Coxartrosi

Glossario Medico

La coxartrosi (dal latino “coxa” cioè “anca”), o artrosi dell’articolazione coxo-femorale, è una delle patologie degenerative articolari più diffuse.

Colpisce entrambi i sessi con una minima prevalenza femminile e si manifesta generalmente dopo la sesta decade di vita. In realtà il danno articolare inizia a manifestarsi in modo asintomatico molto prima, divenendo poi progressivamente più evidente con la comparsa di dolore e limitazione funzionale.

Le cause

Le cause della coxartrosi sono classicamente divise in primarie e secondarie. La coxartrosi primaria non è riconducibile a fenomeni patologici pregressi ed è causata da fattori generali quali lesioni metaboliche o processi infiammatori articolari generici e misconosciuti.

La coxartrosi secondaria insorge invece su precedenti patologie che hanno colpito l’articolazione, a volte in età giovanile o infantile.

Si riconoscono:

Cause meccaniche:

displasia congenita dell’anca, incongruenza articolare (conflitto femoro-acetabolare), epifisiolisi, sovraccarichi, ecc…

Cause strutturali:

coxite, osteonecrosi, osteomalacia, osteoporosi, malattie endocrine, malattie reumatiche ed ematologiche, infettive, ischemiche, ecc…

Cause traumatiche:

Fratture, lussazioni, o postumi di tali eventi traumatici.

La coxartrosi primaria si manifesta generalmente dopo la quinta/sesta decade di vita mentre la secondaria esordisce in età più giovanile spesso prima della quarta decade.

La storia clinica della patologia è generalmente simile per le due forme.

I sintomi

I sintomi, inizialmente lievi e saltuari, diventano poi progressivamente più gravi e debilitanti. La rapidità di tale processo dipende dalla causa che l’ha provocato e può essere a volte drammaticamente evolutiva, come nella necrosi, o più lenta e subdola, come nelle patologie infiammatorie e metaboliche.

Il sintomo principale è il dolore a livello inguinale, che può coinvolgere la regione dei glutei fino alla schiena o la coscia fino al ginocchio. Spesso insorge solo al carico ma, soprattutto nelle forme infiammatorie, anche di notte e a riposo.

Date le sue caratteristiche di sede e d’irradiazione, tale dolore deve essere differenziato rispetto a quello provocato da patologie che coinvolgono il rachide od il ginocchio, che molto spesso confondono la vera causa principale.

L’aumento progressivo del dolore porta ad un decadimento delle capacità funzionali del paziente, con difficoltà alla deambulazione e progressiva rigidità dell’articolazione, determinando un generale decadimento della qualità di vita. Zoppia, cedimenti articolari, difficoltà a calzare le scarpe completano poi la gravità del quadro clinico.

La diagnosi

La diagnosi di coxartrosi si basa sulla raccolta dei dati anamnestici per individuare eventuali patologie pregresse che possono ricondurre ad una forma secondaria e sulla visita clinica che dovrà, oltre ad evidenziare il dolore e la limitazione articolare a livello dell’anca, ricercare anche eventuali segni clinici di patologia del rachide e del ginocchio.

Escluse queste ultime, una semplice radiografia è spesso sufficiente a diagnosticare la coxartrosi ed a specificarne la gravità. Nei casi dubbi potrà essere necessario ricorrere a esame TC o RMN oltre ad eventualmente estendere gli accertamenti alla schiena ed al ginocchio. Esami ematochimici potranno essere utili nelle forme secondarie a patologie metaboliche, reumatiche od ematologiche.

Il trattamento non chirurgico

Il trattamento della coxartrosi varia secondo l’entità del danno articolare. Il trattamento specifico di tutte le forme elencate quali cause di una coxartrosi secondaria dovrà sicuramente essere prioritario per almeno ritardare le manifestazioni cliniche più gravi. Una volta instaurato il danno articolare sono scarse le possibilità di trattamento medico e fisico.

I farmaci cosiddetti condrotrofici non hanno ancora dimostrato una reale efficacia nel fermare il processo degenerativo cartilagineo.

Anche il trattamento infiltrativo con acido ialuronico o fattori di crescita piastrinici, pur rallentando il processo per un effetto viscosupplettivo articolare, non è in grado di fermare o far regredire il danno cartilagineo. Il trattamento sintomatico prevede i farmaci antiinfiammatori ed antalgici variamente associati, che possono ridurre il sintomo di dolore per un periodo più o meno lungo a seconda della gravità della coxartrosi.

La fisioterapia può aiutare a mantenere valida l’escursione articolare e la forza muscolare, ma non a fermare il progredire dell’invalidità. I trattamenti fisici antalgici e antiflogistici possono essere assimilati ai farmaci e si rivelano scarsamente efficaci nelle forme avanzate di malattia.

Il trattamento chirurgico

La necessità del trattamento chirurgico insorge quando tutte le terapie in precedenza descritte non sono più in grado di permettere al paziente una vita sociale e di relazione sufficiente. Il decadimento della qualità della vita è il principale indicatore della necessità di procedere con la protesizzazione articolare.

La chirurgia protesica è in grado di portare un reale beneficio clinico poiché, sostituendo le parti articolari danneggiate, rimuove la causa dei sintomi permettendo così una valida ripresa funzionale dell’anca. Si deve comunque riconoscere che il risultato finale che può conseguirsi con l’intervento è funzione di un insieme di processi quali:

  • la corretta e tempestiva diagnosi della coxartrosi;
  • il trattamento precoce e specifico delle cause determinanti;
  • l’uso dei farmaci più idonei per le diverse fasi di malattia;
  • un intervento chirurgico eseguito da un chirurgo tecnicamente esperto e che utilizzi materiale protesico moderno ed affidabile in un ambiente clinico dedicato.

Non sono comunque da trascurare la collaborazione del paziente e la riabilitazione in un ambiente qualificato poiché sono elementi indipendenti dalla correttezza dell’intervento eseguito, ma in grado di incidere molto sulla soddisfazione finale sia del chirurgo sia del paziente.

E’ indubbio che l’intervento sia comunque in grado di migliorare la qualità di vita dei pazienti che nella grande maggioranza dei casi possono riprendere una normale vita sociale e di relazione, compreso il lavoro e lo sport, con buona aspettativa di durata clinica negli anni del risultato ottenuto.

I controlli clinici nel tempo e la fidelizzazione con il chirurgo garantiranno un sereno futuro per i pazienti protesizzati. Rimandiamo a successivi articoli l’approfondimento tecnico dell’intervento chirurgico e dei materiali protesici.

Dott. Carlo Alberto Buratti

Dott. Carlo Alberto Buratti

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