, lo sci da discesa.  Generalmente, vengono considerate a rischio tutte le attività che sollecitano la spalla e il braccio in elevazione forzata o sospensione protratta ben definite negli Stati Uniti come “over head”.

Caratteristiche

La rottura della cuffia dei rotatori è solitamente caratterizzata da dolore nella parte anteriore della spalla, che può essere irradiato anche al braccio in sede antero-laterale specialmente quando si compiono movimenti in elevazione e sospensione del gomito sopra la spalla.

Risulta difficile e doloroso:

  • sostenere un giornale,
  • appoggiare il gomito al bracciolo di una poltrona o di un tavolo,
  • guidare l’auto,
  • infilare la giacca,
  • allacciare il reggiseno,
  • sollevare pesi anche modesti nei casi più gravi.

Manifestazione frequente è anche la presenza di dolore notturno con difficoltà nel trovare la giusta posizione del braccio nel letto.
In presenza di una rottura cronica di vecchia data, il dolore si manifesta con intensità variabile nel tempo, frequentemente con fasi intermittenti di relativo benessere.

Diagnosi

La diagnosi avviene solitamente attraverso l’esame obbiettivo fisico, seguito per conferma da indagini strumentali.
La radiografia, sebbene non evidenzi la rottura, può essere utilizzata per rendere visibili eventuali alterazioni concomitanti a carico delle componenti scheletriche in esame, mentre la risonanza magnetica nucleare e l’ecografia confermano l’entità e la qualità del tessuto tendineo lesionato.

Terapia conservativa e terapia chirurgica

Accertata la diagnosi, può essere intrapreso un percorso riabilitativo combinato da terapie fisiche elettromedicali e ginniche per ridurre la componente infiammatoria e cercare di ottenere un recupero funzionale.

Spesso è necessario ridurre le richieste prestazionali limitando le attività fisiche in sospensione ed elevazione protratta del braccio.

I risultati della terapia conservativa e dei controlli clinici nel tempo possono far variare il trattamento a favore di un intervento riparativo chirurgico.

La riparazione tendinea può essere effettuata con tecnica chirurgica artroscopica ottenendo una riparazione completa o parziale a seconda della retrazione e della qualità tendinea presente. I tendini vengono reinseriti alla estremità ossea omerale (trochite) in sede anatomica per mezzo di piccole ancorette intraossee costituite da materiale riassorbibile o in titanio con incorporati dei fili di sutura che vengono annodati al tendine lesionato consentendo la stabilità osteotendinea primaria. Nel contempo vengono asportati i tessuti infiammati responsabili del dolore e viene effettuata una plastica delle strutture ossee deformate di contorno della cuffia (acromionplastica).

L’anestesia è generalmente di tipo generale associata ad una anestesia locoregionale dell’arto superiore; entrambe vanno concordate e valutate insieme all’anestesista.

Degenza e post intervento

La degenza ospedaliera è generalmente di una notte a cui consegue per 3-4 settimane a seconda della qualità tissutale riparata, un decorso con tutore immobilizzante per favorire i processi di riposo e cicatrizzazione. Il tutore deve essere procurato prima del ricovero in quanto indossato già al termine dell’intervento. Il tutore deve essere indossato giorno e notte e può essere rimosso solo per alcuni minuti nella giornata per mobilizzare polso, mano e gomito.

Al termine del periodo prescritto inizia un importante programma di fisioterapia in struttura dedicata e specifica per la mobilizzazione dapprima passiva poi attiva. Generalmente, il percorso fisioterapico ha una durata media di 2 mesi con cadenza di 2-3 sedute a settimana. Casi più difficili richiedono una assistenza fisioterapica protratta.

Ripresa

Le attività quotidiane, lavorative e la guida dell’automobile possono riprendere gradualmente per gesti semplici e privi di sforzi a 45-50 giorni dall’intervento ed essere incrementate con il passare delle settimane.

Il ripristino senza limitazioni di attività fisiche lavorative impegnative e sportive avviene in media al 4-5’ mese compiuto anche in presenza di recuperi funzionali eccellenti, al fine di garantire una guarigione biologica completa.

 

Dott. Andrea Berardi

 

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