Chirurgia della cataratta: l’evoluzione continua

 

articolo

La rilevanza sociale della cataratta è legata al fatto che costituisce ancora oggi la principale causa di cecità nei Paesi in via di sviluppo e la seconda causa di cecità in Italia dopo la retinopatia diabetica. L’intervento di cataratta è il più praticato al mondo, con un totale di circa 8.000 interventi ogni milione di abitanti nei Paesi industrializzati e circa 400.000 interventi in un anno in Italia. La cataratta consiste in un’opacità del cristallino, una lente posta all’interno dell’occhio che permette di focalizzare le immagini sulla retina. Con il passare degli anni questa lente perde progressivamente la sua trasparenza fino a causare un ostacolo al passaggio dei raggi luminosi con conseguente calo della vista.

Il passsato remoto

A differenza di molte altre malattie, la Medicina ha fatto pochissimi passi avanti nella terapia medica della cataratta, per la quale l’unica alternativa possibile rimane l’intervento chirurgico. Dal punto di vista tecnologico, la chirurgia della cataratta ha fatto enormi progressi nel corso degli anni. Per eliminare la cataratta, fino a circa un trentennio fa, si procedeva all’asportazione del cristallino opacizzato con una tecnica chiamata intracapsulare. Mediante tale manovra oltre al cristallino veniva asportato anche il sacco che lo contiene, con conseguente impossibilità a impiantare una lente intraoculare adeguata, limite che portava alla messa a fuoco dopo l’intervento soltanto con un occhiale con lenti molto forti.

Il passato prossimo

Successivamente, con la tecnica dell’estrazione extracapsulare, cioè asportando il cristallino lasciando intatta la sua capsula, vi era la possibilità dell’inserimento di una lente intraoculare in grado di garantire al paziente una visione post operatoria con l’ausilio di occhiali molto meno forti rispetto a quelli utilizzati dopo estrazione intracapsulare. Negli anni ‘90 è stata introdotta la tecnica della facoemulsificazione, che consente di aspirare il cristallino opaco tramite una sonda a ultrasuoni. La moderna facoemulsificazione rispetta al massimo la naturale anatomia dell’occhio, anche grazie a una incisione di soli 2 mm, che nella maggior parte dei casi non richiede sutura, riducendo al minimo l’astigmatismo e i disagi per il paziente.

Il presente

Al giorno d’oggi, però, l’obiettivo dell’intervento di cataratta non è più soltanto il recupero da parte del paziente della visione per lontano, impiantando una lente chiamata monofocale, ma il miglioramento della capacità visiva, riducendo al minimo la dipendenza dagli occhiali, inclusi quelli da lettura o bifocali nei casi in cui ciò sia possibile. In altre parole, le lenti intraoculari standard, essendo monofocali, possono correggere la vista solo per lontano o per vicino rendendo indispensabile l’uso di occhiali dopo l’intervento. Le lenti intraoculari multifocali, che costituiscono un ulteriore passo avanti nella chirurgia della cataratta, permettono di fare a meno degli occhiali per leggere o di ridurne grandemente l’uso.

Conclusioni

In certi casi, l’impianto di tali lenti comporta la presenza di alcuni fenomeni visivi per lontano di minore entità, come la presenza di aloni attorno alle luci di notte, che con il tempo vengono comunque sempre meno avvertiti. In ogni caso, generalmente, il livello di soddisfazione con questo tipo di impianto oculare è buono e sempre più spesso viene proposto come soluzione chirurgica. La scelta della tipologia di lente intraoculare più adatta al paziente e la valutazione dei vantaggi e degli svantaggi presuppone tuttavia una attenta valutazione pre operatoria.

Dott. Stefano Ranno

Condividi su