Implantologia mininvasiva, tante le soluzioni possibili

Focus

L’implantologia dentale rappresenta oggi una validissima e diffusa metodica per ripristinare una dentatura ormai compromessa, sostituendo gli elementi dentari mancanti.

Un impianto dentale è un dispositivi medico in titanio, solitamente a forma di “vite”, che viene inserito mediante un intervento chirurgico all’interno di un sito osseo creato sulla porzione di mandibola o mascella ormai priva di elementi dentari.

Un impianto ben inserito si osteointegra, cioè sviluppa un intimo e tenace contatto con l’osso circostante. Una volta osteointegrato viene utilizzato come una radice dentale artificiale, sulla quale viene costruita una “corona”, che avrà l’esatto aspetto e l’esatta funzione del dente che andrà a sostituire.

Cosa si intende per implantologia mininvasiva

Sotto il termine generale di “implantologia mininvasiva”, si tendono a raggruppare tutte quelle tecniche e protocolli in grado di ridurre al minimo lo stress chirurgico degli interventi di posizionamento degli impianti dentali.

Questo è possibile grazie ad un continuo sviluppo dei protocolli chirurgici, con l’esperienza sempre più raffinati, ed al progresso tecnologico, che fornisce sistematiche implantari sempre più performanti, apparecchiature e software di progettazione che permettono esatte pianificazioni dei singoli casi.

Il doppio vantaggio della mininvasività

Ridurre lo stress chirurgico ha una duplice importantissima valenza.

In primo luogo “mininvasività” significa minor insulto per i tessuti duri (osso) e molli (gengive guance, mucose etc) del paziente, con una riduzione dei processi e dei tempi di guarigione che si traduce in un maggior rispetto biologico e quindi in una migliore guarigione dal punto di vista clinico.

In secondo luogo, ma non meno importante, mininvasività è sinonimo di minor dolore, soprattutto post-operatorio, riduzione dei tempi biologici di attesa

La tecnica Flapless

La tecnica che più facilmente viene associata al termine di “implantologia mininvasiva” è la tecnica “Flapless”.

Tale metodica prevede che non venga utilizzato un classico lembo mucoso creato con il bisturi per realizzare l’intervento (dall’inglese appunto Flapless significa senza lembo), bensì che l’impianto venga inserito direttamente attraverso la gengiva.

I vantaggi

Il vantaggio è notevole: meno dolore, meno gonfiore, meno disagi per il paziente…che non avrà nemmeno punti di sutura. Ed anche i vantaggi clinici sono importanti, in quanto il rispetto biologico dei tessuti è massimo, riducendo al minimo i riassorbimenti ossei iatrogeni (cioè quelli naturalmente conseguenti all’intervento).

La tecnologia Cone Beam

Ma la corretta esecuzione di tale tecnica non è per nulla semplice, in quanto l’operatore si trova ad operare alla “cieca”. Per tale motivo diventa fondamentale una accuratissima e meticolosa pianificazione del caso, che oggi si giova tantissimo dei vantaggi offerti dalle Tomografia di ultima generazione, che sfruttano la tecnologia Cone Beam.

Tale tecnologia permette infatti, mediante una ridotta esposizione ai raggi X (rispetto alle TAC spirali classiche), di ottenere una fedelissima ricostruzione 3D delle ossa mascellari, dei tessuti molli, dei denti residui e soprattutto delle strutture sensibili, come il canale che accoglie il nervo alveolare inferiore nella mandibola o le cavità aeree, come i seni paranasali del mascellare.

Su tali ricostruzioni 3D dell’anatomia facciale, mediante software di progettazione, è possibile valutare, progettare e pianificare minuziosamente il caso, decidendo “a tavolino” posizione, inclinazione, numero e dimensioni degli impianti da inserire.

Da tale esame radiologico e progettazione, è possibile, nei casi complessi, progettare dime chirurgiche che possano guidare la mano del chirurgo nell’inserimento preciso e fedele al progetto dei nostri pilastri implantari.

Indicazioni e controindicazioni

Tale tipo di chirurgia è indicata per tutti i pazienti, soprattutto quelli ansiosi o che, per motivi di salute generale, mal tollerano le chirurgie tradizionali con incisioni e scollamento di un lembo.

La realizzazione di dime chirurgiche inevitabilmente eleva i costi di intervento, ma tale onerosità risulta ampiamente giustificata nei casi molto complessi, o in quelli dove si richiede la massima precisione di inserimento.

E’ invece controindicata per tutti quei pazienti che posseggono una gengiva aderente molto sottile e scarsamente rappresentata, perché gli interventi flapless porterebbero ad una ulteriore riduzione della stessa, mettendo a rischio estetica e mantenimento caso ultimato.

Il microscopio operatorio

Per tutti quei casi in cui è indicato invece procedere con l’esecuzione di un classico lembo, mediante incisione della mucosa con un bisturi, l’ausilio del microscopio operatorio può consentire di eseguire chirurgie anche complesse, attraverso accessi minimi.

E’ ormai finita l’era del “grande taglio, grande chirurgo”, anzi questo concetto è stato totalmente invertito. Con il microscopio operatorio, il suo potere di ingrandimento fino anche a 30 volte, l’efficientissima illuminazione coassiale da esso generata, possiamo trasformare in “microchirurgie” mininvasive anche interventi spesso complessi, riuscendo a ridurre al minimo la dimensione dell’incisione e minimizzando gli effetti post-chirurgici.

Anche il bisturi (o meglio il “microbisturi” in questo caso) può essere usato in modo mininvasivo.

Rigenerazione ossea ed impianti ridotti

Quando l’osso è molto scarso, potrebbe essere difficile inserire i dispositivi implantari in modo appropriato alla funzione che dovranno svolgere. Spesso, questi gravi casi obbligano il clinico a pianificare degli interventi di rigenerazione ossea importante, che non potremmo mai definire “mininvasivi”.

In alternativa, molte volte è possibile procedere in maniera meno traumatica inserendo impianti di lunghezze e/o diametri ridotti. Il progresso tecnologico ha infatti permesso alle aziende implantari di realizzare sistematiche molto performanti, così da ottenere prestazioni meccaniche simili a quelle degli impianti tradizionali, ma con dispositivi di dimensioni ridotte.

Grazie a tali sistematiche, è spesso possibile risolvere in modo mininvasivo casi complessi di pazienti con gravi atrofie, che altrimenti si sarebbero dovuti sottoporre a ben più importanti interventi di rigenerazione, che prevedono spesso più interventi chirurgici e tempi di maturazione molto lunghi.

Impianti ridotti come i costi

L’utilizzo di tali impianti a lunghezza o diametro ridotto prevede spesso che si utilizzi un numero superiore di dispositivi (a volte uno per ogni dente sostituito), ma il costo per l’utilizzo di più pilastri implantari è sicuramente inferiore a quello derivante da complessi ed invasivi interventi di rigenerazione.

Implantologia mininvasiva non significa interventi più semplici

Queste e molte altre tecniche, selezionate accuratamente caso per caso, possono oggi rendere meno traumatiche ed invasive le riabilitazioni implantoprotesiche, ma non passi il messaggio che tali tecniche semplifichino la chirurgia.

Anzi, molto spesso, approcci mininvasivi complicano atti chirurgici altrimenti più semplici.

E’ fondamentale quindi affidarsi ad operatori competenti ed esperti che riescano ad ottenere i massimi risultati clinici risparmiando il più possibile i tessuti biologici coinvolti.

Dott. Nicola Vanuzzo

 

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