Calcolosi salivare: litotrissia extracorporea ad onde d’urto come trattamento di prima scelta

Comitato Scientifico

La calcolosi salivare è un’affezione di frequente riscontro. Rappresenta il 50% delle patologie delle ghiandole salivari, colpendo maggiormente il sesso maschile e l’età compresa tra i 30 e i 60 anni.

I calcoli salivari possono essere unici o multipli e presentare dimensioni da 1 a 30 mm, con segnalazioni di calcolosi giganti; in analogia alla urolitiasi, essi sono per lo più composti da sali di fosfato e ossalato.

Cause

Eziopatologicamente si riconoscono condizioni favorenti o predisponenti come la sovrasaturazione in calcio della saliva, la disidratazione ed il rallentamento del flusso salivare. Importanza causale viene attribuita anche alle microinfezioni ascendenti dal cavo orale, o alla presenza lungo il dotto escretore di corpi estranei. Infine, non trascurabili le varianti anatomiche di decorso e di calibro dei dotti escretori, responsabili in particolare delle calcolosi ricorrenti, e le disfunzioni delle proteine calcio-leganti della saliva, soprattutto nei casi di scialolitiasi plurighiandolare.

Tuttavia il più delle volte, la causa prima della calcolosi salivare rimane oscura, venendo addirittura invocata la casualità.

Diagnosi

Per la diagnosi, il mezzo d’indagine più accreditato è l’ecografia ad ultrasuoni, che fornisce dati sul numero, dimensioni e sede dei calcoli, anche quelli radiotrasparenti, che ammontano a circa un terzo del totale. L’ ecografia è in grado di definire anche l’eventuale dilatazione duttale a monte degli scialoliti, nonché l’aspetto ecogenico del parenchima ghiandolare.

Terapie

Dal punto di vista terapeutico, il trattamento elettivo della scialolitiasi sintomatica è la scialoadenectomia, atto chirurgico demolitivo che espone il paziente al rischio di complicanze iatrogene specifiche, lesioni di rami nervosi loco-regionali, temporanee e permanenti, oltre che generali, quali emorragie, infezioni, cheloidi.

Negli ultimi anni, tenuto conto della verificata possibilità di recupero funzionale del parenchima ghiandolare dopo la semplice rimozione di un calcolo, sono state proposte nuove metodiche di trattamento della scialolitiasi, tra cui:

  • la litotrissia extracorporea ad onde d’urto;
  • la microendoscopia salivare operativa associata o meno alla litotrissia intracorporea;
  • le tecniche di radiologia operativa endoduttale;
  • la chirurgia conservativa per via indorale.

Litotrissia extracorporea ad onde d’urto

La litotrissia extracorporea ad onde d’urto sfrutta le onde di compressione prodotte da una sorgente d’energia, che può essere elettroidraulica, piezoelettrica o elettromagnetica. Le onde di espansione o rarefazione generate dalla riflessione dell’energia su una superficie dura producono sull’interfaccia tessuti molli/calcolo un alternarsi di tensioni positive e negative che facilitano la frantumazione delle concrezioni litiasiche.

Tale metodica, inizialmente applicata per il trattamento della calcolosi renale e biliare, viene utilizzata da una decina d’anni anche per la calcolosi salivare.

Il presente studio clinico si propone quindi di evidenziare l’efficacia terapeutica, l’innocuità e la convenienza economica della litotrissia extracorporea nel trattamento della scialolitiasi, con l’auspicio di una sua prossima maggior diffusione nell’ambito sanitario nazionale.

Materiali e metodi

Nell’arco di tempo gennaio-dicembre 2002, presso la Clinica ORL I dell’Università degli Studi di Milano, sono stati sottoposti a litotrissia extracorporea, in regime di Day-Hospital, 80 pazienti, 34 maschi e 46 femmine, di età compresa tra i 14 e i 90 anni, affetti da scialolitiasi della ghiandola sottomandibolare e della parotide.

Tutti i soggetti sono stati indagati con un’ecografia delle ghiandole salivari e, in caso di flogosi acuta in corso, sono stati preventivamente trattati con antibiosi sistemica.

I casi reclutati presentavano pressoché esclusivamente un unico calcolo, a sede intraduttale prossimale o intraparenchimale, avente diametro massimo variabile tra i 2 ed i 30 mm e diametro massimo medio di 7,89 mm.

Le onde d’urto provenivano dal litotritore elettromagnetico che si compone di una piccola fonte cilindrica di onde pressorie, di un sistema parabolico di riflessione, che concentra le onde su un’area focale di 25 mm di lunghezza per 2,4 mm di larghezza, e di un sistema di trasduzione ad acqua con interposta una membrana in lattice.

A contatto con la cute, per ridurre la dispersione energetica, si applica uno strato di gel per ultrasuoni e il calcolo viene identificato attraverso uno scanner ad emissione di ultrasuoni 7,5 MHz, coassiale con il trasduttore, che consente di monitorizzare in tempo reale le fasi della frantumazione.

La frequenza di emissione delle onde d’urto variava da 60 a 120 al minuto e l’energia era erogata cresceva di 9 gradi di intensità.

Durante il trattamento delle ghiandole sottomandibolari, i pazienti utilizzavano protezioni dentarie in cotone idrofilo, per quelle delle parotidi anche inserti auricolari antirumore.

L’esito del trattamento è stato indagato tramite ecografia di controllo a distanza di circa tre mesi dal termine dello stesso; i risultati sono stati valutati statisticamente utilizzando il test del chi quadrato ed applicando le correzioni di Yates ove necessario.

Risultati

Sottoponendo i pazienti così selezionati ad una media di 5 sedute di litotrissia extracorporea ad onde d’urto elettromagnetiche, con estremi di 2-11, e durata media del trattamento di 75 giorni, si è ottenuta la completa frantumazione e conseguente eliminazione delle formazioni litiasiche, eventualmente con l’ausilio di una chirurgia mini-invasiva in prossimità dello sbocco duttale, papillosfinterotomia, effettuata in anestesia locale per contatto, nel 28,88% delle scialolitiasi sottomandibolari e nel 40% di quelle parotidee, pari rispettivamente a 13 e 4 soggetti su 45 della prima sede e 10 della seconda, che hanno completato il ciclo terapeutico.

Dei rimanenti, il 57,77% delle calcolosi sottomandibolari ed il 50% di quelle parotidee hanno fornito risultati solo parziali, presentando residui frammenti litiasici di dimensioni uguali o maggiori di 2 mm, a fronte peraltro di un significativo miglioramento sintomatologico. Infine, il 13,33% ed il 10% delle due localizzazioni, sono rimasti del tutto invariati rispetto alla condizione di partenza.

Gli effetti collaterali sono stati trascurabili consistendo in un possibile temporaneo rigonfiamento ghiandolare, associato a lieve sintomatologia algica, in sporadiche petecchie cutanee e transitoria secrezione salivare striata di sangue.

Correlazione statisticamente significativa è stata riscontrata tra localizzazione intraduttale del calcolo ed esito favorevole del trattamento.

Discussione

I dati dimostrano che la litotrissia extracorporea ad onde d’urto elettromagnetiche dà circa l’85% di risultati positivi, a fronte di un trascurabile rischio di lesioni iatrogene transitorie non rilevanti (lieve dolore e rigonfiamento ghiandolare, modeste petecchie cutanee e possibile gemizio ematico endoduttale).

Il 10-15% di casi rimasti immodificati è da ricondurre invece alle notevoli dimensioni del calcolo ed alla sua localizzazione intraparenchimale. In queste evenienze, è verosimile, infatti, che la formazione litiasica sia avvolta da una pseudo-capsula fibrotica che impedisca ai prodotti della frantumazione di venire evacuati con la saliva attraverso il dotto principale.

Conclusioni

Da qui l’importanza di un protocollo diagnostico che fornisca dettagli sulle dimensioni e sede dei calcoli duttali o intraparenchimali, nonché sulla conformazione del dotto escretore, al fine di selezionare i casi più indicati al trattamento chirurgico conservativo per via indorale.

A tal proposito, l’ecografia ad ultrasuoni applicati con sonda per i tessuti molli del collo si è dimostrata indagine sicuramente attendibile, ancorché non sempre risolutiva, specie per i calcoli di tipo radiotrasparente e quindi con sbarramento acustico posteriore meno evidente e ancor di più se siti nella porzione distale dei dotti salivari maggiori, laddove, in alternativa alla scialografia, che offre il vantaggio di meglio evidenziare le anomalie del calibro duttale, è stata recentemente proposta una sonda intra-orale ad alta frequenza.

Nei casi d’incertezza diagnostica strumentale, soccorre comunque sempre la semeiotica clinica che, attraverso la palpazione bimanuale, consente, specialmente per la litiasi sottomandibolare, di identificare il calcolo lungo il decorso del dotto o all’ilo ghiandolare.

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Dott. Alberto Lenzi

 

 

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