Negli ultimi giorni la comunità scientifica italiana ha portato in primo piano un risultato che, pur essendo ancora da confermare su campioni più ampi, apre scenari molto concreti: nel sangue delle persone con Parkinson sono state individuate alterazioni metaboliche specifiche, in particolare nei metaboliti degli amminoacidi e in vie collegate alla funzione dei mitocondri. In parole semplici, la malattia non lascia tracce solo nel cervello: anche il “laboratorio chimico” del nostro organismo , il sangue, mostra squilibri misurabili. Questo rende più vicino l’obiettivo di biomarcatori ematici utili per individuare precocemente la malattia, monitorarne l’andamento e, un domani, personalizzare i trattamenti.
A fare da cornice, a fine novembre si terrà la Settimana del Parkinson 2025 (24–29 novembre), un programma di incontri e servizi gratuiti sia a Milano sia online, pensato per pazienti e caregiver: un’occasione concreta per fare informazione, prevenzione e rete di sostegno (calendario e modalità di partecipazione sulla pagina ufficiale dell’iniziativa).
“Queste anomalie nel sangue non sostituiscono la diagnosi clinica,” sottolinea il neurologo intervistato, “ma possono diventarne l’alleato: guidano i follow-up, aiutano a stratificare i pazienti e, in prospettiva, a costruire terapie combinate che ripristinino gli equilibri metabolici alterati”.
Che cosa è stato trovato, in parole semplici
Segnali metabolici “spia”
Lo studio citato, condotto su pazienti italiani e pubblicato su una rivista internazionale peer-review, ha rilevato differenze riproducibili nel profilo dei metaboliti circolanti: tra questi spiccano alterazioni nei circuiti di glutammato/glutammina, serina e glicina, oltre a molecole collegate alla bioenergetica mitocondriale. Tradotto: il metabolismo di alcuni amminoacidi e la produzione di energia nelle cellule non scorrono come nei controlli sani. Il dato è coerente con un filone di ricerche che da anni collega mitocondri e stress ossidativo alla neurodegenerazione, ma qui la novità è la tracciabilità nel sangue e la coerenza dei risultati con metodi analitici indipendenti.
“È uno studio esplorativo,” avverte il clinico, “ma solidamente disegnato. Serve conferma su popolazioni più ampie e diversificate, con attenzione a sesso, genetica e farmaci in uso: variabili che possono modulare questi segnali.”
Perché il sangue conta
A differenza del liquor o di indagini neuroradiologiche complesse, un prelievo è poco invasivo, ripetibile e implementabile nella pratica clinica. Se un pannello di biomarcatori ematici si dimostrasse robusto, si potrebbero:
Affiancare la diagnosi clinica, soprattutto nei casi iniziali o sfumati.
Monitorare il decorso e la risposta alle terapie nel tempo, come un “elettrocardiogramma metabolico” che si aggiorna a ogni controllo.
Stratificare i pazienti in sottogruppi biologicamente omogenei, facilitando studi clinici più mirati.
Diagnosi precoce: tra realtà e prospettiva
Cosa c’è già e cosa manca
Oggi la diagnosi di Parkinson resta clinica, basata su storia, esame neurologico e, talvolta, imaging funzionale. I biomarcatori ematici sono una frontiera in rapida evoluzione: alcuni lavori segnalano firme metaboliche promettenti, altri esplorano proteine malripiegate e approcci di intelligenza artificiale applicata a voce, scrittura e movimento. Ma un test del sangue unico e definitivo non è ancora realtà clinica.
“La vera svolta,” chiarisce il neurologo, “arriverà quando combinando segnali metabolici, dati clinici e magari indicatori digitali riusciremo a definire un punteggio di rischio individuale affidabile. È lì che la medicina diventa di precisione.”
Terapie: perché si parla di “combinazioni” intelligenti
Dalla dopamina al metabolismo
I farmaci attuali agiscono sui sintomi motori (dopamina e affini) e, in alcuni casi, su circuiti non motori. Se gli squilibri ematici osservati hanno un ruolo nella fisiopatologia o nella resilienza del sistema nervoso, correggerli con strategie nutrizionali e farmacologiche mirate (per esempio modulando vie aminoacidiche o supportando i mitocondri ) potrebbe potenziare l’efficacia delle terapie standard. È uno scenario ancora di ricerca, ma razionale.
“Non si tratta di sostituire la levodopa,” precisa il medico, “bensì di affiancarla con interventi che ripristinino gli equilibri bioenergetici. L’obiettivo è rallentare la progressione, ridurre fluttuazioni e migliorare qualità di vita.”
La vita di tutti i giorni: cosa significa per pazienti e caregiver
Visite e follow-up più mirati
Se i medici avranno a disposizione un profilo metabolico misurabile, sarà più facile personalizzare il calendario dei controlli e scegliere quando intensificare la riabilitazione o rivedere la terapia. Un approccio che dialoga bene con percorsi già praticati nella comunità clinica, come la riabilitazione motoria finalizzata a mantenere autonomia e sicurezza (leggi l’approfondimento su riabilitazione e qualità di vita).
Alimentazione e stili di vita, ma senza mode
Sul piano pratico, la ricerca metabolomica non autorizza diete “miracolose”. Significa però che nutrizione, microbiota e mitocondri contano, e che scelte alimentari equilibrate (ad esempio un modello Mediterraneo ricco di fibre e grassi omega-3) possono sostenere i circuiti biochimici coinvolti (vedi il focus su asse intestino-cervello e i possibili benefici degli omega-3). Naturalmente, ogni cambiamento va concordato con il team curante.
“La dieta non è una terapia da sola,” ribadisce il neurologo, “ma è una leva potente se integrata in un progetto clinico: movimento regolare, fisioterapia, sonno, nutrizione e aderenza ai farmaci.”
La Settimana del Parkinson 2025: informazione, prevenzione e comunità
Una settimana per incontrarsi (anche online)
Dal 24 al 29 novembre 2025 sono in programma ambulatori aperti, laboratori con fisioterapisti e nutrizionisti, sportelli psicologici e un Web Congress finale: un palinsesto pensato per domande reali e risposte pratiche. È l’opportunità per aggiornarsi sulle novità della ricerca, capire come muoversi nella rete dei servizi e rafforzare il rapporto tra pazienti, caregiver e professionisti. Dettagli, iscrizioni e contatti sono disponibili sul sito dedicato all’iniziativa.
Domande importanti (e oneste) sulla ricerca
Quanto è solida l’evidenza?
Il lavoro pubblicato su npj Parkinson’s Disease utilizza due piattaforme metabolomiche indipendenti (¹H-NMR e UPLC/MS) e trova differenze coerenti tra pazienti e controlli. È una brief communication: metodologia curata, numeri ancora contenuti, bisogno di repliche multicentriche. Il percorso è quello giusto: convalida, standardizzazione e traduzione clinica.
E i possibili bias?
Farmaci dopaminergici, comorbidità, dieta, sesso e genetica possono influenzare i metabolismi misurati. Studi paralleli stanno proprio testando l’effetto di queste variabili, inclusa la dimensione di genere, per arrivare a pannelli davvero robusti e “generalizzabili”.
Come orientarsi adesso: consigli operativi
Per chi ha una diagnosi
Programma con il neurologo un follow-up strutturato (clinico + riabilitazione + educazione terapeutica).
Chiedi se il tuo centro partecipa a studi su biomarcatori ematici: contribuire alla ricerca significa accelerare l’innovazione.
Integra stile di vita e nutrizione con percorsi personalizzati (vedi anche “Parkinson e disturbi oculari” per i controlli visivi correlati).
Per i caregiver
Partecipa a momenti informativi come la Settimana del Parkinson: strumenti e rete contano quasi quanto le terapie.
Valuta percorsi di fisioterapia mirati per mantenere autonomia e sicurezza domestica (approfondimento su benefici della fisioterapia nell’anziano).
Messaggio chiave
La scoperta di alterazioni nel sangue non è un traguardo finale, ma un ponte: collega il laboratorio alla clinica. Se consolidata, potrà anticipare la diagnosi precoce, rendere più precisa la presa in carico e orientare terapie combinate che, accanto ai farmaci, agiscano sui mitocondri e sul metabolismo degli amminoacidi. Nel frattempo, informazione di qualità, riabilitazione, nutrizione ragionata e aderenza ai trattamenti restano i pilastri del prendersi cura.
Per approfondire
Se vuoi approfondire temi con taglio pratico, ecco alcuni contenuti su dossiersalute.com utili per la gestione quotidiana:
Cervello e intestino: il ruolo della nutrizione nell’asse intestino-cervello
Collaborazioni e innovazione per le malattie neurodegenerative Dossier Salute+4Dossier Salute+4Dossier Salute+4
Fonti
npj Parkinson’s Disease – Independent serum metabolomics approaches identify disrupted glutamic acid and serine metabolism in Parkinson’s disease patients (open access). PubMed+1
ANSA – Canale Scienza: “Parkinson, identificate le alterazioni nel sangue” (news). ANSA.it
Tgcom24 – Salute: “Parkinson, identificate alterazioni nel sangue dei pazienti” (news e contesto italiano). TGCOM24
Parkinson.it – Fondazione Pezzoli: “La Settimana del Parkinson 2025” (programma e contatti). Parkinson.it
PMC – Revisione/ricerca su mitocondri e PD (contesto bioenergetico).
foto:freepik
Lavinia Giganti – Redazione
FAQ
Non ancora nella pratica clinica. I nuovi studi indicano biomarcatori promettenti ma richiedono conferme, standardizzazione e validazione multicentrica prima dell’uso routinario.
La dieta può sostenere i circuiti metabolici (es. pattern Mediterraneo), ma non sostituisce le terapie. Ogni intervento va concordato con il team curante.
o, non subito. Possono però guidare la personalizzazione e, in futuro, ispirare strategie combinate che affianchino ai farmaci interventi mirati su mitocondri e metabolismo.
Consulta il programma della Settimana del Parkinson 2025: attività gratuite in presenza e Web Congress finale con sessioni Q&A.
I biomarcatori sono misure oggettive (per esempio nel sangue) che affiancano la diagnosi clinica; non la sostituiscono, ma possono renderla più precisa e precoce.





