Un’analisi integrata delle ultime ricerche scientifiche su caldo estremo, orologio biologico, epigenetica e rischi per organi e salute pubblica, con raccomandazioni operative per cittadini, clinici e decisori.
Perché se ne parla adesso
Negli ultimi giorni diversi media italiani hanno rilanciato la notizia che le ondate di caldo farebbero “invecchiare come fumo e alcol”. Il dato nasce da due filoni scientifici complementari:
- uno studio su quasi 25.000 adulti a Taiwan pubblicato su Nature Climate Change, che collega l’esposizione cumulativa alle ondate di calore a un aumento misurabile dell’età biologica, con un effetto medio nell’ordine di 0,023–0,031 anni per ogni +1,3 °C di esposizione cumulativa (un impatto piccolo per individuo ma cumulativo e rilevante a livello di popolazione);
- una ricerca statunitense su 3.686 over-56 pubblicata su Science Advances, che collega giornate di caldo estremo (heat index elevato) a una accelerazione dell’età epigenetica (gli “epigenetic clocks” del DNA), con aumenti anche oltre l’anno di età biologica nelle aree più calde.
Queste evidenze spiegano i titoli apparsi su ANSA, TGCOM24, iLMeteo e Corriere del Veneto, che sintetizzano (in forma giornalistica) il messaggio centrale: il caldo estremo non solo uccide di più, ma ci fa anche “invecchiare” più in fretta. Nei paragrafi che seguono mettiamo ordine ai dati, spieghiamo come il caldo possa accelerare l’invecchiamento biologico (e quali organi paga-no il prezzo), chi è più vulnerabile in Italia e cosa fare in concreto.
Cos’è l’invecchiamento biologico (e perché è diverso dall’età anagrafica)
L’età biologica è un indice composito che stima lo stato reale di usura dell’organismo: può essere calcolata da biomarcatori clinici (pressione, lipidi, funzionalità renale, epatica e polmonare, marker infiammatori) oppure da segnali molecolari (in primis la metilazione del DNA, misurata dai cosiddetti epigenetic clocks come PhenoAge, GrimAge, DunedinPACE). Se l’età biologica supera l’età anagrafica, si parla di accelerazione dell’invecchiamento ed è associata a mortalità e multimorbidità più alte.
Cosa dicono le ricerche “nuove” sul caldo che invecchia
1) Lo studio di Nature Climate Change (Taiwan, 24.922 persone)
- Che cosa misura: l’accelerazione dell’età biologica calcolata da biomarcatori clinici (non dal DNA) in relazione all’esposizione cumulativa alle ondate di calore negli ultimi 2 anni (e lungo un follow-up di 15 anni).
- Risultato chiave: ogni incremento interquartile di ondate di calore comporta +0,023–0,031 anni di età biologica (per +1,3 °C di esposizione cumulativa). L’effetto è maggiore in lavoratori manuali, residenti rurali e comunità con meno aria condizionata; nel lungo periodo si osservano segnali di adattamento, ma non tali da azzerare il rischio.
- Perché conta: anche se il numero “individuale” è piccolo, sommato su anni e milioni di persone produce impatti di sanità pubblica paragonabili ad altri grandi fattori di rischio.
2) La conferma “molecolare” su Science Advances (USA, 3.686 anziani)
- Che cosa misura: l’età epigenetica (clocks come PCPhenoAge, PCGrimAge, DunedinPACE) in relazione a giornate di caldo (da 7 giorni a 6 anni prima del prelievo).
- Risultato chiave: più giorni di caldo sono associati a età epigenetica più alta; per alcune finestre temporali lunghe gli effetti superano l’anno (es. +2,48 anni per PCPhenoAge con esposizione a un anno di “extreme caution heat”).
- Perché conta: mostra che il caldo lascia impronte molecolari sul genoma che si associano a mortalità e malattia.
In sintesi: due metodi diversi (biomarcatori clinici vs epigenetica), stesso segnale: il caldo estremo accelera l’invecchiamento biologico.
“Come il fumo e l’alcol”? Cosa significa davvero il confronto
Molti titoli paragonano l’effetto del caldo a quello di fumo e alcol. Il parallelo nasce da analisi che mettono sulla stessa scala (gli anni di età biologica/epigenetica) fattori come fumo e consumo di alcol: ad esempio, metanalisi mostrano che chi ha fumato presenta accelerazioni epigenetiche di ~3 anni con il clock GrimAge; anche l’alcol (specie l’uso problematico) si associa a +2 anni circa su alcuni orologi. Il caldo, nelle coorti esposte intensamente e a lungo, raggiunge ordini di grandezza comparabili. Il punto non è dire che “stare al caldo equivale a fumare”, ma che su scala generale della popolazione l’onere cumulativo del caldo entra nel campionato dei big killers della longevità in salute.
Dal DNA agli organi: come il caldo accelera l’invecchiamento
Meccanismi cellulari
- Stress ossidativo e danno al DNA: il calore aumenta ROS, danni ossidativi e lesioni al DNA; se persistenti, attivano senescenza cellulare (p16/p21), inflammaging e rimodellamento tissutale.
- Heat shock proteins (HSPs): sono i “chaperon” che proteggono le proteine durante lo stress termico; il loro esaurimento/alterazione si collega a senescenza e patologie.
- Telomeri e mitocondri: l’ipertermia cronica può alterare homeostasi telomerica e dinamica mitocondriale, con impatto su energia, apoptosi e segnali di pericolo (DAMPs).
Organi bersaglio
- Reni: disidratazione e ipertermia favoriscono rabdomiolisi, lesione tubulare e progressione verso malattia renale.
- Cuore e vasi: aumento frequenza cardiaca, viscosità ematica, coagulazione e infiammazione; nei vulnerabili, rischio di scompenso e aritmie.
- Cervello: neuroinfiammazione, alterata neurogenesi ippocampale e possibili esiti cognitivi dopo colpo di calore.
- Pelle: oltre al calore ambientale, la radiazione UV accelera il photoaging (collagene/elastina), iperpigmentazioni e rischio oncologico. Qui entrano in gioco i filtri solari e gli antiossidanti topici (vitamina C, polifenoli).
Chi rischia di più (in Italia)
Le istituzioni sanitarie indicano anziani, lavoratori all’aperto, cronici (cardio-renali, respiratori), bambini e gravidanza come gruppi a maggiore vulnerabilità. In Europa e in Italia i segnali sono netti: l’EEA documenta aumento della mortalità da caldo e una necessità di potenziare sorveglianza e piani; il Ministero della Salute pubblica bollettini città-specifici (maggio-settembre) e raccomandazioni operative. L’ISS sottolinea che l’impatto è maggiore negli anziani e nelle aree meno acclimatate.
Italia, dati e contesto: perché la prevenzione è prioritaria
In Europa, le estati recenti hanno lasciato migliaia di decessi attribuibili al caldo; i report congiunti Copernicus/WMO e gli approfondimenti EEA indicano trend in crescita e stress termico record nel Mediterraneo. Questo quadro si riflette sulle città italiane (più isole di calore, popolazione anziana in aumento) e rende strategico integrare i piani caldo con politiche di adattamento urbano (verde, ombreggiamento, raffrescamento).
Come tradurre la scienza in pratica: 3 livelli d’azione
1) Cittadini e famiglie
- Idratazione costante (acqua, integrazione elettrolitica quando si suda molto), pasti leggeri e dieta mediterranea ricca di antiossidanti.
- Abbigliamento leggero, chiaro, traspirante; programmare attività fisica fuori dalle ore 11-17; raffrescare gli ambienti, fare docce tiepide.
- Pelle: SPF alto, riapplicazioni, cappello/occhiali; per invecchiamento cutaneo contrastare radicali liberi anche con skincare (es. vitamina C).
- Attenzione a sintomi di colpo di calore: confusione, crampi, nausea, cefalea intensa. In questi casi interrompere l’esposizione e chiamare i soccorsi.
2) Lavoro e scuola
Le linee guida WHO/WMO 2025 per i lavoratori raccomandano valutazioni del rischio termico, pause programmate, acqua fresca disponibile, accesso a zone d’ombra/raffrescamento, DPI adeguati e formazione. Per i turni all’aperto: anticipare/posticipare gli orari, sorvegliare sintomi nei colleghi, misure extra per neoassunti (non acclimatati).
3) Clinici e sanità pubblica
- Integrare il rischio caldo nei Piani Assistenziali Individuali dei pazienti fragili; consigliare farmaci e stili di vita più sicuri d’estate (es. attenzione a diuretici).
- Inquadrare l’invecchiamento biologico come marker di vulnerabilità (senza sovra-medicalizzare): monitorare funzione renale, cardiaca e idratazione nei periodi critici.
- Allineare le azioni con i Bollettini Ondate di Calore del Ministero e con le reti territoriali.
Domande frequenti nella pratica clinica
Il caldo “fa invecchiare” subito?
No: gli studi misurano medie su periodi (mesi/anni). Gli effetti cumulativi contano: una singola giornata caldissima su un soggetto sano non cambia di fatto l’età biologica, ma ripetute ondate in soggetti vulnerabili sì.
L’effetto vale per tutti allo stesso modo?
No: pesano lavoro manuale, ambiente rurale, scarsa climatizzazione e comorbidità. Gli studi taiwanesi e statunitensi lo mostrano chiaramente.
L’adattamento ci protegge?
In parte: i dati indicano qualche attenuazione nel tempo, ma non tale da annullare i rischi. Serve adattamento strutturale (città più verdi e ombreggiate, accesso a raffrescamento), oltre a comportamenti individuali.
Perché i media parlano di “14 mesi”?
Quel numero viene dallo studio USA su epigenetica (non dai biomarcatori clinici), che in alcune esposizioni cumulative ha osservato incrementi anche oltre l’anno di età epigenetica. Non è un “contachilometri personale”, ma un segnale di rischio a livello biologico.
UV e photoaging c’entrano con il caldo?
Sono fattori diversi ma spesso co-presenti in estate: gli UV accelerano il photoaging cutaneo e aumentano il rischio di tumori; il caldo carica reni, cuore, cervello e amplifica l’infiammazione. Proteggere la pelle resta fondamentale.
Limiti e cautele nell’interpretazione
- Osservazionalità: gli studi controllano molte variabili (fumo, alcol, inquinanti), ma non tutto (es. uso reale dell’aria condizionata, tempo all’aperto).
- Eterogeneità dei metodi: età biologica da biomarcatori ≠ età epigenetica; confronti “fumo vs caldo” vanno intesi come ordine di grandezza su scala di popolazione, non come “equivalenze personali”.
- Adattamento: esiste, ma non annulla i rischi cumulativi.
- Comunicazione: titoli forti aiutano la consapevolezza, ma la prevenzione richiede misure pratiche (città, lavoro, sanità).
Checklist operativa
- Monitorare i Bollettini Ondate di Calore e pianificare giornate/turni. (Ministero della Salute)
- Puntare su idratazione, raffrescamento, ombre/verde e pause.
- Proteggere la pelle: SPF, antiossidanti topici, evitare esposizioni intense.
- Per i fragili: contatti programmati con il MMG, monitoraggio reni/cuore in ondate prolungate.
- In azienda: applicare le linee guida WHO/WMO per i lavoratori esposti.
Dove trovare numeri e indicazioni ufficiali (Italia/Europa)
- EEA / Climate-ADAPT: evidenze su mortalità da caldo, sorveglianza e piani nazionali. (Agenzia Europea dell’Ambiente, climate-adapt.eea.europa.eu)
- Ministero della Salute: bollettini, livelli di allerta, consigli città-specifici. (Ministero della Salute)
- ISS – Epicentro: approfondimenti epidemiologici e archivi caldo 2018-2024. (EpiCentro)
- WHO: fact sheet e linee guida heat & health. (Organizzazione Mondiale della Sanità)
Conclusione
La scienza convergente dice che “l’esposizione ripetuta al caldo estremo accelera l’invecchiamento biologico: l’effetto non è un “orologio che scatta” dopo un pomeriggio afoso, ma un logoramento cumulativo che, sommato su anni e popolazioni, accorcia la salute.”
Il confronto con fumo e alcol va letto così: stesso ordine di grandezza sull’orologio biologico, motivo in più per trattare il caldo come un rischio serio da gestire con politiche, protocolli e abitudini intelligenti.
Per approfondire
Se vuoi andare oltre questo articolo e trasformare le evidenze in buone pratiche quotidiane, ecco alcuni approfondimenti su DossierSalute:
- Estate: 10 consigli per proteggere il cuore dal caldo – Idratazione, segnali di allarme, gestione delle giornate bollenti.
- Pelle e Naturopatia: consigli per avere una pelle sana e luminosa – Protezione UV, skincare e abitudini anti-photoaging.
- Sunburn Challenge: i rischi per gli adolescenti – Perché le “sfide” online possono tradursi in danni cutanei reali.
- Dieta mediterranea e demenza – Focus su infiammazione e stress ossidativo.
- 5 trattamenti di medicina estetica da fare anche in estate – Come conciliare pelle e sole in sicurezza.
Fonti
- Nature Climate Change – Long-term impacts of heatwaves on accelerated ageing (Taiwan, 24.922 adulti). https://www.nature.com/articles/s41558-025-02407-w (Nature)
- Science Advances (open access) – Ambient outdoor heat and accelerated epigenetic aging among older adults in the US. https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles/PMC11864172/ (PMC)
- WHO – Fact sheet Climate change, heat and health. https://www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/climate-change-heat-and-health (Organizzazione Mondiale della Sanità)
- EEA / European Climate and Health Observatory – Heat & Health (briefing e sorveglianza). https://www.eea.europa.eu/en/analysis/publications/the-impacts-of-heat-on-health (Agenzia Europea dell’Ambiente)
- Ministero della Salute – Bollettini Ondate di Calore (27 città). https://www.salute.gov.it/new/it/tema/ondate-di-calore/bollettini-sulle-ondate-di-calore-0/ (Ministero della Salute)
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La redazione in collaborazione con
FAQ
No. Pesano professioni all’aperto, clima domestico, ruralità e comorbidità. Le differenze sono documentate negli studi.
È un confronto di ordine di grandezza su indicatori biologici (epigenetici/clinici), non un’equivalenza personale 1:1. Serve a comunicare la gravità popolazionale.
Si può ridurre l’accelerazione con stili di vita anti-infiammatori e prevenzione; alcuni interventi (es. dieta mediterranea, attività fisica, sonno, gestione dello stress) sono associati a clock favorevoli in diversi studi.
No: sono complementari a protezione solare, idratazione e raffrescamento; meglio puntare soprattutto su dieta e comportamenti.
Segui le linee guida WHO/WMO e le indicazioni del Datore di Lavoro/RSPP: pause, acqua, ombra, turni intelligenti, monitoraggio sintomi.





