Una frontiera che entusiasma; ma da comprendere con rigore
Negli ultimi anni la medicina rigenerativa è entrata con decisione nel lessico della sanità, talvolta con toni salvifici. L’idea è seducente: attingere alle risorse intrinseche del nostro organismo – cellule, fattori di crescita, mediatori biologici – per promuovere la riparazione dove la malattia ha lasciato un’impronta. Se in ortopedia le applicazioni hanno già prodotto protocolli consolidati per alcune condizioni, l’ambito neurologico è una sfida ancora più ambiziosa, perché tocca organi e funzioni (cervello, midollo, nervi periferici) dalla complessità mirabile.
La cornice, per usare le parole del dottor Monea, medico chirurgo ortopedico, è chiara: “La medicina rigenerativa oggi è una disciplina molto attuale. Vuole tirare fuori le risorse del nostro corpo per riparare i difetti e i danni che, a lungo andare, diventano malattia.” L’obiettivo è nobile, ma la strada – come vedremo – richiede metodo, misure di qualità e un dialogo trasparente con i pazienti su ciò che è clinico e ciò che è ancora sperimentale.
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Cosa intendiamo per medicina rigenerativa “neurologica”
Dalle basi biologiche al letto del malato
La medicina rigenerativa in neurologia cerca di modulare l’infiammazione, sostenere la plasticità e, dove possibile, favorire la riparazione di tessuti nervosi danneggiati. In concreto, le strade principali sono due: impiegare preparati autologhi come il PRP (plasma ricco di piastrine) per veicolare segnali pro-riparativi, oppure intervenire con cellule staminali (o preparazioni cellulari affini) per sfruttarne il potenziale trofico e immunomodulante.
Il dott. Monea riassume così il paradigma: “La medicina rigenerativa tende a riparare quei danni che si sono trasformati in patologia. Attraverso vari metodi – PRP, fattori di crescita, cellule staminali mesenchimali – stimoliamo i processi che riattivano la risposta di riparazione.” In ambito neurologico, spiega, le ricerche attive riguardano soprattutto “esiti di ictus cerebrale e, in fase osservazionale, pazienti con sclerosi multipla”, con un approccio “virato, di precisione”.
Sul piano scientifico, le cellule staminali mesenchimali (provenienti da midollo osseo o tessuto adiposo) sono studiate per gli effetti paracrini (rilascio di vescicole extracellulari, citochine, fattori di crescita) più che per una vera “sostituzione” delle cellule nervose perdute; la riparazione in senso stretto, nel cervello umano, resta un orizzonte, non uno standard. Le rassegne specialistiche in ambito ictus concordano nel sottolineare risultati promettenti ma ancora non conclusivi sugli esiti clinici funzionali, con studi di fase I–II spesso piccoli e protocolli eterogenei.
PRP e fattori di crescita: cosa sono e come vengono usati
Dal prelievo alla concentrazione piastrinica
Il PRP nasce da un prelievo di sangue del paziente, seguito da centrifugazione: si ottiene così una frazione con piastrine concentrate, “cariche” di molecole bioattive (PDGF, TGF-β, VEGF, ecc.). “Non basta fare un prelievo: le piastrine devono essere almeno due-tre volte la base fisiologica”, puntualizza il dott. Monea. “Con questi fattori di crescita, che sono proteine con attività di stimolo, somministrati in sedi strategiche possiamo riattivare i processi replicativi e la risposta di riparazione del danno.”
In neurologia clinica l’impiego intraparenchimale cerebrale del PRP non è pratica standard. Le applicazioni più vicine al letto del paziente riguardano lo scolo periferico (lesioni di nervi periferici, neuromi dolorosi, intrappolamenti): qui le revisioni recenti suggeriscono segnali positivi sul dolore e, in alcuni contesti, sulla rigenerazione del nervo, ma servono RCT di qualità per definire indicazioni e dosaggi. Nel dominio muscoloscheletrico, invece, il PRP è studiato da più anni e per alcune condizioni (es. gonartrosi lieve-moderata) le valutazioni istituzionali riconoscono un profilo di sicurezza con potenziali benefici sintomatici, pur invocando studi più solidi.
Uno strumento, non la soluzione: dove il PRP ha senso oggi
Il messaggio per il lettore è prudente: il PRP non “cura” una malattia neurologica complessa come l’ictus o la sclerosi multipla; può però avere un ruolo in percorsi combinati, per modulare il dolore neuropatico periferico o supportare la riparazione dei nervi periferici in contesti selezionati. Al di fuori di questi scenari, il suo impiego resta oggetto di ricerca. E le autorità regolatorie ricordano che molte proposte “miracolistiche” di medicina rigenerativa non sono approvate per patologie neurologiche.
Cellule staminali mesenchimali: promesse, limiti e stato dell’arte
Cosa dicono gli studi su ictus e sclerosi multipla
“Utilizziamo i fattori di crescita anche per dare una spinta alle cellule staminali: l’idea è che possano raggiungere i siti lesionati e favorire la riparazione”, spiega il dott. Monea. È una rappresentazione efficace dell’ipotesi biologica: in modelli sperimentali, le MSC modulano l’infiammazione, promuovono angiogenesi e plasticità sinaptica. Tuttavia, nelle prove cliniche sull’ictus, i risultati – pur confortanti in termini di sicurezza in mani esperte – non hanno ancora dimostrato in modo robusto un vantaggio funzionale rispetto alle cure standard. Uno studio randomizzato su progenitori midollari allogenici (MultiStem) somministrati entro 18–36 ore dall’ictus ha confermato la sicurezza, ma ha richiesto ulteriori ricerche per chiarire l’efficacia clinica. La European Stroke Organisation sottolinea apertamente le incertezze su tipo cellulare, dosaggio e via di somministrazione
Nella sclerosi multipla la direzione è simile: la AAN (American Academy of Neurology) ribadisce le terapie modificanti la malattia validate da RCT e non include le staminali mesenchimali tra gli standard di cura; i trial in corso esplorano sicurezza e segnali di efficacia, soprattutto nelle forme progressive, ma la strada verso un impiego routinario è ancora lunga. Review autorevoli richiamano il potenziale immunomodulante, insieme ai molti nodi aperti (selezione del paziente, timing, outcome).
Attenzione a promesse sbrigative e cliniche improvvisate
Sul fronte regolatorio i richiami sono netti: la FDA avverte che nessuna terapia “rigenerativa” a base di cellule o PRP è approvata per trattare malattie neurologiche come ictus, sclerosi multipla, Parkinson, Alzheimer o epilessia; l’EMA, tramite il Comitato per le Terapie Avanzate, mette in guardia contro l’offerta di interventi non regolati, con rischi anche gravi e assenza di prove di efficacia. Il paziente ha quindi diritto a percorsi autorizzati, tracciabili e inseriti in studi clinici quando si parla di indicazioni non consolidate.
Selezione del paziente, diagnosi e obiettivi: la clinica prima di tutto
Medicina di precisione e alleanze terapeutiche
Il dott. Monea insiste sulla selezione: “Il PRP va fatto in modo preciso, scegliendo il paziente adatto. Si lavora con un metodo rigoroso, con macchine garantite per la centrifugazione, in un contesto autorizzato.” È un punto etico prima ancora che tecnico. In neurologia, dove molte ipotesi sono in fase osservazionale, la qualità del percorso (criteri di inclusione, misure di outcome, follow-up) conta quanto e più della tecnica.
Il contributo potenziale della medicina rigenerativa si inserisce dunque in un mosaico che resta fatto di riabilitazione intensiva e precoce, prevenzione secondaria, gestione dei sintomi (dolore, spasticità, fatica), assistenza multidisciplinare e strumenti validati per misurare il funzionamento (cammino, eloquio, autonomia). Nel post-ictus, per esempio, le linee guida nazionali raccomandano valutazioni periodiche e interventi mirati sui fattori che aggravano la fatica e limitano l’indipendenza: perché rigenerare, senza reimpostare l’intero ecosistema della cura, è un’illusione.
Cosa si sta sperimentando (e cosa è già clinico)
Le parole del medico, integrate nella cornice delle prove
“Stiamo facendo lavori condivisi dalla comunità scientifica. In neurologia vediamo risultati importanti: trattamenti mirati con fattori di crescita e staminali mesenchimali per la riparazione di danni cerebrali (esiti di ictus), e in osservazione su sclerosi multipla.”
“Il denominatore comune è il miglioramento cognitivo e motorio: forza, aspetti sensitivi, autonomia del paziente.”
Queste osservazioni cliniche restituiscono la direzione della ricerca. Ma il passaggio da “segnali incoraggianti” a standard di cura richiede ciò che protegge i pazienti: trial controllati, randomizzazione, confronti con terapie attive, replicabilità. È il prezzo (e il valore) della medicina basata sulle prove.
Nel frattempo, dove vi sono evidenze più mature – ad esempio PRP per alcune condizioni muscoloscheletriche o per la rigenerazione nervosa periferica in casistiche selezionate – la terapia entra in percorsi clinici regolati. In neurologia centrale, invece, staminali e derivati (come le vescicole extracellulari) restano sperimentali: promettenti, ma da proporre dentro studi con consenso informato chiaro e criteri di sicurezza stringenti.
Qualità e sicurezza: non sono dettagli
Dalla metodologia al luogo fisico in cui ci si cura
“Se tutto viene fatto secondo criteri scientifici, con materiale garantito, in un contesto autorizzato, i rischi non ci sono, anche perché si tratta di sangue autologo.”
Il dott. Monea sottolinea un principio che condividiamo, precisando però – per correttezza verso i lettori – che “rischio zero” non esiste in medicina: si può e si deve ridurre al minimo, ma complicanze locali (dolore in sede di iniezione, sanguinamento, infezione) o sistemiche (molto rare) sono possibili, motivo in più per affidarsi a professionisti e strutture abilitate.
Autorità come FDA ed EMA raccomandano di diffidare di chi propone “terapie rigenerative” fuori da protocolli autorizzati, senza un’informazione trasparente su indicazioni, limiti e alternative. La qualità, in questo ambito, significa: tracciabilità dei prodotti, standard procedurali, monitoraggio degli esiti, facilità di segnalazione di eventi avversi, aderenza a linee guida e consenso informato comprensibile.
Dove si cura il paziente: la clinica, la rete, il territorio
La medicina rigenerativa non vive nel vuoto. Ha bisogno di reti: centri che dialogano con la riabilitazione, con la neurologia, la neuropsicologia, la fisiatria. L’esperienza del dott. Monea nasce in Calabria, a Taurianova, da una lunga tradizione dedicata alla medicina del dolore e alla ricerca delle cause che lo alimentano: un esempio concreto di come la spinta “rigenerativa” debba integrarsi con presa in carico globale del paziente, dai sintomi alla funzione, dai bisogni sociali alla qualità della vita.
Domande utili che ogni paziente dovrebbe porre (in modo naturale, senza schemi rigidi)
Chiedere che diagnosi ho, quali obiettivi sono realistici e come li misureremo; domandare quali prove sostengono quel trattamento per il mio caso; verificare dove e da chi verrà eseguito; capire costi, tempi, necessità di riabilitazione associata. In ambito neurologico, poi, è cruciale sapere se si tratta di studio clinico o di routine: cambia tutto, dal consenso agli esami di controllo.
Le frasi-chiave del dott. Monea
- “La medicina rigenerativa tira fuori le risorse del nostro organismo per riparare i danni.”
- “Usiamo fattori di crescita e cellule staminali mesenchimali in ottica di medicina di precisione.”
- “Il PRP va fatto con metodo: piastrine concentrate 2–3 volte rispetto alla base, centrifugazione garantita, contesti autorizzati.”
- “Sui pazienti con esiti di ictus e in osservazione su sclerosi multipla stiamo vedendo miglioramenti su aspetti cognitivi e motori.”
- “Se si seguono criteri scientifici e si usano dispositivi certificati, i rischi non ci sono, trattandosi di sangue autologo.”
Queste parole restituiscono l’intenzione clinica: spingere la biologia verso la riparazione, ma farlo con rigore.
Conclusione: entusiasmo, sì; ma accompagnato da metodo e misure
L’avanzata della medicina rigenerativa in neurologia non è una favola consolatoria: è scienza in cammino, fatta di progressi incrementali, talora lenti, che richiedono pazienza e precisione. Oggi sappiamo che PRP e preparazioni cellulari possono modulare ambienti tissutali sfavorevoli; in modelli sperimentali e in alcune applicazioni cliniche periferiche si colgono benefici plausibili. In ambito cerebrale e nelle malattie demielinizzanti, però, siamo soprattutto nel regno dei trial: promettenti, ma ancora insufficienti a cambiare linee guida.
La buona notizia è che il percorso – quando condotto in multidisciplinarietà, con riabilitazione precoce e obiettivi misurabili – può tradurre la spinta biologica in recupero concreto. La responsabilità condivisa è mantenere il baricentro: né negare l’innovazione, né cedere a slogan. In mezzo c’è la medicina migliore: quella che ascolta, misura, spiega e accompagna.
Per approfondire
Per esplorare altri tasselli del percorso di cura con uno sguardo pratico e affidabile, ecco alcuni contenuti di DossierSalute:
- Rieducazione post-traumatica: come tornare attivi dopo un infortunio
- Riabilitazione sportiva: il modo più rapido per tornare in forma dopo un infortunio
- Traumi da sport invernali: strategie efficaci per un recupero rapido e sicuro
- Esercizi utili per il recupero da lesioni al ginocchio
Fonti per gli approfondimenti
- FDA – Important patient and consumer information about regenerative medicine therapies (assenza di approvazioni per patologie neurologiche come ictus, SM, Parkinson). (U.S. Food and Drug Administration)
- EMA / Committee for Advanced Therapies – Public statement: unproven cell-based therapies (avvertenze contro offerte non regolamentate). (European Medicines Agency (EMA))
- European Stroke Organisation – Cell therapy after ischemic stroke in the thrombectomy era? (prove ancora limitate, quesiti aperti). (European Stroke Organisation)
- JAMA Neurology – Allogeneic Stem Cell Therapy for Acute Ischemic Stroke (MultiStem): sicurezza confermata, efficacia da chiarire. (JAMA Network)
- AAN – Disease-modifying therapies for adults with multiple sclerosis (standard attuali; staminali non incluse tra terapie di routine). (aan.com)
foto:freepik
Dott. Francesco Monea, fisiatra, in collaborazione con Lavinia Giganti, redazione
FAQ
No. Oggi il PRP non è terapia standard per l’ictus. Le ricerche cliniche su cervello e midollo sono in corso; le autorità regolatorie non approvano il PRP per patologie neurologiche centrali. Può invece avere un ruolo in ambiti periferici selezionati (nervi).
No. Le MSC sono allo studio, con segnali immunomodulanti; ma le linee guida AAN indicano come standard solo le terapie modificanti la malattia validate da RCT. L’eventuale uso di staminali va considerato sperimentale e in protocolli autorizzati.
Perché la ricerca produce ipotesi e piccoli studi positivi. Trasformarli in standard richiede prove robuste e replicabili. ESO e JAMA Neurology sottolineano che su ictus l’efficacia clinica resta da confermare.
Nelle indicazioni muscolo-scheletriche selezionate il profilo di sicurezza è buono; in neurologia centrale non è un trattamento di routine. Anche con il PRP esistono rischi, seppur rari, e vanno discussi con il medico.
Deve essere autorizzato, con tracciabilità, consenso informato chiaro, misure di outcome definite e, se sperimentale, dentro uno studio clinico registrato. Diffida di chi promette guarigioni “sicure” e immediate.





